Le Origini della famiglia Guenna

I – I COGNOMI

1 – L’ORIGINE DEI COGNOMI

“Ho il piacere di presentarle la Signora XYZ/25”.

“Le presento il Signor WKH/16”.

Saranno questi, probabilmente, i convenevoli fra qualche secolo, secondo alcuni esperti francesi che prevedono la scomparsa di gran parte dei

cognomi già nei prossimi duecento anni. Ecco quindi che fine rischiano di fare la nostra identità anagrafica, le nostre tradizioni, brutte o belle

che siano, l’orgoglio d’appartenere al proprio clan.

Un codice, solo un codice.

Infatti, se è ancora vero che una famiglia si sviluppa grazie all’unione tra un uomo e una donna, è altrettanto vero che solo quella d’origine del

marito guadagna un nucleo familiare omonimo, rendendo possibile la prosecuzione della stirpe, mentre la famiglia della moglie, invece, perde la

discendenza. In forza del fatto che ogni due cognomi (quello della moglie e quello del marito) ne scaturisce uno, se non si prenderanno dei

provvedimenti (per esempio, consentire anche alla donna di trasmetterlo), si avrà, nel tempo, un dimezzamento progressivo dei cognomi stessi

fino a quando non ne resterà uno solo, come avviene già oggi in alcuni piccoli villaggi cinesi.

Sarebbe un vero peccato, perché anche i cognomi parlano e studiarne il linguaggio è un po’ come studiare i geni: proprio come i geni, si

tramandano di generazione in generazione e, pur se approssimativamente, possono fornire notizie sul carattere e l’aspetto di una certa persona.

Facciamo alcuni esempi. Il cognome Aime, frequente in tutto il Piemonte, deriva da haimi “Patria” (in tedesco heim), appellativo dato a valorosi

che avevano meritato pubblici riconoscimenti per la difesa del territorio in cui abitavano. Il cognome Alfieri, invece, ha due origini distinte: in

Sicilia deriva dallo spagnolo antico alfierec, attuale alferez, dall’arabo al faris “il cavaliere”, mentre in Piemonte è di origine franca ed è

l’agglutinazione di due elementi: athala “nobile” e faran “spostarsi”. Il significato però è lo stesso: nobile cavaliere. Se ne deduce che il

discendente di Aime sarà coraggioso e leale, ma un po’ scorbutico, quello di Alfieri, ardito e galante, ma sognatore.

In forza della Controriforma (XVI-XVII sec.) la Chiesa impose alle parrocchie l’anagrafe dei parrocchiani, per un loro maggior controllo, in un

periodo nel quale Martin Lutero sembrava incontenibile nella sua massiccia opera di proselitismo. Fu così possibile registrare i cognomi che, in

gran parte, esistevano già, o attribuirne di nuovi. Per esempio, Alberici, patronimico, è il genitivo del nome proprio Albericus e significa: “(figlio)

di Alberico” mentre Mastroianni è la variante agglutinata di Mastro Giovanni.

Anche l’aspetto fisico costituiva una fonte: quanti Bassi, Grassi, Guerci, Biondi e Belli (Brutti resta un apotropaico).

È quindi grazie al Concilio di Trento, durato, fra varie interruzioni, ben 18 anni, cioè dal 1545 al 1563, che fu possibile registrare e riordinare i

cognomi e quindi risalire alla loro scaturigine.

L’onomastica italiana presenta le seguenti categorie identificate da Emidio De Felice nel suo “Dizionario dei cognomi Italiani”, Mondadori 1986:

1) PERSONALI 37%:

Generici 35%: Arduino, Rodolfo, Alba.

– Religiosi 35%: Benedetto, Luca, Domenico, Matteo, Giovanni.

– Gratulatori 14%: Allegro, Benvenuto.

– Di Trovatelli 9%: Esposito, Trovato.

– Apotropaici 4%: Afflitto, Brutto, Sventurato.

– Dotti 3%: Achille, Percivale, Tristano.

2) SOPRANNOMI 15%

Caratteristici 53%: Biondo, Grasso, Storto, Piccolo, Basso.

Comportamentali 47%: Magnavacca, Pappacoda, Pelagallo.

3) EPITETICI 48%:

Toponimi 39%: Vernazza, Acri, Isolabella.

– Etnici 38%: Greco, Genovese, Alemagna.

– Professionali 21%: Ferraro, Masoero, Abate.

– Patronimici e Matronimici 2%: Alberici, Carli, Di Gennaro.

Per poter risalire all’origine dei cognomi gli ostacoli erano molti, il più grande dei quali era quello della loro trasformazione nei secoli, per le

numerose ed errate trascrizioni; dal nome personale Giacomo e della sua variante Jacopo, per esempio, derivano: Giacomelli, Lojacono, Muzzati,

Coppi.

2 – L’ORIGINE DEL COGNOME GUENNA. INIZIA LA RICERCA

Per caso, un giorno dell’estate 1975, sfogliando l’enciclopedia Treccani, a pagina 257 del XVIII volume, mi colpì un toponimo molto somigliante

al cognome Guenna, quello di un’area francese che si chiama Guienna. “La storia della Guienna – si legge nella Treccani – è strettamente legata

a quella della Guascogna”.

Ponendo che Guenna possa rifarsi ad un toponimo e, nella fattispecie, alla Guienna, ma anche alla luce del fatto che da sempre si suppone che i

Guenna siano più o meno di origine spagnola, vien da chiedersi se, per caso, non fossero invece Guasconi. La Guascogna è la regione basca di

Francia (Basco, in spagnolo, si scrive Vasco ed i Romani chiamavano appunto Vascones i Baschi, da cui Guascones e, quindi, Guasconi) per cui

Baschi li si può essere sia in Francia che in Ispagna, comunque sempre nel golfo di Guascogna. In ogni caso, il carattere dei Guenna è

certamente un po’ da Guascone.

A questo punto, data l’estrema genericità delle prime notizie feci presto a rendermi conto che il mio lavoro avrebbe dovuto essere il più

approfondito possibile e che avrei dovuto insistere fin che non avessi trovato quel che cercavo: il cognome Guenna (non riferito, ovviamente,

alla famiglia) scritto esattamente com’è.

3 – LE VARIE IPOTESI

A – SPAGNOLA

Come anticipato, secondo una vecchia tradizione tramandata oralmente, si credette a lungo che i Guenna fossero di origine spagnola.

Esisterebbero, a questo proposito, un nucleo di famiglie Guenaz a Barcellona e l’antica Guenes, un centro a quindici chilometri a sud-ovest di

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LE ORIGINI DELLA FAMIGLIA GUENNA

HOME PAGE LA STORIA DELLA FAMIGLIA I GUENNA OGGI ATTIVITÀ IL PENSIERO CONTATTIBilbao, nelle province Basche. Tuttavia, dal punto di vista glottologico non vedo nessi né con Guenaz, né con Guenes, mentre, foneticamente,

Guenaz si sarebbe, se mai, italianizzato in Guegnaz o Ghegnaz o, per apocope, in Ghegna; Grena sarebbe divenuto Gregna e Guenes (con la

tilde) Ghegnes o, tutt’al più, come variante aferetica, Gnessi o Gnesso, ma mai Guenna.

C’è poi un fatto incontrovertibile che non lascia spazio né ad interpretazioni né a dubbi. Guenna è foneticamente molto preciso, ben definito. Chi

lo pronuncia, anche volendo, non può sbagliare: inizierà sempre con la G dal suono duro, pronuncerà quindi il dittongo ue o anche solamente la

vocale e (in questo caso diventa iato) ma solo dopo aver trasformato la u in h, alla francese (si direbbe Ghennà, da cui la famiglia Chenna di

Alessandria), per finire con la doppia n e la a finale, che è impossibile non pronunciare. Si tratta di un’agglutinazione di tre sillabe quasi fosse

una derivazione ideografica di segni pittografici: gu-en-na, suoni duri, non musicali come nella tradizione latina.

Quale fondamento avrebbe avuto allora la tesi della discendenza spagnola? Genova (e quindi anche i centri che le orbitavano attorno come

Novi) e la Spagna sono state alleate per secoli ed hanno intrecciato intensi rapporti commerciali tra il XVI ed il XVIII secolo.

Molte sono state inoltre le alleanze militari, fra le quali, le più note, sono quelle per la guerra di successione di Mantova (1628-1631), che ha

visto in prima linea con gli Spagnoli proprio il generale genovese Ambrogio Spinola (Genova 1569 – Castelnuovo Scrivia 1630) caduto sul campo

di battaglia e, per la guerra di successione Austriaca, quando Genova insorse (5-12 settembre 1746) dopo il gesto di Balilla.

Non è pertanto da escludere che nei Guenna possa anche scorrere sangue spagnolo ed è in qualche modo confermata la tradizione.

Molti furono, per la verità, gli Spagnoli presenti, a partire dal XV secolo, nelle zone di residenza della famiglia Guenna, in buona parte di origine

ebraica. Infatti, la diaspora della Spagna iniziò proprio nel 1492 ed interessò l’Italia, la Francia e l’Africa atlantica.

B – EBRAICA

Ebrei e Marrani trovarono scampo in Italia per sottrarsi alle forsennate persecuzioni contro i “Figli di Abramo”, perpetrate da Isabella di Castiglia

detta “la Cattolica”, la regina di Spagna protettrice di Cristoforo Colombo.

Il ragionier Silvio Norzi, presidente della comunità Israelitica di Alessandria, pur ammettendo (dopo aver verificato l’attendibilità della

documentazione fornitagli da me) tratti ebraici presenti in alcuni componenti della famiglia Guenna, come l’aspetto orientale (capelli neri e

ricciuti, occhi neri, naso curvo e pronunciato), il carattere duro e tradizionalista, l’ambizione, la tirchieria (sono arcinote l’avarizia di Antonio-10A

e Francesco Guenna-10B), il cognome che si ricollega in qualche modo ad altri cognomi ebraici come Guetta di Firenze (Guena infatti, con la

tilde sulla n, può trasformarsi in Guetta nel caso che, per un’infelice trascrizione, si allunghino le gambe della n fino ad intersecare la tilde, il che

genera una doppia t) non seppe consigliarmi altro che di telefonare direttamente ai Guetta di Firenze.

Telefonai e mi fu risposto molto cortesemente che, pur ammettendo l’ipotesi della errata trascrizione, non esistevano elementi tali da poter

affermare una presunta origine ebraica della famiglia Guenna.

Eppure esisteva la Geena citata nella Bibbia, ma era considerata un posto infernale, dov’era lo “stridor di denti” e, più prosaicamente,

l’immondezzaio di Gerusalemme, che ne faceva un appellativo inattribuibile a chicchessìa mentre invece, al tempo dei Fenici era un luogo sacro,

dove i Sacerdoti del Dio Moloc celebravano solenni riti propiziatori.

C – LIGURE

È verosimile che le popolazioni di contadini stanziate lungo le coste tirreniche dell’Italia del nord, avessero perfezionato la tecnica della

navigazione proprio grazie ai Fenici, con i quali erano entrati in contatto per ragioni mercantili. I Liguri, evolutisi poi in popolazione celtico-

lepontina di epoca preromana, abitavano nell’attuale Liguria, in parte del Piemonte, nella zona del lago di Como, nella Val d’Ossola, nelle zone

delle sorgenti del Reno e del Rodano, nell’altra Valle del Ticino, mentre a ovest i loro possedimenti comprendevano la Provenza fino ad

estendersi, lungo la costa, fino in Bretagna ed in Normandia. Sembra fossero dei contadini di bassa statura, molto muscolosi e talmente

pericolosi in battaglia che tanto gli spilungoni biondi del nord Europa, quanto i Romani, esitarono alquanto prima di venirci alle mani.

Per i Romani non fu facile averne ragione e solo intorno al 20 a.C., dopo due secoli di estenuanti dispute, con l’Imperatore Augusto, come dire,

fresco di nomina, riuscirono ad annetterne il territorio all’Impero. I Liguri italiani, in ritirata lungo la costa, si insediarono nelle alture dove la

civiltà ligure si è tramandata pressoché intatta fino ai giorni nostri e precisamente in val Borbera, in val Lemme con capitale Gavi, nelle Cinque

Terre con capitale Vernazza, nell’Appennino Ligure con capitale Ceva. Ugualmente, in Francia, nella costa atlantica, come anche in Aquitania

(Guienna), Bretagna e Guascogna.

In terra cisalpina, le varie popolazioni liguri come quelle degli Ingauni, dei Genuantes e dei Vagienni o Bagienni, per citare le principali, diedero

vita a dei centri abitati quali Albenga in provincia di Savona, da Album Ingaunum “città degli Ingauni”, Genova da Genua (Ianua), da cui

Genuantes, Bene Vagienna (CN) fondata dagli abitanti dell’antica Augusta Bagiennorum dopo che questa, situata poco lontana, fu distrutta nel

401 da Alarico, nella zona alpina, Issogne in Val d’Aosta, l’antica Isuenna o, se scritto in provenzale, Isuuènne ed in quella appenninica Curenna,

un villaggio a 1000 metri d’altezza, nell’entroterra di Alassio. È abbastanza evidente la forte vicinanza fonetica di Guenna a Genua (che, per

metatesi, fenomeno frequente nell’antichità, diventa Guena) e anche ad (In)-gauni, a (Ba)-gienna, ad (I)-suenna, a (Cu)-renna.

Avevo l’impressione di continuare a “girarci intorno”. Sapevo di essere ad un tiro di schioppo da ciò che stavo cercando, ma non c’era verso di

scovarlo.

D – CELTICA

A parte il principale interprete del film di Alfred Hitchcock “The trouble with harry” (“la congiura degli innocenti”) 1955, il gallese Edmund

Gwenn, che aveva un cognome molto vicino a Guenna, non avevo altri indizi su cui lavorare, anche se ero incoraggiato dalla consapevolezza

dell’alta percentuale di cognomi di origine sassone e celtica presenti nel panorama italiano.

Tolta qualche evidente assonanza di cognomi gaelici come Guinness, Gwen o nomi propri come Gwendalina “luminosa”, o toponimi celtico-

cimrici come Guienna, rimanevo allo stadio in cui il tutto era costituito da brandelli di verità cui dovevo ridare la consistenza originaria per poter

dimostrare qualcosa che stesse in piedi.

Avevo bisogno di aiuto e pensai di telefonare a mio cugino Giulio Guenna (12B), cui non esitai a confessare tutte le mie difficoltà inerenti la

ricerca del vero significato e dell’origine del cognome Guenna.

“Ma siamo Bretoni! – esclamò Giulio – Trascorro da anni le vacanze in Bretagna ed ho trovato proprio in quelle terre molti nostri omonimi”.

Impugnai nuovamente la cornetta e telefonai a Natale Magenta, esimio docente di lettere nonché glottologo e dialettologo novese.

“Ha mica qualche dizionario di cimrico (il dialetto bretone) o di gaelico a portata di mano?”, gli chiesi a bruciapelo dopo i salamelecchi del caso.

“Certo – mi disse – cosa vuole che le cerchi?”. “Guenna – risposi – grazie”. Non passarono più di trenta secondi ed ecco la risposta: “Caro

Guenna – scandì il professor Magenta – guen, in bretone, vuol dire bianco”. Era qualcosa, una traccia, ma anche un forte indizio.

La convinzione che la Bretagna potesse essere la terra di provenienza della famiglia Guenna si rafforzò allorché la Pinuccia, sorella di Giulio,

venne a trovare i miei genitori proprio in quel periodo, un sabato pomeriggio della primavera del 1990. Memore del viaggio in Bretagna dell’anno

precedente, Pinuccia ribadì quanto aveva affermato Giulio, sostenendo che in alcune città come Brest, Saint Malo, Vannes, i Guen, Gueguen,

Guenole, Le Guen, Guena, costituivano una nutrita schiera di residenti.

Non solo, ma Pinuccia mi fece avere un libretto edito dalla Ouest France e redatto da Yvonne Autret, dal titolo “Les prenoms de Bretagne” dove

compariva il nome di una Santa che si chiamava Gwenna o Guenna, scritto indifferentemente nei due modi.

Un mucchio di conferme stavano venendomi incontro a 200 all’ora.

Ecco, per esempio, la sfilza dei santi bretoni che si rifanno al cognome Guenna con le date dei loro onomastici: San Gwenael festeggiato il 3

novembre, Santa Gwendalina il 14 ottobre, Santa Gwenna il 18 ottobre, San Gwennin il 19 agosto, San Gwenole il 3 marzo.

C’era rimasto ormai poco spazio per i dubbi, il cerchio si stava stringendo, essendo forse riuscito a trovare, finalmente, il bandolo della matassa,

a compiere un passo ulteriore verso l’origine, il punto di partenza, gli albori di una famiglia che, se non altro, è sicuramente molto antica e molto

ben definita: la famiglia Guenna. Dopo qualche incertezza iniziale, avevo forse imboccato la strada giusta.

Continuando nel mio scartabellare, ad ulteriore dimostrazione del fatto che i Guenna sarebbero di origine bretone o celtica più in generale, sono

stato colpito da un capitoletto tratto dal libro “Amare la Bretagna” di Louis Le Cunff, per le edizioni “Ouest France” 1989, dal titolo: “Il caratterebretone”, pagina 81. È stupefacente di come questa descrizione sembri “cucita addosso” a molti esponenti della famiglia Guenna. Eccola.

“I paesaggi e gli uomini hanno tra loro affinità segrete che millenni d’amore corrisposto hanno iscritto nella terra, nel cielo e nei cuori.

Le tempeste ed il temporale non sollevano solo l’oceano; gonfiano le anime e temprano i caratteri. La nebbia stessa non si limita a gettare il suo

mantello lanuginoso sui capi e sulle isole in capo al mondo; insinua a volte nel cuore dell’essere una dolcezza crepuscolare propizia alla

meditazione.

Ma, come un raggio di sole restituisce presto alle coste i loro contorni casellati, così il cuore del bretone si illumina di nuovo ed egli sa allora,

come nessun altro, dare una realtà ai progetti più arditi.

Plasmato dalla difficoltà, attanagliato dal bisogno di combattere, l’uomo d’Armorica non esita a lanciarsi nella difesa delle cause perse solo per la

bellezza del gesto.

Ma, se per caso la vittoria ricompensa lo sforzo, allora il trionfo sa il più delle volte restare modesto.

Taciturno? No. Non conviene la parola per qualificare il carattere del Bretone. Quest’ultimo può certo rimanere per lunghe ore senza sentire il

bisogno di confidarsi, ma tale silenzio non è mai definitivo.

Che si attacchi la sua attenzione a qualche idea-forza ed eccolo ad un tratto eloquente, entusiasta, appassionato.

Talvolta, perfino insensibile a qualsiasi argomentazione opposta.

Coraggioso, sì: più spesso ancora, temerario. Una cosa sola lo spaventa. La morte? No, certo. È la compagna di tutti gli istanti. No,

semplicemente la paura del ridicolo.

Questo timore di essere deriso, spiega spesso il suo ritegno. A due passi dalla riuscita, un sorriso ironico rischia di fargli perdere una parte delle

sue possibilità.

Da qui deriva probabilmente quest’orgoglio, questa riservatezza, questo pudore, che spesso gli servono solo a nascondere la timidezza”.

II – L’ULTIMA RISPOSTA

1 – IN BRETAGNA PER RACCOGLIERE LE PROVE

Mia moglie ed io eravamo già stati in Bretagna al seguito d’una comitiva, ma decidemmo di tornarci subito dopo. Fu così che partimmo la

mattina del 10 agosto 1991. All’andata ci attendeva una tappa di avvicinamento di circa 1000 chilometri, tanto occorre per andare da Novi a

Nantes, quella che fu un tempo la capitale bretone. L’itinerario successivo avrebbe previsto un giro in senso orario intorno alla Bretagna,

toccando le principali città e qualche interessante centro dell’interno. Si trattava di una ricognizione completa, durante la quale ero deciso a

raccogliere più elementi di prova che potevo.

Dopo l’ormai consueta e, definirei, rituale schermaglia verbale con qualche francese (ciascuno nella sua lingua) durante le pause del viaggio,

sentivo che il vento d’Armorica aumentava, la temperatura si faceva gradevolmente fresca, l’aria frizzante. La Bretagna era lì, a pochi chilometri,

la strada mi veniva incontro silenziosa mentre mi stavo avvicinando velocemente.

Finalmente ero a Nantes. Una rapida escursione e poi via, alla volta di Vannes, l’antica Gwened. È una deliziosa cittadina di 43.000 abitanti,

poco più grossa di Novi. Case a graticcio, il mare che lambisce il piccolo porticciolo sul golfo di Morbihan. Buona parte delle mura antiche (XIV

secolo) è intatta e perfettamente conservata, mentre i bei giardini fuori le mura, curatissimi e ornati da splendidi fiori, le fanno, in alcuni scorci,

da ottima cornice. Bello il centro storico dove si può ammirare la caratteristica via St. Gwenael con, adiacente, la cattedrale gotica di St. Pierre

(XII secolo); in periferia, la chiesa di St. Gwen.

Vannes è un’ottima base di partenza per gite in battello sul golfo e per interessanti escursioni nell’interno del dipartimento.

Se è vero, come qualcuno ha detto, che l’uomo è quello che mangia, aggiungo che l’uomo è anche ciò che vorrebbe mangiare e allora io sono

sicuramente di origine bretone: infatti vado matto per il pesce che lì, in Bretagna, è “ottimo e abbondante”. Muscoli, astici, salmoni, ostriche ed

ogni altra leccornìa, spendendo pochissimo. Un piatto da un chilo di pesce servito al ristorante costa in Bretagna, in media, 90 franchi che, al

cambio attuale, corrispondono a circa 27.000 lire. Lo stesso piatto servito a Camogli o a Santa Margherita può arrivare a costare anche il doppio.

Ci siamo, pensai: in una pittoresca cittadina che un tempo si chiamava Gwened, ho gustato dell’ottimo pesce in una deliziosa trattoria

seminterrata in via St. Gwenael spendendo poco, ho trovato un mucchio di simpatici amici, un po’ “gabazzoni” e, per di più, quasi omonimi.

Ditemi Voi, cosa avrebbe potuto pretendere di più un inveterato gaudente come il sottoscritto?

Ed il gaudio era destinato a continuare!

Ecco Lorient, a 54 chilometri da Vannes, incantevole città di mare che dà sul golfo omonimo, con l’isola di Grix all’orizzonte, facilmente

raggiungibile in battello.

Affascinante l’escursione nella foresta di Broceliande, vicina a Paimpont. Si entra nella fiaba, immersi in un’atmosfera magica, in un’aurea densa

di mistero e di leggenda, che permea ogni centimetro quadrato di quella che fu, forse in un tempo lontano, la terra di Lancillotto e di Mago

Merlino, sulla tomba del quale, al centro della foresta stessa, ho avuto modo di soffermarmi.

È la volta di Saint Malo, 45.000 abitanti, sviluppatasi intorno al centro medioevale, la “Villa Close”, 18.000 abitanti, completamente e fedelmente

ricostruito dopo il bombardamento subìto nell’agosto 1944 ad opera delle squadriglie aeree alleate Leigh Mallory e Spaatz.

Bella la cattedrale di St. Vincent (secc. XII-XV), romantica ed evocativa la tomba del grande Chateubriand, autentico malovin, sullo scoglio del

Grand-Bé, vicino alla costa. È una città di mare, fortificata, patria dei conquistatori delle isole Malvine (Falkland) che sono l’eterno pomo della

discordia tra Gran Bretagna ed Argentina e causa recente della breve guerra scoppiata il 2 aprile 1982.

Malvine deriva da Malovins, l’appellativo che identifica gli abitanti di Saint Malo ed ecco svelata anche l’origine dei numerosi Malovini che

risiedono oggi nel Tortonese e nel Vogherese; evidentemente la famiglia Guenna non fu l’unica famiglia bretone a battere le strade d’Europa per

giungere fino in Italia.

Ero travolto da una valanga di Guennal e Guennan a Brest e di Guena ad Aber Wrach, piccolo porto sulla Manica, di fronte all’isola di Guennoc.

Ad Aber Wrach, sul videotel, il primo Guena si chiamava Albert, come mio padre. Mi accorsi di essere un turista un po’ particolare perché

chiedevo sempre di consultare l’elenco del telefono, dove puntualmente, avrei trovato, qua e là, i cognomi che vado ad elencare con il loro

presunto significato:

– Gwenn, Guen, Le Guen, Leguen, Guéguen, Guene, Le Guenne, Ven, Le ven: Bianco, Bianca, Il Bianco, La Bianca.

– Guéna, Guennan: Candido, puro, senza macchia.

– Guenaf, Guenanff, Le Guenanff, Guennic, Le Guennic, Le Guenic: Colui che si chiama bianco, colui che è bianco.

– Guennoc, Gueneuc, Gueneu, Guennec, Le Guennec, Guenec, Le Guenec, Guenegues, Guennéguès, Gueneugues, Guenneugues, Vennegues,

Venneugues, Guenegan, Guenegant, Guennegan: nato felice, nato cantando.

– Guenego, Guennegou, Guennou, Le Guennou, Guenno, Le Guenno, Gueno: ipocoristici e diminuitivi familiari.

Sono poi un’infinità i paesi quasi omonimi fra i quali: Guehenno, Guénin, St. Guen, Bouguenais, Guen-roch “roccia bianca”, caratteristico

villaggio con le strade, pulitissime ed ordinatissime, di ghiaino bianco perfettamente rastrellato.

Ovunque si andasse, in Bretagna, era evidente il culto delle tradizioni tramandate oralmente soprattutto grazie ai canti bretoni (gwerzioù),

maestosi ed evocativi.

Eppure c’era dell’altro. Qualcosa mi diceva che non era finita lì. Gli inquietanti megaliti (menhir, cromlec’h, dolmen) di Carnac e di altri centri

bretoni, come anche i tumuli a falsa cupola comuni a quelli della Cornovaglia, della Scozia, del Galles, dell’Irlanda, della Danimarca, da chi erano

stati piazzati? Dai Celti?

Perché allora la gran parte delle popolazioni celtiche del resto d’Europa non ha mai eretto né megaliti né tumuli a falsa cupola?

Mi si parava innanzi un cruciverba straordinariamente complicato. Ero pronto a passare di stupore in stupore, man mano che la mia indagine

proseguiva. Una serie di interrogativi, anche affascinanti, attendeva una risposta.

Pare ormai assodato che le popolazioni celtiche si siano insediate nell’Europa atlantica tra il secondo ed il terzo millennio a.C. Ma restava da

chiarire come mai quei Celti della costa atlantica, più simili ad indiani che a tedeschi, fossero così diversi dai Celti dell’Europa continentale.

Il problema era di capire come sia stato possibile che solamente nella striscia di terra che va dal Portogallo all’Irlanda fino alla Danimarca nel

mare del Nord, potessero esistere megaliti e tumuli simili fra di loro, indice di un profondo legame fra le popolazioni che l’abitavano.

Dopo un’attenta analisi e dopo aver scartato ipotesi ritenute infondate sia perché sballate cronologicamente sia perché scarsamente probabili

storicamente, giunsi alla conclusione che, nell’Europa atlantica, prima del XX secolo a.C., esistevano già popolazioni evolute al punto tale da

concepire e realizzare opere architettoniche audaci per quel tempo.

Si trattava di popoli che si erano insediati lungo la costa occidentale europea prima del 3000 a.C. ed era molto probabile che solo lì, in quella

parte d’Europa, sulla costa atlantica, nel corso del millennio successivo, fosse accaduto qualcosa di particolare.

2 – IL SALVATAGGIO DI OBERTI

Gli è che, quando iniziai, era mia intenzione fare solo un po’ d’ordine nella genealogia, aggiornandola e depurandola da inesattezze e dubbi.

Non mi rendevo conto di cosa stessi per scoprire.

Non formulavo teorie e non facevo ipotesi, ma più approfondivo l’analisi, più vedevo montare innanzi un muro che mi separava dalla soluzione

finale, sempre più alto man mano che mi avvicinavo alla verità.

La tentazione di smettere mi è venuta più volte, ma aveva grattato talmente tanto che sarebbe stato un peccato piantarla lì anche se, per la

verità, non sapevo più da che parte girarmi.

Sulla storia della famiglia Guenna, aveva “brasato” anche il dottor Walter Oberti di Sale, interprete poliglotta e mio prezioso e pazientecollaboratore per ciò che concerne il commercio con i paesi dell’Est: poco più di quarant’anni, garbato, colto, con una laurea in lingue, un

passato da studente modello al liceo classico di Tortona, dieci in condotta, mai fatto politica nemmeno quando, alla fine degli anni sessanta, ti ci

tiravano dentro per forza. Fatalità vuole che anche l’amico Oberti sia un appassionato di storia, nonché di glottologia. Quante animate

discussioni durante i viaggi di lavoro, quante risate poi, per le castronerie venute fuori in autostrada, noi due con una bottiglia di grappa in

corpo, dentro un’Alfa solitaria “sparata” come un siluro nella notte. Nonostante tutte queste “gabazzate” ci diamo rispettosamente del “Lei” e

così ci va benissimo.

Durante una pausa di lavoro, a casa sua, dopo avermi offerto un buon caffè, si alzò ispirato, mi fissò e, puntandomi contro il dito, disse: “Devo

farle vedere una cosa”, e scomparve.

Dopo aver “frugnato” nella sua libreria, tornò quasi subito, palesemente soddisfatto della riuscita frugnolatura e mi porse un libro antico, “A

sumerian grammar” di Stephen Langdon, ordinario di assirologia e filologia semitica comparata all’università di Oxford, edito dalla “Librairie Paul

Geuthner, rue Mazarine 68, Paris” nel 1911 e prelevato temporaneamente dalla Biblioteca dell’Università Statale di Milano. Era una vecchia ed

autorevole grammatica di sumero scritta in inglese. Non ci capivo un’acca.

Oberti, con calma serafica, mi riprese il tomo dalle mani, lo aprì, sfogliò qualche pagina, si fermò, seguì le righe con l’indice premuto sul foglio

fino a quando si fermò di nuovo.

“Ecco! – sussurrò tra il compiaciuto e l’ispirato – Legga qui” e mi porse il libro aperto con l’indice puntato sulla quinta riga di pagina 126.

Inforcai gli occhiali, presi in mano il volume, puntai l’indice dove mi aveva indicato Oberti e lessi: “guenna”.

Lì per lì non compresi. Stupefatto, incredulo, alzai lo sguardo.

Oberti, a sua volta, mi fissava sorridendo ed annuendo impercettibilmente.

Forse le mie ricerche di anni ed anni si erano concluse?

Avevo trovato il mio Graal?

In quella grammatica, il Langdon stava spiegando i costrutti della lingua sumerica e riportava una frase trovata incisa su cilindri d’argilla. Per la

prima volta nella mia vita ebbi modo di leggere la parola guenna scritta esattamente com’è, non riferita alla famiglia omonima. Ecco ora la

sorprendente frase, anche nella traduzione effettuata dal Langdon in inglese ed in quella italiana.

SUMERO INGLESE ITALIANO

gu-za gù-en-na the trone placed in il trono posto in

gub-ba-bi é-azag guenna is like the guenna è come il

an-na ul-la pure temple of tempio puro del

tu-ra-na-àm heaven dwelling paradiso che dimora

in splendor nello splendore

È del tutto evidente che, a differenza degli altri termini della frase, traducibili in quanto nomi comuni, avverbi o aggettivi, guenna risulta

intraducibile perché è un nome proprio. Nella fattispecie, potrebbe essere un toponimo, il nome d’un luogo sacro, d’un tempio. Sappiamo che i

Sumeri erano eccellenti edificatori di templi e di piramidi sacre. A questo proposito, ritengo utile riportare ciò che si legge a pagina 101 de “La

chiave di Hiram” di Christopher Knight e Robert Lomas, Mondadori 1997 “… In base a questo stesso modello si ritiene siano stati edificati tutti i

templi sumeri, il più rinomato dei quali è la torre di Babele, la gigantesca costruzione generalmente attribuita ai discendenti di Noè. Eretta a

Babilonia per volere di Nabopolassar, si trattava di una ziggurat di sette piani, alta circa novanta metri e sulla cui sommità troneggiava un

tabernacolo in onore del dio Marduk”.

Quel tabernacolo poteva essere il Guenna della frase sumerica rinvenuta da Oberti?

Oppure Guenna era un toponimo, indicante un’area rigogliosa, tanto preziosa in Sumer quanto frequente, per esempio, in Francia?

I dubbi erano molti. L’unica certezza era che il vocabolo guenna, toponimo o meno che fosse, esisteva già al tempo dei Sumeri. Poteva trattarsi

solo di una coincidenza, ma Oberti iniziava a pensare che, forse, s’era di fronte ad una scoperta, pur avvolta ancora dal mistero, ma certamente

curiosa e degna di considerazione. Ci stava insomma passando la voglia di scherzarci sopra perché “l’affaire guenna” si faceva sempre più serio.

Iniziando l’analisi delle possibili connessioni fra i Sumeri ed i Celti, Oberti ed io ne scoprimmo qualcuna, come quella, fonetica, fra il sumerico

gal-lu “grande uomo” ed il latino gallus, il misterioso appellativo (che non si rifaceva certo all’esuberante e pennuto bipede da cortile) con cui i

Romani chiamarono i Celti. I Romani, con ogni probabilità, avevano ereditato questo appellativo dai Greci che ben conoscevano i Galli perché,

secoli prima (intorno al 2000 a.C.) i Sumeri, ovvero i Gal-lu, fuggiti dal Golfo Persico, si erano insediati anche in Anatolia ed in Arcadia,

favorendo grandemente la nascita della civiltà ellenica. Scoprimmo molte parole sumeriche presenti anche nella lingua celtica ormai divenute

d’uso comune in tutto il mondo occidentale, fra le quali: alcool, canna, gesso, mirra, zafferano.

Non era tutto. Come ho scritto prima, i Sumeri furono anche eccellenti costruttori ed architetti (per alcuni sarebbero stati proprio i Sumeri ad

aver edificato le piramidi egiziane sul modello delle loro ziggurat), mentre molti Massoni di rito scozzese (quindi celtico), affermano che la gran

parte dei loro rituali prende le mosse proprio dalla tradizione sumerica.

Alcuni Fratelli Liberi Muratori, addirittura, si spingono ad affermare che il Tempio di Salomone fu costruito dai Sumeri e che Hiram Abif, il

Maestro Architetto autore del Tempio, fosse anch’egli Sumero.

I Sumeri, inoltre, non sparirono nel nulla, si erano semplicemente spostati, avevano migrato, come fece, per esempio, Abramo, sumero di Ur,

che si trasferì col suo popolo fino a giungere in Palestina ed in Egitto.

In forza di questi riscontri si poteva tentare qualche ipotesi come, per esempio, quella che vuole il significato sumerico di guenna prossimo a

quello cimrico di gwenn; là è un toponimo, qua un aggettivo: “bianco, puro, candido” (ibidem pagine 13, 14). È pur vero però guenna sia molto

simile a Geenna che, prima di essere l’immondezzaio di Gerusalemme, era una zona sacra al dio Moloc dei Fenici (ibidem pagina 8). La cosa non

era di poco conto perché i Fenici furono a lungo in contatto con i Sumeri e ne adottarono, semplificandolo, l’alfabeto.

3 – L’ETERNO ARCANO

Rischiavo di essere travolto dall’entusiasmo, anche per la significativa scoperta che, per puro caso, grazie all’amico Oberti, avevo potuto

effettuare. L’entusiasmo è pericoloso perché ti culla in un gaudio incosciente che fa perdere il senso della realtà. Le castronerie nascono nella

mente dei gonzi per un traguardo raggiunto appena dopo qualche iniziale e modesta fatica ed io avevo appena iniziato. Tuttavia ero consapevole

che, di questo passo, le sorprese non sarebbero mancate e che sarebbe stato meglio, di qui in avanti, attenersi ancorpiù a dati di fatto e

documenti.

È innanzi tutto importante precisare che, fino a ieri, parlare di storia “ante 3000 a.C.” era azzardato, in quanto, nemmeno con la tecnica del

carbonio 14 si è riusciti ad avere un quadro complessivo sufficientemente preciso degli avvenimenti, anche perché il carbonio 14 dà i migliori

risultati solo con sostanze organiche non vegetali.

Perché proprio il 3000 a.C.? Tutti gli egittologi ormai sono concordi nell’affermare che, rifacendosi agli “Annali Reali” egiziani, che elencano i

Faraoni in ordine di successione e la durata dei loro regni, è possibile risalire con certezza matematica alla data del 2160 a.C. che indica il

termine dell’ottava dinastia con cui finisce il cosiddetto “Antico Regno”. Inoltre, al Museo Egizio di Torino è perfettamente conservata una lunga

iscrizione su papiro risalente al 1300 a.C. che riporta la durata del periodo tra la prima e l’ottava dinastia, corrispondente a 955 anni.

Sommando i 955 anni del papiro di Torino ai 2160 degli “Annali Reali”, abbiamo, oggi, la prima data certa della storia, ovvero il 3115 a.C. Ma

grazie alle ultime scoperte archeologiche nella zona tra il Tigri e l’Eufrate, possiamo inoltrarci in un passato ancora più remoto ed attribuire ai

Sumeri sia la scoperta della ruota e quindi del carro, intorno al sessantesimo secolo prima di Cristo (il cimrico Karr, evolutosi in Car), che della

scrittura, verso il quarantesimo secolo, e dimostrare che la loro civiltà fu molto importante e precedente quella degli Egizi (forse, per quanto

riguarda la prima dinastia, Sumeri anch’essi).

Pescatori e marinai, oltre che contadini, disponevano di mezzi adeguati per affrontare il mare aperto e l’oceano, avvezzi, per ragioni mercantili, a

battere le rotte di quello Indiano, alla volta della valle dell’Indo. Costretti alla fuga da una serie di fermenti interni alla loro federazione di città-

stato e da ripetute invasioni da parte delle popolazioni semitiche ed indoeuropee nel periodo che va dal 2600 al 2200 a.C., non poterono fuggire

tutti al nord in territorio peraltro ostile, lungo le piste dei nemici, preferendo piuttosto le rotte mediterranee che tagliavano verso ovest.

Fu così che i Sumeri, oltre ad un primo itinerario via terra che li ha visti risalire il Danubio dalla Romania all’Austria, ne intrapresero anche un

secondo, via mare e, dopo aver toccato le coste sarde e fors’anche tirreniche (Etruria), poterono ripartire alla volta di Gibilterra distribuendosi

lungo tutta la costa atlantica d’Europa (nell’antichità la navigazione seguiva rotte vicine alle coste), dove erano attesi dalle popolazioni sorelle

(forse giunte in quelle zone nel corso d’una precedente migrazione) che avevano eretto i tumuli a falsa cupola ed appartenevano, come gli stessi

Sumeri, alla civiltà dell’Indo e, più precisamente, a quella che Gerhard Herm definisce la “Cultura del Kurgan” che accomunava i popoli dediti alla

sepoltura in tumuli. È molto probabile quindi che un primo gruppo di Sumeri, già stanziato nella costa, dieci secoli dopo ne avesse richiamato un

altro.

La diaspora sumerica durò cinque secoli, a partire dal 2200 a.C., per terminare nel 1700 a.C. circa, quando l’ultimo nucleo, già arroccatosi

nell’estrema costa sul golfo Persico in terre da poco affiorate (teniamo presente che Bassora è al centro di un’area grande come la Lombardia, a

sud della vecchia linea costiera, emersa solamente dopo il 2000 a.C.) per sfuggire alla pressione degli invasori, trovò scampo in Palestina

(Abramo, il capostipite degli Ebrei, era un sumero di Ur), protetto da popoli amici quali i Cananei ed i Fenici (rispettivamente adoratori di Baal ed

Astarte).

I sumeri, quando occuparono la Mesopotamia, vittime della soverchiante forza degli invasori indoeuropei, malgrado vantassero un esercito

estremamente efficiente ed incisivo ma, ahimè, numericamente sempre inferiore a quello avversario, dovettero battere in ritirata e, a parte

qualche rara eccezione, cambiare addirittura continente ed insediarsi laddove non esistevano nemici: in Europa.

Solo cinque secoli dopo (intorno al 1200 a.C.), negli stessi luoghi, provenienti dall’Est, giunsero i Celti che, inserendosi perfettamente nel nuovo

tessuto sociale ed amalgamando la loro cultura a quella delle popolazioni autoctone (Sumeri), diedero origine alle numerose tribù dei Galli (Gal-

Lu), estremamente diverse (nonostante il ceppo fosse comune) dalle altre tribù celtiche che si erano fermate, nel corso della stessa migrazione,nell’Europa centrale e che, non avendo beneficiato dell’osmosi culturale con i Sumeri, possibile solo lungo il Danubio da una parte e le coste

atlantiche dall’altra, restarono ineluttabilmente e barbaricamente rozze, dando origine alle popolazioni sassoni. Il nesso tra i Celti ed i Sumeri è

comprovato dai risultati delle analisi del DNA condotte su soggetti celtici e su individui di alcune tribù mediorientali, mentre non sembra da

trascurare il fatto che molti Celti (fra cui molti Guenna) presentano, alla nascita, una macchia rosso vinacea sulla schiena tra le scapole

(angioma rossocutaneo), destinata a scomparire dopo qualche giorno, esattamente come in alcune popolazioni del centro-Italia (Tosco-

Etruschi), mediorientali ed indiane che si suppone essere di antica origine sumerica.

4 – I BRAMINI DEL NORD

Nel libro “Monumenti primitivi in pietra di ogni paese: età e usi”, Londra 1872, James Ferguson sollevò il problema inerente le origini delle tombe

megalitiche preistoriche dell’Europa Occidentale. Egli pose la comparsa del tipo di costruzione megalitica in India, in epoca molto antica. Da qui

l’idea sarebbe stata portata ad ovest, in Africa settentrionale ed in Europa. Lo storico scozzese riteneva che le tombe megalitiche in Europa ed in

Asia fossero simili, perché edificate da un’unica razza o popolo. Pur criticato aspramente e definito uno sprovveduto, il Ferguson non è mai stato

smentito scientificamente.

Gli viene in soccorso, oggi, lo storico tedesco Gerard Herm ne: “Il mistero dei Celti” Garzanti 1986 dove, a pagina 194, nel paragrafo “I Druidi,

bramini d’Europa”, facendo riferimento alla scoperta del Professor Myles Dillon, insigne storico irlandese, docente all’Università di Dublino, scrive

fra l’altro “… le linee fondamentali del diritto secondo cui si giudicava nell’Irlanda celtica (si può estendere il ragionamento a tutte le zone

dell’Europa atlantica n.d.a.), erano in parte le stesse che in India…

Là come qua, sul Brahmaputra come sul Shannon, c’erano fino a otto forme nuziali diverse, le quali andavano dalle nozze fissate dai genitori alla

compera della moglie, dal matrimonio d’amore al ratto della sposa, che tuttavia era illegale. Là come qua – continua Herm -, si distingueva

accuratamente tra patrimonio ereditato e patrimonio personalmente acquisito e si stabiliva con esattezza, alla conclusione di un contratto, quali

garanzie uno dovesse prestare prima di ottenere ciò che voleva. Là erano i Bramini ad interpretare le norme fondamentali, qua i Druidi”.

5 – LA COLLINA BIANCA

La ricerca prendeva velocità cinetica.

L’entusiasmo, ormai confortato da riscontri oggettivi, agiva in me come una leva che moltiplicava le forze ed avevo la netta sensazione di

avvicinarmi a passi da gigante alla verità, al mio Graal, al mistero della famiglia Guenna.

Ora mi capitava di soffermarmi su particolari un tempo ignorati.

Quante volte ero passato da Cantavenna, una frazione di Gabiano all’incrocio tra le province di Alessandria, Asti e Vercelli, a ridosso del Po. Non

mi ero mai preoccupato di sapere qualcosa su quella frazione apparentemente insignificante, trecento abitanti abbarbicati su una collina a

quattrocento metri d’altezza. Adesso però, questo paesino in collina, anche alla luce delle scoperte effettuate sulla famiglia Guenna e

sull’etimologia del cognome, iniziava a dirmi qualcosa. Capii subito che, per comprendere il significato nascosto del toponimo, sarebbe stato

innanzi tutto opportuno scomporlo. Canta-Venna, ecco come doveva essere prima. Con ogni probabilità, il prefisso cant derivava da kant

“collina” (mentre go significava monte) ed il suffisso venna era corrispondente a guenna (nel senso di “bianca”), perché la v o w celtica, per

l’influsso della cultura romana, se posta all’inizio della parola, si trasformava in gu. Cantavenna significa quindi “collina bianca”. Un toponimo

celtico a conferma che nella zona, come abbiamo visto, si erano installati i Liguri prima che giungessero i Romani.

Interpellando il vicesindaco di Gabiano (siamo nell’ottobre 1997), comune di cui Cantavenna è frazione, la signora Edy Trentin, appresi che la

collina è tutta di tufo grigio, per cui, durante l’inverno, il suo aspetto brullo fa risaltare il colore del terreno che diventa chiaro. La cosa mi è stata

confermata da alcuni contadini del posto.

Ma non basta. A pochi chilometri da Cantavenna si trova il Santuario della Madonna di Crea, situato sulla sommità d’uno dei tanti “Sacri Monti”

piemontesi, edificato su fondamenta pagane. Nel corso dei restauri della cappella del Paradiso, all’interno del Santuario stesso, sono tornati alla

luce reperti pagani e preromani, oltre ad una cisterna per l’acqua piovana ed a quattro basamenti per altrettante statue, a conferma della tesi

che vuole la zona popolata nell’antichità dai Liguri, che altro non erano che Celti italici. Ma i reperti dimostrano anche la probabile esistenza, un

tempo in queste zone del Piemonte, oltre che di Templi pagani, anche di fortificazioni celtiche.

Non è tutto. Lungo il sentiero che porta al Santuario della Madonna di Crea, si notano, ai lati, punte di roccia bianca che spuntano dal terreno.

L’”Albione”, perfida o meno che fosse, non era solo sulle coste europee lambite dall’Oceano Atlantico, ma anche, più semplicemente, nel

Monferrato, nel cuore del Piemonte. Da noi, che siamo gente alla mano, si chiama Cantavenna, lambita, non già dall’oceano, ma solo da un

fiume, il Po.

6 – IL RITORNO IN GUIENNA

Passando all’analisi dei documenti disponibili ebbi un’ulteriore sorpresa. Il primo Guenna nato a Novi, Vincenzo (2A), fu registrato come figlio di

Bartolomeo Guienna (1A). È scritto chiaramente, in bella calligrafia, anche se, per la verità, il cognome Guienna sarebbe stato ancora ripreso

solo un paio di volte. Molto presto, infatti, il destino vorrà che nell’indice si lasciasse definitivamente posto al cognome Guenna.

Si legge, nel volume 4° dei battesimi in San Nicolò a Novi, a pagina 160, numero progressivo 1046 (ibidem pagina 30): “Vincenzo figlio di

Bartolomeo Guienna da Camoggi…omissis, è stato battezzato…omissis, nato hoggi 2 marzo 1624”.

Ancora, nell’atto di morte dell’infante Nicolò di Bartolomeo (tre anni, fratello del precedente Vincenzo), registrato il 28 luglio 1635 in San Nicolò,

libro 4°, pagina 92, capoverso 1275, si ripete l’errore anche se l’appellativo perde una n e diventa Guiena (ma, in quest’atto, è scritto meno

chiaramente).

Tornava a galla l’ipotesi che la famiglia Guenna potesse provenire dalla Guienna (la regione francese al confine con la Spagna nord-occidentale,

a ridosso del golfo di Guascogna) che ora poteva godere di nuova e più consistente dignità, quella di una prova. Infatti, se chi ha registrato

come Guienna, nel 1624, Vincenzo Guenna (2A) e come Guiena, nel 1635, Nicolò di Bartolomeo, si è preoccupato d’aggiungere quella i tra la u e

la e (Guienna, Guiena), significa evidentemente che non poteva ignorare l’esatto costrutto del cognome. Facile sarebbe stato fare a meno di

quella i apparentemente di troppo. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che, se da un lato, leggere Guenna, Guienna o Guiena, specie se di fretta,

può non presentare alcuna differenza fonetica di rilievo, nel senso che la lingua parlata si “mangia” molte volte le coppie di vocali (iati e

dittonghi) e, qualche volta, anche le consonanti, dall’altro scrivere Guienna anziché Guenna dimostra la chiara volontà di voler distinguere,

specificare e testimoniare l’esatta realtà delle cose e cioè che Guienna, allora, poteva essere anche Guiena ma non ancora Guenna (peraltro lo

sarà presto, già dalle registrazioni immediatamente successive, riguardanti proprio la stessa persona). Ma allora la Bretagna, i Sumeri e tutto il

resto?

7 – IL SEGRETO DI GUASCOGNA

Anche stavolta, proprio quando pensavo di avere finalmente chiuso, spuntava beffardo qualche ulteriore indizio che mi travolgeva in una

rinnovata ricerca, vinto com’ero dalla frenesia di una consultazione che stava trasformando questa mia fatica in un incubo, in una sorta di

avvincente tormentone. Rimanevo immobile davanti al computer con le dita pronte sulla tastiera ed il video pieno di testi che avrebbero vissuto

“l’espace d’un matin” e che dovevo ogni volta riscrivere completamente, alla luce di indizi sempre nuovi.

Tuttavia, mi resi presto conto che la storia della Guienna avrebbe costituito un tassello importante del mosaico.

Qualcosa di profondo lega la Guienna alla Bretagna: la tradizione marinara. I porti guasconi erano i preferiti dalle navi bretoni in rotta verso il

Sudamerica e l’Africa. Lo scalo era obbligato in quanto in Guienna o Guascogna che dir si voglia, erano favorevoli sia i rifornimenti, in special

modo di alcune derrate alimentari fra cui frutta, vino e cereali (qui disponibili in abbondanza a prezzi molto più convenienti che in Bretagna), sia

lo sbarco di beni di vario tipo, frutto ahimè molto spesso, anche di atti di pirateria lungo le rotte dell’Atlantico, da immettere nel circuito

continentale europeo. Il golfo di Guascogna risultò essere a lungo l’approdo naturale, sia all’andata che al ritorno, di molte imbarcazioni bretoni.

Esiste un antico porto, dal nome evocativo, forse meta preferita dei marinai bretoni di un tempo, nel golfo di Guascogna: Capbreton. È un

piccolo centro, oggi turistico e dotato anche di un campeggio, che fu un porticciolo attrezzato per l’attracco delle navi, a circa quaranta

chilometri dal confine spagnolo.

È quindi possibile che vi fosse un legame stretto fra Bretoni e Guasconi, e che il toponimo Guienna fosse frutto di un’osmosi etnico-culturale fra

le due regioni. Ma non solo. Non è neppure da sottovalutare il fatto che il toponimo Guienna sia straordinariamente simile al toponimo sumerico

Guenna. Evidentemente l’influenza culturale sumerica non segnò solo i cognomi ma anche i toponimi.

In effetti, come ho già avuto modo di spiegare, la civiltà sumerica, si è diffusa in tutta la costa europea, da Cadice a Brest e oltre, fino in Irlanda

ed in Cornovaglia, per cui è facile intuire che esista anche una radice comune di vari appellativi personali o toponimi come Guenes, Guenaz e

Butragueno in Ispagna; le Guen, Guienna, in Francia e tutti quelli bretoni e gaelici come Gwenn, Guinness, Gwenna che hanno in qualche modo

a che fare con il cognome Guenna.

Non è tutto.

I legami fra le due aree della Francia erano forti anche dal punto di vista politico e feudale: nel IX secolo un ramo della stirpe dei Merovingi,

quello di Guglielmo di Gellone (Conte di Barcellona, Tolosa, d’Alvernia e di Razes, nonché Principe d’Orange, morto in convento nell’812), era

culminato nei primi Duchi d’Aquitania (Guienna) e si era imparentato con la Casa Ducale di Bretagna.

Ancora.

Alain IV “Barbaforte” (917-952), nipote di Arnaud, Conte di Poitier e Duca d’Aquitania (Guienna), era Duca di Bretagna.

È del tutto evidente che tra Bretagna e Guienna, per almeno due secoli filati, vi fu praticamente tutto in comune. La cosa, ai fini della ricerca,

non è di poco conto.

CAPITOLO TERZO

DAL MEDIOEVO AL PERIODO BAROCCO1 – I LONGOBARDI E LA FRASCHETA

Per scrivere sulla famiglia Guenna bisogna prima occuparsi brevemente di Novi e, prima ancora fare un breve cenno ai Longobardi. Non già

perché la città di Novi abbia tradizioni longobardiche, anzi, Novi è più celtica che germanica, ma perché fu la loro presenza in zona (570-774

circa) a determinare la nascita di questa cittadina.

Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente (476) e le successive devastazioni messe in atto dagli Eruli, dagli Ostrogoti ed infine dai

Longobardi, la trasformazione dell’ordinato territorio che andava dagli Appennini Liguri al Po, già suddiviso secondo la tecnica della centuriazione

romana, favorì lo sviluppo (spontaneo) d’una grande foresta (Frascheta) adatta alla caccia della selvaggina (attività prediletta dai barbuti e rozzi

invasori venuti da nord-est). Ad un certo momento si rese necessaria anche una bonifica dell’area a sud, nella pianura intorno all’attuale Pozzolo

Formigaro (Pozzolo deriva, infatti, da pozzo, ad indicare la naturale ricchezza d’acqua del territorio) che si era trasformato in una palude.

Partendo dal centro fino agli Appennini, si giunse laddove esisteva già da almeno due secoli una Pieve e lì attecchì un nuovo centro abitato

chiamato “Terrae Novae”, la futura Novi.

Quando il dominio dei Longobardi finì sotto i colpi delle armate di Pipino il Breve e, finalmente, di Carlo Magno (che divenne loro Re nel 774),

molti soldati Franchi e le loro famiglie penetrarono nella zona. Si verificò nei secoli una fusione di ceppi familiari longobardici e francesi (vinti e

vincitori): i Ballestrasse potevano così convivere pacificamente con i Guasco, gli Aime con i Bajardi, i Repetto con i Soro.

Anche la vicina Liguria divenne meta ambita dai Francesi, date le caratteristiche prettamente mercantili della Superba, con il suo porto già molto

importante ed estremamente favorevole allo sviluppo dei traffici. Ecco che Novi fece propria fin dall’inizio una forte vocazione mercantile di

stampo franco-ligure, che caratterizzerà la sua storia fino ai giorni nostri.

2 – VILLALVERNIA, TERRA DI GUASCONI

Da Carlo Magno in poi, i legami fra l’Italia nord-occidentale e la Francia si rafforzarono fino al sopravvento della Repubblica di Genova, che

dominò la zona dal 1535 (anno di promulgazione degli statuti civili genovesi concessi a Novi) al 1797 (anno del Trattato di Campoformio).

La presenza in Frascheta di numerose famiglie di origine francese è dimostrata anche dall’esistenza d’una località, a dieci chilometri a nord-est di

Novi, che si chiama Villalvernia “città dell’Alvernia”. Se è vero che il toponimo assegnato dal capitano di ventura alverniese Guglielmo De La Tour,

cui Filippo Maria Visconti, duca di Milano, nel 1413, concesse in feudo un piccolo villaggio che sarebbe diventato Villalvernia, è altrettanto vero

che, proprio in quel periodo storico si è accertata per la prima volta la presenza di molti Guaschi, Guasco, Guaschino, Guasconi, vale a dire

“abitanti della Guascogna”, sia a Novi che, più in generale, in provincia di Alessandria.

Cosa c’entra la Guascogna?

Perché il De La Tour costituì un feudo proprio a Villalvernia?

Esisteva forse un legame fra l’Alvernia, terra di provenienza del capitano Guglielmo e la Guascogna? E se sì, quale?

La storia della Guascogna è praticamente quella dell’Aquitania che, con il sud del Poitou Charentes, il Limosino, il sud-ovest dell’Alvernia ed il

Midi-Pirenei, costituisce, da sempre, un’area culturalmente omogenea. Inoltre è da condividere la tesi di Elena Papa, coautrice del “Dizionario

dei nomi geografici italiani” della UTET, che vuole il toponimo Villalvernia legato ad un qualcosa di estraneo alla tradizione locale e,

specificamente quando afferma che: “Non ci sono documenti su cui basarsi per avallare la spiegazione che, escludendo qualsiasi riferimento

all’Alvernia francese (dal nome etnico dei Galli Arveni), propone un tipo “alla verna”, od un’espressione affine, successivamente fraintesa e,

quindi, alterata”.

Appare più probabile una “migrazione” dalla Francia occidentale verso l’Italia dopo il 1203, anno in cui l‘Aquitania fu annessa alla corona

d’Inghilterra, per poi tornare alla Francia nel 1453, finita la “Guerra dei Cent’anni”. In quella circostanza, solo una zona di quell’area, la

confinante Alvernia, riuscì a tenersi fuori dal conflitto rimanendo sotto il regno di Francia.

È verosimile che molti Aquitani si rifugiassero in Alvernia e, successivamente, in alcuni casi, si spingessero in Italia. I profughi, con ogni

probabilità, non provenivano solo dall’Aquitania e dall’Alvernia, ma anche dalla Bretagna, terra da sempre contesa tra l’Inghilterra e Francia,

teatro di battaglie violentissime come, d’altronde, tutta la Francia occidentale.

La prova di ciò sta anche nell’esistenza, in zona, di cognomi bretoni come Malovini (da malovins “abitanti di Saint Malo”), Massone (variante

aferetica bretone dell’ebraico thom “gemello” e del derivato germanico Thomas corrispondente al nostro Tommaso), Robino (ipocoristico bretone

dal germanico hroud-bert, Roberto “illustre”), Soro (da sor, “castano di capelli”).

Tra il X ed il XV secolo la Bretagna conobbe la pace solo per cinquant’anni, durante il trono ducale di Giovanni I, un Capetingio, dal 1237 al

1286. Potrebbe darsi che molti Bretoni, stanchi di impugnare le armi di continuo, in cerca di pace, optassero per l’Alvernia prima ed,

evidentemente, per Villalvernia poi.

Forse fu anche per questo che il capitano Guglielmo De La Tour, alverniese di ferro, nel XV secolo, scelse proprio quel piccolo borgo ligure tra

Novi e Tortona, per fondarvi Villalvernia e raccogliere, in una sorta di “riserva” protetta dal Visconti, i Guasconi, gli Alverniesi ed i Bretoni già

residenti nella piana di Marengo oltre, naturalmente, a quelli al suo seguito. C’era aria di casa per lui dalle nostre parti.

Anche alcuni nuclei di famiglie bretoni dal cognome Gwenn, Guéna, Guenna o Chenna (derivazione scritta della versione fonetica di Guenna

pronunciata con inflessione francese: da Ghennà si arriva a Ghenna e, finalmente a Chenna), potrebbero essersi insediati sia in Frascheta che in

Liguria, mentre il loro cognome potrebbe derivare anche dal toponimo della loro ipotetica terra di provenienza, la Guienna (non è escluso che

anche la Guienna derivi il toponimo dal sumerico guenna, in quanto facente parte di quella zona che fu meta dei Sumeri in fuga dalla

Mesopotamia) e non solo essere un appellativo bretone inerente l’aspetto fisico (bianco: di capelli, di pelle, d’abito…). Ad ulteriore conferma

della tesi che vuole i Guenna presenti in zona già dal XV secolo, esistono, tra Piemonte e Liguria, cognomi derivati dal loro: Brenna (TO),

Chenna (AL), Geuna (TO), Grenna (Acqui Terme), Guenno (TO), Guerina (Casale-Alessandria).

3 – CONCLUSIONI

Dall’analisi fin qui condotta, non mi è dato dimostrare l’esatta origine della famiglia Guenna. So che è celtica, conosco il significato del cognome

e la sua storia, come vedremo, a partire dal XVI secolo, ma non sono ancora in grado di affermare con certezza se la famiglia sia autoctona o

meno.

Le ipotesi sono tre:

1) la famiglia Guenna è di origine bretone, giunta in Italia (Piemonte e Liguria) in pieno Medio Evo per ragioni mercantili;

2) è di origine guascona ed è giunta in Italia tra l’undicesimo ed il quindicesimo secolo (dopo il viaggio di Guglielmo IX d’Aquitania e prima della

costituzione del feudo di Guglielmo De La Tour);

3) è autoctona, data anche l’antica presenza di popolazioni celtiche tra Piemonte e Liguria.

Tutte e tre le ipotesi stanno in piedi, nel senso che non si può dimostrare il loro contrario, ma ciò non è sufficiente. D’altra parte non sono in

grado, allo stato attuale delle cose, di spingermi oltre, se non rischiando di imbastire teorie squinternate e risibili.

Il più lontano riscontro certo è quello di una provenienza della famiglia Guenna dalla città di Camogli agli albori del XVII secolo, quando giunse a

Novi Bartolomeo Guenna (1A) “detto il camoggino”. Ma è anche certa la presenza di Chenna e Guenno in Piemonte in data anteriore. Come

anche l’esistenza di toponimi con etimo identico a quello del cognome Guenna (Benevagienna, Genova, Cantavenna, Albenga, Isuenna…) in

Piemonte ed in Liguria.

Liguri e Piemontesi dunque.

Sì, e viene spontaneo affermare che, in fondo, a distanza di quattro secoli, la realtà della famiglia Guenna, oggi, non è poi cambiata molto (i due

attuali ceppi italiani sono infatti rimasti in Piemonte ed in Liguria).

GWENN-PARTE SECONDA

LA STORIA DELLA FAMIGLIA GUENNA

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CAPITOLO QUARTO

I DOCUMENTI

1 – UN TESORO IN PARROCCHIA

Ho consultato tutti i registri delle tre parrocchie principali di Novi, le uniche fino all’Unità d’Italia. Seguirono, ai primi del 1900, quella della Pieve,

prima facente parte della Parrocchia di San Pietro; intorno al 1950 si aggiunse quella del Santuario di Sant’Antonio di viale Rimembranze e, negli

anni settanta, quella del Sacro Cuore, mentre la Insigne Chiesa della Collegiata ha sempre fatto parte della parrocchia di Sant’Andrea. La

maggior parte del materiale è stata rinvenuta in San Nicolò ed in Sant’Andrea, mentre per la parrocchia di San Pietro, mi è sufficiente riportare i

dati che vado ad elencare.

________________________________BATTESIMI IN SAN PIETRO:

Libro 12°, pagina 209, n. 1941 Guenna Jacopo Andrea 1743 Ib. p. 64: 1) 6/5A

Libro 14°, pagina 91, n. 1001 Guenna Dom. Giuseppe 1785 Ib. p. 69: 7D

Libro 15°, pagina 25, n. 3468 Guenna Anna Maria 1803 Ib. p. 67: 10/1) 7/6A

Libro 15°, pagina 271, n. 3658 Guenna Saverio 1804 Ib. p. 69: 7/6G

Libro 16°, pagina 82, n. 105 Guenna Maria Germana 1805 Ib. p. 67: 11/2) 7/6A

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DEFUNTI IN SAN PIETRO:

Libro 12°, pagina 48, n. 1006 Guenna Giov. Battista 1747 Ib. p. 83: 3E

Libro 12°, pagina 49, n. 1012 Guenna Maria Cattarina 1747 Ib. p. 83: 3/2C, 6°

Libro 12°, pagina 141, n. 3034 Guenna Maddalena 1765

Libro 12°, pagina 144, n. 3120 Guenna Maria Francesca 1767

Libro 12°, pagina 220, n. 4559 Guenna Dominica 1779 Ib. p. 90: 6/5C, 3°

Libro 12°, pagina 229, n. 4698 Guenna Gius. Maria 1780 Ib. p. 92: 7/6A, 8°

Libro 13°, pagina 13, n. 294 Guenna Catterina in Corte 1792

Libro 13°, pagina 49, n. 1068 Guenna Maria di Andrea 1803 Ib. p. 92: 7/6A, 1/10°

Libro 13°, pagina 64, n. 1427 Guenna M. Germana di And. 1806 Ib. p. 92: 7/6A, 2/11°

DEFUNTI ALL’OSPEDALE – PARROCCHIA SAN PIETRO:

Libro 13°, pagina 2, n. 54 Guenna Maria Antonia 1789 Ib. p. 86: 5/4B, 12°

Libro 13°, pagina 8, n. 224 Guenna Pietro di Gius. 1793 Ib. p. 90: 6/5C, 6°

Libro 13°, pagina 11, n. 317 Guenna Barbara di Ant. 1795 Ib. p. 89: 6/5A, 3°

Libro 13°, pagina 38, n. 1156 Guenna Maria 1805

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MATRIMONI IN SAN PIETRO:

GUENNA NICOLÒ (5B) CATTARINA NORESA 1743

GUENNA NICOLÒ (5B) ISABELLA SONSINO 1749

GUENNA SAVERIO (5E) MARIA TERESA MORELLI 1754

GUENNA BONAVENTURA (4F) MARIA IPPOLITA SCOTTO 1755

GUENNA GIOVANNI (6D) ANNA MARIA RIZZO 1795

GUENNA ANDREA (6G) TERESA SANSEBASTIANO 1802

Tuttavia, come già detto, è nelle parrocchie di San Nicolò e di Sant’Andrea che s’è rinvenuta la quasi totalità del materiale necessario allo scopo.

Evidentemente, la famiglia Guenna, fin dal suo primo insediamento, a parte qualche spostamento temporaneo, ha sempre risieduto, entro le

mura, nell’ambito dell’area delimitata da Porta Pozzolo a nord, fino all’attuale piazza Dellepiane a sud, su su verso Porta Cavanna (l’attuale Porta

Genova), da via del Fosseto (l’odierna via Giacometti) ad est, fino alle mura di cinta ad ovest.

Erano le ore 9 del 14 agosto 1986, con mio padre entrai nella sacrestìa di San Nicolò ed insieme ci “tuffammo” nell’archivio parrocchiale,

consapevoli del fatto che stessimo per mettere le mani su una marea di dati fondamentali alla soluzione di un rebus secolare. Un calice di verità,

che poteva essere anche amaro.

2 – “GUENNA O GOVERNA CHE SIA”

L’unica traccia alessandrina inerente il cognome Guenna è stata, fino a questo punto, rinvenuta in uno degli annali del Ferretto: “Arturo Ferretto,

documenti genovesi di Novi e della Valle Scrivia (946-1230)”, edito dalla “Biblioteca della Società storica subalpina”, diretta da Ferdinando

Gabotto, Pinerolo. Stampato in Asti, tipografia Brignolo, nel 1909, conservato nella Biblioteca Comunale di Novi Ligure, dove sono elencati i

nominativi dei residenti a Novi ed in Valle Scrivia che hanno prestato i vari giuramenti di fedeltà ai rispettivi feudi o autorità comunali di cui

facevano parte i territori da loro abitati. Compaiono molti Governa ed un Arnaldus Vena al paragrafo CCCXVIII a pagina 242, dove si legge fra

l’altro: “Il Marchese Ottone del Bosco (l’attuale Boscomarengo n.d.a.) e Guglielmo, suo figlio, anche a nome dei figli del fu Bonifacio di Pareto,

cedono al Comune di Alessandria i castelli e le ville di Capriata, Ussecio (una località tra Novi e Boscomarengo n.d.a.), Maranzana (tra gli attuali

Mombaruzzo e Cassine n.d.a.), Cartosio, Pareto (vicino a Spigno Monferrato n.d.a.), Ponzano (vicino a Moncalvo n.d.a.), Montecucco e ne

ottengono l’investitura. 29 Gennaio 1218”. Il Marchese Ottone, probabilmente, ottenne l’investitura dalla comunità dei cittadini anziché dal

Principe o dal Duca, essendo, in alcune zone d’Italia, cambiata la prassi, alla luce delle profonde trasformazioni amministrative in atto grazie

all’epoca dei Comuni.

Così, come fu possibile tramandare oralmente cognomi storpiati rispetto alla forma originaria, come Vena per Verna, altrettanto, pur nei più

recenti libri parrocchiali, ci si trova talvolta in presenza di storpiature di Guenna come Guienna, Gouenna, Governa o altri.

Riporto i testi dei documenti rinvenuti a tal proposito.

Volume 4°, pagina 160, n. 1046: “Vincenzo figlio di Bartolomeo Guienna da Camoggi e Giacomina iugati, è stato battezzato da me rettore

Andrea Maino, madrina Giacomina Moscatola. Nato hoggi 2 marzo 1624”.

Volume 4°, pagina 204, n. 1346:

“Antonio figlio di Bartolomeo Guina di Camoggi et Giacomina iugati è stato battezzato dalla allevatrice

Bianchina a premorto (omissis) il 21 ottobre 1627”.

Volume 4°, pagina 268, n. 1753: “Nicolao figlio di Bartolomeo Guena (omissis) 17 marzo 1632”.

Volume 4°, pagina 320, n. 2129: “Nicolao figlio di Bartolomeo Guìna (omissis) 5 ottobre 1635”.

Vol. defunti, pagina 92, n. 1635:

“Adì 28 luglio Nicolao figlio di Bartolomeo Guina detto il Camogino (omissis)”.

Esistono inoltre degli indici generali inerenti i vari registri tenuti dai parroci per i matrimoni, i decessi o i battesimi, ove sono elencati i vari

appartenenti alla famiglia Guenna.

Il cognome Guenna è riportato esattamente negli indici finali, mentre nei singoli atti, cui si fa riferimento nell’indice stesso, possono rilevarsi

registrazioni errate.

Ciò perché, mentre gli atti sono scritti velocemente, sul momento, gli indici sono stilati di tanto in tanto, con la dovuta calma e maggiore

precisione.

INDICE GENERALE LIBRO 5° IN SAN NICOLÒ:

INDICE DOCUMENTO

1) Antonio Guenna o Governa che sia,

“Antonio di Vincenzo-2A (Governa 27.08.1659 n.d.a) et Cattarina…”

.

INDICE GENERALE LIBRO 6° IN SAN NICOLÒ:

INDICE DOCUMENTO

1) Giuseppe Guenna “Giuseppe di Antonio (3A) Goenna/Governa e

Antonia Jugati, è stato battezzato da me Don Gioanni Giordano Com. Anna Maria Gagliara, nato oggi 15 luglio 1689”, pagina 250, n. 2521.

2) Giuseppe Guenna (4A) “Giuseppe di Antonio Gouenna/Governa e Antonia

Jugati, è stato battezzato da me Rettore Giovanni Agnese, Comp. Nicolò Gouenna (3B), Lucretia Mazarda, nato oggi 15 maggio 1690”, pagina

258, n. 2631.

3) Maria Cattarina Guenna “Maria Cattarina di Nicolò Gouenna (3B) e Lucretia

Jugati, è stata battezzata da me sud. ° comp. Antonio Priora. Comp. Bianca Maria Bomba. Nata oggi 23 agosto 1694”, pagina 295, n. 3070.

4) Maria Catterina Guenna “Maria Catterina di Antonio Gouenna (3A) ed

Antonia Jugati, è stata battezzata da me sud. ° comp. Gio Batta Montaldo. Com. Francesca Maria Fossata. 10 luglio 1695”, pagina 304, n. 3178.5) Giacomo Guenna (4B) “Giacomo di Antonio Gouenna (3A) di Vincenzo

(2A) e Antonia Jugati, è stato battezzato da me suddetto comparente Contardo Fanetto, comparente Angela Maria Zola. 26 giugno 1697”,

pagina 325, n. 3413.

6) Antonio Maria Guenna “Antonio Maria di Nicolò Gouenna (3B) e Lucretia

Jugati è stato battezzato da me suddetto, comparente Nicolosio Tagliafico, comparente Margaritta Zanetta. 30 agosto 1697”, pagina 326, n.

3425.

7) Maria Antonia Guenna “Maria Antonia di Andrea Gouenna (3C) e Barbara

Jugati è stata battezzata da me suddetto, comparente Giuseppe Mazza, comparente Francesca Bidona. 25 marzo 1699”, pagina 334, n. 3612.

8) Giacomo Andrea Guenna (4C) “Giacomo Andrea di Nicolò Gouena (3B) e

Lucretia Jugati, è stato battezzato da me Rettore. Comparente Andrea Gouenna. Comparente Giulia Maria Cavanna. 9 novembre 1700”, pagina

358, n. 3764.

9) Giuseppe Guenna “Giuseppe del quondam Giusepe (sic) Gouenna

(4A) e Isabella Jugati è stato battezzato da me Rettore. Comparente Maria Consaponte. Comparente Lucia Cattarina. 14 marzo 1702”, pagina

376, n. 3943.

Per soffermarci sul fenomeno delle storpiature del cognome Guenna, abbiamo due cognomi precisi e differenti: Governa e Vena. Quali le

possibili affinità con il cognome in esame?

Governa presenta due differenze rispetto a Guenna: una, aferetica, mancando la u all’inizio (Gov anziché Gu); l’altra per apocope, mancando

una n alla fine (rna anziché nna).

Vena appare più affine, in quanto la V iniziale rappresenta un significativo retaggio celtico rimasto invariato e che fa di Vena il fondamentale del

derivato italico Guena.

D’altronde si potrebbe anche affermare che Vena, Guenna e Governa, possano derivare da un primordiale comune Verna che in celtico

significava “ontano”, cioè un albero.

Verna, Guenna e Governa sarebbero state più o meno la stessa cosa, con la sola differenza che Governa, in forza del prefisso go dal prelatino

gon “altura, monte”, stava per: “monte degli ontani”, mentre Verna e Guenna per: “bosco degli ontani” o qualcosa del genere. L’interpretazione

s’attaglia di più a Verna e Governa, meno a Guenna. È certo, peraltro, che i cognomi Guenna e Governa abbiano mantenuto una loro identità nel

tempo e, a tutt’oggi esistano, nel novese, ceppi di famiglie Guenna e ceppi di famiglie Governa. La distinzione resta e le famiglie, fino a prova

contraria, sono fra loro estranee. È dimostrato altresì che molti cognomi si siano sovrapposti graficamente nel corso del XVII secolo per poi

distinguersi nuovamente e definitivamente.

Molto probabilmente, fu dal XVII secolo che si iniziò a fare un po’ d’ordine nei registri parrocchiali (per data ed in ordine alfabetico) al fine di

sistemare l’affastellamento di tutti i documenti, ciò comportando anche qualche errata interpretazione grafica dei cognomi stessi, dovuta

essenzialmente ai frequenti passaggi di mano. D’altronde, pare certo che la famiglia Guenna giungesse in città solo verso la fine del XVI secolo

e, dalla prima registrazione, quella del Battesimo di Vincenzo (2A) figlio di Bartolomeo (1A – detto il camoggino) del 1624, fino alla seconda

metà del ‘600 il cognome è trascritto male, oggetto di ripetute storpiature, dieci in tutto (successivamente scomparse), a dimostrazione del fatto

che vi fu una certa imprecisione da parte dei registranti, messi fuori strada dalla concomitanza di molte famiglie Governa, presenti in città prima

della stessa famiglia Guenna.

Inoltre, negli elenchi del 1589 dove compaiono “… gl’habitatori di Nove, che si ritrovano habili ad esser di Consiglio”, i Governa sono trascritti in

modo chiarissimo mentre dei Guenna neppure una traccia. Le ipotesi sono due: o i Guenna non erano abili ad essere di consiglio, oppure non

erano giunti ancora a Novi.

È certo che, sia gli Statuti concessi da Genova a Novi nel 1535, che gli elenchi del 1589, costituiscano la prova incontrovertibile dell’allora attiva

collaborazione tra la Superba e Novi ed il primo segno dell’ingresso della città sotto la dominazione ligure. È molto facile che la famiglia Guenna,

di provenienza ligure, si insediasse a Novi solo alla fine del ‘500, per una serie di vantaggi economici. Infatti, essendo molto probabilmente dei

mercanti, i Guenna valutarono positivamente il fatto che Novi fosse un attivo porto franco delle merci provenienti da Genova (non aveva cioè

dazi né in entrata né in uscita) e si poneva come mercato di riferimento per tutto il territorio che dagli Appennini andava al Po ma, soprattutto,

perché la città era divenuta sede, dal 1621, della Fiera di Cambio (ibidem, pagina 34).

CAPITOLO QUINTO

GUENNA E NOVI

1 – NOVI: UNA DIGNITÀ ANTICA

In epoca barocca, tra il ‘500 ed il ‘700, Novi, nonostante la peste della metà del 1600 (che, per la verità la sfiorò soltanto, colpendo invece la

vicina Gavi) ed il regresso politico e civile conosciuto da molti centri del Piemonte e della Lombardia, godette di un periodo aureo e risultò

essere un centro laborioso ed all’avanguardia in molti campi. Fiorirono i setifici, le tipografie (non dimentichiamoci che Nicolò e Francesco

Girardengo, con la “Summa Baptistiana” del 1486, risultarono tra i primi tipografi italiani), le falegnamerie e perfino le piccole officine

siderurgiche. La crescita fu favorita anche dalla nuova strada che, ancora oggi, porta a Gavi (la Molarola), terminata nel 1638, che rese molto

più agevoli i collegamenti con Genova. Per la sua realizzazione si mobilitarono schiere di cavatori, muratori, pontieri, falegnami e manovali che, a

strada finita, si fermarono e contribuirono ad incrementare lo sviluppo della città che, nel giro di appena mezzo secolo, si ingrandì del 50%,

passando dai 3000 abitanti registrati sul finire del 1500 ai 4500 del 1650. Fino alla fine del XVIII secolo, crebbe costantemente, passando dai

6000 residenti dell’inizio del ‘700, ai 9000 degli albori del XIX secolo, divenendo addirittura sede di una fiera di cambio, una sorta di borsa valori

del tempo, una camera di compensazione finanziaria per crediti e debiti, di valutazione e bollatura delle monete, di quotazione e scambio di

merci. Durò fino al 1692, quando le banche prima e la stessa Borsa Valori poi, la soppiantarono.

Nel 1708 fu capoluogo di provincia del distretto dell’Oltregiogo di Genova; nel 1745 sede della quarta Loggia Massonica Italiana (che, dal 1810,

passando sotto il Grande Oriente di Francia, prese il nome di R.L. “La Confiance”), dopo quelle di Firenze (1732), Roma (1735), Napoli (1744)

precedente addirittura quella di Torino del 1765, Loggia “Saint Jean de la Mysterieuse”. Confermata capoluogo di provincia della Repubblica

Ligure nel 1797, comprendente i cantoni di Gavi, Parodi, Voltaggio, Serravalle ed Arquata ed anche sotto i Savoia, con Regio Editto del 7

novembre 1818 che le attribuiva l’amministrazione, fra gli altri, dei paesi di Pozzolo, Serravalle, Stazzano, Borghetto, Torre Ratti, Molo, Volpara,

Carrega, Mongiardino, Grondona, Fiaccone, Molini, Alpe di Marcarolo, Casaleggio, Lerma, Silvano, Prato Arborato (l’odierna Pratalborato),

Capriata, Basaluzzo e di altri centri minori per un totale di 36 comunità, divise nei sei mandamenti rispettivamente di Novi, Gavi, Serravalle,

Rocchetta, Capriata e Castelletto. Tra il 1840 ed il 1870, era un vivace nodo mercantile e finanziario, meta di molti uomini d’affari che venivano

in città dai centri più importanti del nord Italia ed annoverava dieci alberghi, undici caffè (bar), venticinque osterie; esistevano inoltre ben 69

filande che occupavano 3389 operai, otto industrie tessili, due concerie, due cererie, un saponificio, tre tintorie, due industrie di vasellame, una

di mattonelle, una meccanica, sei fornaci. Se Torino, nel 1702 con 44.000 abitanti era sette volte e mezza più grande di Novi, oggi la è ben 33

volte. Tuttavia, l’evoluzione urbanistica delle città non è una questione semplicemente e puramente numerica e dimensionale ed è anche

possibile che lo sviluppo di un’area geografica tocchi una zona anziché un’altra, per una serie di motivi che ineriscono gli avvenimenti storici,

l’ubicazione, le scelte politiche. Gli è che Novi, dopo aver conosciuto una crescita poderosa, non seppe approfittare dello sviluppo economico

piemontese dell’ultimo secolo (in pratica dall’Unità d’Italia in poi). La nuova provincia di Alessandria voluta da Urbano Rattazzi penalizzò Novi ed

il boom conosciuto da Torino, costituì un nuovo, formidabile polo economico e produttivo che finì per assorbire molte energie della regione,

sottraendole al basso Piemonte, finendo per condannare anche la città di Novi, già cerniera fra l’economia genovese e quella continentale, ad un

lento quanto ineluttabile declino.

2 – IL PERIODO AUREO (1723-1864)

Da subito la famiglia Guenna risultò attestata tra i ceti più abbienti della città. Andrea Guenna-6G (estraneo all’attuale discendenza novese)

verso la fine del 1700 fu proprietario di casa Negrotto (da non confondere con il palazzo Cambiaso-Negrotto di via Girardengo, oggi palazzo

Dellepiane, attuale sede di alcuni uffici del Municipio di Novi), un bel palazzotto di tre piani, tuttora in piedi, posto all’incrocio tra la via Nuova

(via Monte di Pietà) e la contrada Cavanna (via Cavanna), come risulta dall’inventario successivo il suo testamento, avvenuto appena dopo il

decesso del 9 agosto 1819 e rogato a Novi dal notaio Carlo Antonio Foglia. Antonia Guenna (estranea alla discendenza novese) figlia di Nicola

(7A), moglie di Andrea Fossati, acquistò per 171 Luigi d’Oro (25-30 milioni di oggi) una parte di immobile di via Dominio, dai fratelli Francesco

ed Angelo Robbiano, con atto di vendita stipulato lunedì 27 maggio 1839. Dal XVIII secolo, la famiglia Guenna si divise in due rami, quello diGiuseppe Maria (5C) 1733-1795 e quello di Nicola Benedetto (5B) 1724-1767, figli di Giacomo Andrea (4B) e di Bartolomea Cavanna. Entrambe

le discendenze vantavano insigni antenati essendo scaturite dal matrimonio tra Nicolò Guenna (3B) 1669-1730 e Lucrezia Mazarda. Dei Mazarda

(famiglia oggi scomparsa a Novi) si legge ripetutamente negli atti notarili di compravendita, segno che la famiglia era benestante e disponeva di

terreni e di sufficiente denaro per acquistarne di nuovi. La famiglia Mazarda, o Massarda, (di probabile origine ebraica, da massà “predica”),

costituì pochissimi nuclei ed il capostipite sembra essere un certo Rufinus Mazardus, figlio di “madonna Bona di Pelle” (anche gli antroponimi

Bona e Bono, a Novi, sono diventati cognomi israelitici) che, il 24 agosto 1191 vendette quattro staia di terra in San Fortunato, parte di bosco ed

un’isola sul torrente Lemme nella grangia di Bassignana (che non ha nulla a che vedere con l’altra Bassignana sul Tanaro a nord-ovest di

Alessandria), in cambio di un cavallo; testimone “Presbiter Lanfrancus Sancti Nicolai” ovvero il presbitero Lanfranco della Parrocchia di San

Nicolò. Nonostante l’esiguità della sua consistenza numerica a Novi, la famiglia Mazarda vantò un esponente eletto nel consiglio cittadino, tale

Cesare Mazardo nel 1589.

Dopo Lucrezia Mazarda fu Giacomina Grecha a cedere al fascino di Giovanni Battista Guenna (3E). Anche dei Greca o Grecha (altra famiglia

ormai scomparsa a Novi) abbiamo sporadiche notizie in quanto, come per i Mazarda, si annoverano pochissime famiglie novesi e, di

conseguenza, tutte strettamente imparentate fra loro. Capostipite sembra essere un certo Bergognone Greca o Grecha, signore e proprietario

terriero di boschi e terreni a sud di Novi e fratello di quel Guglielmo detto “il Buriolo”, di cui si fa cenno per la prima volta in una compravendita

del 28 agosto 1263. Anche la famiglia Grecha (anche Crecha, Creca, Crecca) era presente nel supremo consiglio cittadino con Guglielmo Crecca

nel 1589.

Altro matrimonio di rango quello tra Giacomo Andrea Guenna (4B) e la nobildonna Bartolomea dei Cavanna di Castel Gazzo, Vassalli della Curia

di Gavi, portata all’altare nel 1723 e da cui avrà ben dodici figli.

Ecco le citazioni inerenti i precedenti illustri della famiglia di Bartolomea Cavanna, fino al 1356:

1135 – Uberto della Cavanna, console; Rainardo, Oddo (dalla carta del 1135).

1188 – Rainerio della Cavanna (Cartari di Rivalta, vol. II, pag. 195).

1192 – Bellingerio della Cavanna, console (Cartario dertonino, alla Carta Novarum, pag. 51).

1197 – Giacomo della Cavanna, Rufino, Bellingerio (ibidem, pag. 72).

1199 – Giacomo della Cavanna (ibidem, pagina 83).

1202 – Rufino della Cavanna, vice console, Giacomo della Cavanna (Cartari di Rivalta, vol. I, pag. 410).

1202 – Giacomo della Cavanna (ibidem, pag. 83).

1202 – La famiglia Cavanna, Vassalla della Curia di Gavi (Ferretto, vol. I, pag. 404).

1203 – Giacomo della Cavanna, Rainero (Cartari di Rivalta, vol. I, pag. 404).

1207 – Rainero della Cavanna (Cartari di Rivalta, vol. I, pag. 95).

1210 – Rainero della Cavanna (ibidem, vol. I, pag. 217).

1218 – Rainero della Cavanna (ibidem, vol. I, pag. 417).

1229 – Rainero della Cavanna (ibidem, vol. II, pag. 220).

1233 – Rainero della Cavanna (ibidem, vol. II, pag. 8).

1233 – Rainero della Cavanna (ibidem, vol. I, pag. 86).

1239 – Giacomo della Cavanna (ibidem, vol. II, pag. 232).

1244 – Guglielmo della Cavanna (Cartario dertonino del Giabotto, pagg. 217 e 226).

1245 – Giacomo della Cavanna (Ferretto, vol II, pagg. 115-116).

1248 – Guglielmo della Cavanna (Ferretto, vol. II, pag. 125).

1256 – Eredi di Rubaldo della Cavanna (Cartari di Rivalta, vol. II, pag. 230).

1272 – Giacomo della Cavanna (ibidem, vol. II, pag. 215).

1275 – Giacomo della Cavanna (ibidem, vol. II, pag. 215).

1356 – Vincenzo e Giacomo della Cavanna (doc. Capurro, pag. 73).

Il novero dei Cavanna rinvenuti nei documenti notarili e pubblici in genere, continua con i Cavanna abili ad essere di consiglio, dagli Statuti Civili

del 1535, elenco del 27 giugno 1589.

Capitano Matthia Cesare

Bernardo qd Marcio Andrea Marci Baccallo

Marc’Antonio qd Jo. Francesco Horatio qd Alfonsi

Giovanni qd Giovanni Giacomo Georgio

Giorgino Francesco qd Spinini

Giovanni Francesco qd Ludovico Francesco Rufeneli

Evangelista qd Rorchi Alberto qd Sp. Thome

Christofforo Antonio Ludovico Jo. Francisci

Sigismondo Stefano Georgij

Hippolito Antonio Francesco

Già nel 1690, come si evince dal libro catastale dell’archivio comunale di Novi Ligure inerente il periodo di riferimento, i Guenna maschi

residenti a Novi, registrati sotto la lettera “G” con l’appellativo “Guena”, furono tutti proprietari terrieri. E non appare neppur di poco conto che,

al matrimonio fra Antonio Guenna (3A) ed Antonietta Bianca, avvenuto l’11 aprile 1689, fosse comparso come testimone Carlo Romagnano,

nobiluomo e latifondista in frazione Merella (nella zona tra Novi e Villalvernia), capostipite novese dell’insigne famiglia imparentata con i

Pernigotti nonché proprietario dell’apprezzabile cascina “Gerola”, un gradevole castelletto in stile tardo medioevale francese, con le sue belle

quattro torri rotonde ai quattro angoli, tuttora abitato, pur se meritevole di un robusto restauro. Ebbene, se al matrimonio di Antonio Guenna fu

invitato Carlo Romagnano, addirittura in veste di testimone, è del tutto evidente che, già nella seconda metà del XVII secolo, la famiglia

Guenna, appena pochi anni dopo il suo insediamento in città, poteva già contare su amicizie influenti e di rango elevato, segno evidente che a

quel rango apparteneva già prima di venire a Novi. Il figlio di Giacomo e Bartolomea Cavanna, Giuseppe Maria (5C), sposò nel 1780, in seconde

nozze, un’altra benestante, Maddalena Anfosso (anche gli Anfosso furono feudatari di Castel Gazzo, alternandosi ai Cavanna).

Anfosso abili ad essere di consiglio dall’elenco del 27 giugno 1589.

Dominico Andrea Giorgio qd Joannes

Pietro Giovanni Giacomo

Oberto Alessandro

Danielle (sic) Giorgino

Bartholomeo

L’ennesimo “bel matrimonio” fu tra Domenico Giuseppe (7D) e la genovese Maria Giannelli nel 1805. Della famiglia Giannelli si parla tra il

1226 ed il 1228 per una questione di confini (Trucco, antiche famiglie novesi, pagine 442 e seguenti), con specifico riferimento ad Alexandrius,

Albericus ed Obertus proprietari terrieri oltre Novi, verso Genova.

CAPITOLO SESTO

L’ENIGMA DI PALAZZO SPINOLA

1 – ANDREA GUENNA (8C) E LA FAMIGLIA RIVARO

Andrea Guenna (8C) nacque a Novi Ligure alle ore 11 del 19 ottobre 1806. A pagina 94, n. 767 del libro inerente il periodo, in San Nicolò, si

legge: “… bambino nato oggi alle 11 circa, da Giuseppe Guenna (7D) (di n.d.a.) Giacomo Andrea (6E) nella Parrocchia di San Pietro nato e da

Maria Felice Giannelli Guglielmina (di Guglielmo n.d.a.), nata a Genova, sua moglie, della stessa Parrocchia, a cui è stato dato il nome di

Domenico Andrea. Padrino fu Giacomo Andrea Guenna (suo nonno – 6E – n.d.a.) di questa Parrocchia.

La storia recente dei Guenna si lega a quella di Palazzo Spinola, sito al N. 37 dell’attuale via Marconi (al tempo, Contrada delle Monache 12), cherisale alla fine del 1500 e che, fra gli autori che se ne sono interessati, Carlo Ceschi lo definisce di scuola genovese.

Ne divenne proprietario Antonio Rivaro, un imprenditore di Novi, titolare dell’albergo e ristorante “l’Aquila Nera” in via del Fongino (o del

Funghino, attuale via Don Minzoni) della contrada Cavanna (con ogni probabilità si tratta del fabbricato sito nella piazzetta posta all’incrocio fra

le attuali via Paolo da Novi, Via Monte di Pietà e via don Minzoni), di una filanda con otto fornetti e 19 dipendenti e di un’attività commerciale

all’ingrosso (è degna di nota la vendita effettuata da Antonio Rivaro di ben 200 forme di cacio piacentino a favore del signor Francesco Pizzorno

di Novi, come si evince dall’atto effettuato in presenza del notaio Pietro Giuseppe Foglia l’undici gennaio 1836, Archivio di Stato di Alessandria,

pagina 39, n. 10). Il Rivaro acquistò l’immobile dai fratelli Carlo e Nicolò Pacchiarotti, proprietari subentrati agli Spinola nel 1819 (come risulta

dalla cauzione versata come anticipo a favore della Marchesa Maria Giovanna Luigia Catterina Spinola, venditrice, tratta dall’atto rogato dal

notaio Carlo Antonio Foglia il 30 marzo 1819, conservato negli uffici di insinuazione – un brutto nome per indicare l’Ufficio del Registro dell’epoca

– del comune di Novi Ligure, Archivio di Stato di Alessandria).

Antonio Rivaro sarebbe divenuto il suocero di Andrea Guenna (8C), che portò all’altare sua figlia Gerolama, ancora sedicenne, la domenica

immediatamente successiva la festa della Madonna della Neve, il 7 agosto 1831. Fu certamente un matrimonio d’interesse, per cui il Rivaro se la

cavò con poco, concedendo solo una dote di 50 Luigi d’Oro (del valore cadauno di Lire 20) e di 419 “Nuove Lire Piemontesi” (così infatti venne a

chiamarsi la moneta corrente, dopo il passaggio di Novi dalla Repubblica Ligure, già Repubblica di Genova, al Regno di Sardegna nel 1815,

deliberato dal Congresso di Vienna), oltre al corredo ed a gioielli vari (per un totale stimato intorno ai quindici milioni di lire odierne), come

risulta dal Dotale sottoscritto dalle parti (Antonio Rivaro anche per conto di Gerolama, sua figlia minorenne, Domenico Giuseppe-7D – ed Andrea

Guenna-8C-) il 5 febbraio 1831 “… alla sera, accesi i lumi opportuni nella città di Nove… (si suppone fossero più o meno le cinque e mezzo del

pomeriggio), in una sala dell’albergo del Rivaro. Come vedremo più avanti, fu solo il Guenna a pagare il fio, mentre dall’atto stipulato davanti al

Notaio Pietro Giuseppe Foglia, risulta, altresì che i Guenna non erano proprietari di nessun immobile.

Alla morte di Antonio del 1864, la figlia Gerolama Rivaro ereditò la parte di Palazzo Spinola di contrada delle Monache (via Marconi) che già da

anni abitava con la famiglia. Dopo qualche anno, con una scrittura privata, registrata il 15 luglio 1867 al n. 326 in Novi Ligure, fu affittato per un

periodo di vent’anni l’ultimo piano del palazzo alla “Società Patriottica di Mutuo Soccorso degli Operai di Novi Ligure”.

In forza dell’atto di accettazione dell’eredità da parte degli aventi diritto, i sei figli e la moglie Francesca Morando, tornò d’attualità quel dotale

del 1831, nella parte in cui, al punto quattro, si legge “… venendo il caso di restituzione del tutto a termini delle vigenti leggi, li detti padre e

figlio Guenna in solido previa dichiarazione di non possedere alcun immobile, obbligano quindi ed ipotecano i loro beni tutti, tanto mobili che

immobili, presenti e futuri…”

.

Abbiamo visto che la dote ammontava a circa quindici milioni di lire odierne ed appare evidente che, data l’attività di mediatore di Andrea

Guenna, costituissero una cifra per lui modesta, il guadagno di un paio d’operazioni immobiliari, due mesi di lavoro in tutto. Ma allora perché il

Rivaro pretese tanto? Cosa dava in cambio al Guenna per una cifra, è proprio il caso di dirlo, incalcolabile? Si suppone che il Guenna sia entrato

in società e che fosse destinatario del 20% (dato che doveva dividere con altri quattro figli di Antonio Rivaro; e qui la conferma viene dalla

tradizione orale della famiglia Guenna che vuole Andrea, oltre che mediatore, anche commerciante all’ingrosso di derrate alimentari) e che, non

potendo conferire subito garanzie a tutela della sua quota (i mediatori, da che Mondo è Mondo, lucrano sulle provvigioni o intermediazioni che

dir si voglia, ma non acquistano quasi mai gli immobili da vendere per non appesantirsi di oneri finanziari e, tanto meno, per non tenere fermo il

denaro che, invece, deve scorrere velocemente, per la rapidità necessaria alla chiusura delle trattative in corso), si impegnò per il futuro.

In fondo l’affare l’avevano fatto entrambi: il Guenna diventava proprietario di un bel pezzo d’azienda, mentre il Rivaro scalava in un balzo molti

gradini della scala sociale. I Guenna, infatti, nei documenti furono sempre definiti “benestanti” (come anche nell’anagrafe novese, almeno fino al

1871, nel libro 3° al paragrafo 329) per cui è facile immaginare che tutti considerassero un “affare” avere interessi con loro.

Antonio Rivaro favorì il matrimonio accogliendo il Guenna come genero e come socio ma, da buon genovese, pretese quelle garanzie.

Esattamente nove mesi e cinque giorni dopo la data del matrimonio tra Andrea Guenna e Gerolama Rivaro, nacque l’unico figlio, Giuseppe

Guenna (9A) che, trentenne, avrebbe poi preso in moglie Luigia Traverso, sempre di famiglia benestante, proprietaria del Palazzo Tursi ubicato

nell’attuale via Gramsci (di fronte al collegio San Giorgio), casa natale del drammaturgo novese Paolo Giacometti, nato nel 1816 (ricordo le

sorelle Traverso, le cugine di mio papà ormai molto anziane, abitare ancora, verso la fine degli anni sessanta, l’ultimo piano del palazzo).

Il matrimonio di Giuseppe Guenna (9A) fu registrato in San Nicolò e riporta l’avvenuto sacramento fra Giuseppe Guenna (di Andrea e Gerolama

Rivaro) e Luigia Traverso (di Domenico e Giustina Cipollina). Testimoni Pietro Zavaglia (garibaldino ed industriale) di Novi e Luigi Gardino,

appartenente ad una solida famiglia della piccola borghesia torinese, impiegato alla stazione ferroviaria di Novi.

Nel libro terzo dell’archivio comunale, a pagina 329, si legge che casa Rivaro di contrada delle Monache 12 era abitata da “Andrea Guenna fu

Giuseppe, di professione mediatore, dalla consorte Gerolama Rivaro fu Antonio, dal figlio Giuseppe Guenna, maestro di musica, da sua moglie

Luigia Traverso fu Domenico con la prole, oltre alla governante Maria Sajo di Giuseppe”.

2 – UN MISTERO LUNGO 127 ANNI

Devo confessare che a questo punto volevo smettere, non mi interessava indagare più di tanto. Ritenevo sufficiente riportare i fatti principali,

dando le coordinate genealogiche e terminare il lavoro.

Ma successe un fatto che mi insospettì e mi spinse a continuare.

Era l’estate del 1992 quando mi recai nel convento delle Suore Pietrine in via Marconi in cerca di qualche notizia storica inerente il Palazzo

Spinola. Mi presentai, ma la suora che mi venne incontro fece finta di non conoscermi nonostante ci fossimo visti altre volte. Spiegai il motivo

della mia visita e notai in lei un attimo di timore. Fece per girarsi e tornarsene in portineria. La fermai ed insistetti: “Volevo solo sapere se posso

consultare i documenti inerenti la proprietà del palazzo”.

“Non saprei” mi rispose evasiva. Sembrava volesse nascondere qualcosa e tentò di farmi credere di non aver tempo da perdere. Resistetti: “Mi

serve solo l’atto di vendita di Gerolama Rivaro…

.

“Ge-ro-la-mo – scandì la suora, interrompendomi – non Gerolama Rivaro”.

Se ne andò impettita col nasino ritto, dopo essersi avvolta in una piroetta a piedi uniti, le diafane manine strette in grembo, procedendo lesta

verso la portineria con passetti corti e nervosi.

Pronunciò un perentorio “buon-gior-no” con una voce talmente acuta e potente, che rimbombò nell’androne del palazzo.

Poi sparì. Non mi restò che andarmene.

Perché tutta quella agitazione, quella preoccupazione di specificare a tutti i costi un fatto di cui, peraltro, non avevo fatto cenno, c’era qualcosa

sotto, pensai e fu così che mi venne voglia di continuare l’indagine. Forse stavo per ficcare il naso in un passato che in molti volevano

dimenticare.

In data 7 dicembre 1871, davanti al notaio Pietro Bocca (che esercitava a Valenza ma che fu chiamato a Novi molto probabilmente per ragioni di

riservatezza), fu venduto il Palazzo Spinola di via Marconi per la somma ufficiale di 30.000 lire (pari a circa 200.000.000 di lire odierne,

obiettivamente poche per un immobile che vale dieci volte tanto), tramite il conferimento di azioni della Banca di Novi, al signor Luigi Trucco

che, come si legge nell’atto “… acquista a nome e per persona che si riserva di dichiarare”. Numero di repertorio 294, numero d’ordine 200. Il

rogito però, presenta una particolarità: nella prima pagina, infatti, si legge che la vendita è tra “Rivaro Gerolama e Trucco Luigi”, mentre nelle

pagine interne Gerolama, è citata sempre come Gerolamo, anche se in fondo, le firme dei due contraenti sono chiarissime: “Rivaro Gerolama”

(venditrice) e “Trucco Luigi” (acquirente).

Ero di fronte ad un falso ed appariva chiara ai miei occhi l’esistenza di due omonimi nella stessa famiglia, un maschio ed una femmina. Per

provare ciò dovevo fare un passo indietro ed indagare anche sulla composizione della famiglia di Antonio Rivaro, suocero di Andrea Guenna

(8C), anche per poter finalmente sgombrare il campo da qualsiasi dubbio, dopo centoventisette anni di supina accettazione di un fatto che tutti

facevano finta di credere vero: quello secondo il quale i Guenna, truffati e privati delle loro cospicue ricchezze, avessero dovuto ricominciare dazero, accumulando nuovamente ed in brevissimo tempo una nuova fortuna. Come avrò modo di dimostrare, non fu proprio così. Di “eroi”, anche

se in senso economico-finanziario, nella famiglia Guenna non ve ne furono.

La famiglia Rivaro, fino al 1831 (data del matrimonio tra Andrea Guenna-8C e Gerolama Rivaro) risulta così composta: capofamiglia era Antonio

Rivaro, sua consorte Francesca Morando, sei i figli:

1° – Gerolama (29 giugno 1815).

2° – Gerolamo (24 luglio 1818 – rintracciato nel libro dei battesimi di San Nicolò, n. 2313 pagina 256, dove si legge il suo nome che risulta

essere stato: Gerolamo Domenico Francesco).

3° – Giuseppe (8 agosto 1826).

4° – Rosa (9 marzo 1828).

5° – Giovanni Battista Andrea (28 febbraio 1830).

6° – Antonio Gerolamo (30 novembre 1833).

Gerolama e Gerolamo nacquero nella Parrocchia di San Nicolò, gli altri quattro, nella Parrocchia di Sant’Andrea, a dimostrazione del fatto che la

famiglia Rivaro si trasferì in via del Fungino (Parrocchia di Sant’Andrea), nel periodo di tempo che va dal 1818 (anno di nascita di Gerolamo) al

1826 (anno di nascita di Giuseppe).

Esistevano quindi ben tre “Gerolamo/a”, una femmina e due maschi e, se per il terzo Gerolamo (Antonio Gerolamo, per la precisione), data

l’evidente differenza d’età, non c’era il rischio di fare confusione (anche perché, come si rileva dagli atti notarili che lo riguardano, è sempre

citato come Antonio, il suo primo nome di battesimo), per i primi due, Gerolama e Gerolamo, nati per di più a soli tre anni di distanza l’una

dall’altro, sì.

A complicare ulteriormente le cose contribuiva la diversa trascrizione del nome Gerolama che, in alcuni atti diventava Geronima. Se si esclude

l’atto di nascita scritto in latino, dove Gerolama è registrata come “Hieronyma”, dal greco hieros onoma “sacro nome”, già nel dotale del 1831

(ibidem pagina 61), si cita la futura sposa come Gerolama. Ricompare come Geronima nell’atto di morte N. 101 del 26 dicembre 1891 (all’una di

notte in casa Predasso, dove la famiglia si era sistemata in affitto dal 1887), quando si legge: “… Geronima Rivaro in Guenna, di Antonio e

Morando Francesca, vedova del fu Guenna Andrea”. Ecco quindi che, negli archivi, la stessa persona si trova registrata prima come Gerolama e,

da un certo momento in poi, guarda caso dopo il 1871 (data della vendita di Palazzo Spinola), sempre come Geronima (è bene precisare che sia

Gerolama che Geronima sono le derivazioni dal latino Hieronyma, le “due facce della stessa medaglia”).

3 – LA FAMIGLIA GUENNA E L’”OTTOCENTO” NOVESE

Prima di procedere nelle indagini, per dare un contorno più preciso di fatti, è necessario capire le circostanze, l’ambiente in cui si svolsero, chi

furono i protagonisti dell’intricata vicenda e che razza di famiglia era la famiglia Guenna di fine-ottocento. Se alle nozze di Giuseppe Guenna fu

testimone l’industriale novese Piero Zavaglia, un garibaldino originario di Cesena, massone iscritto alla Rispettabile Loggia “La Confiance”

all’oriente di Novi Ligure (con sede a Palazzo Rivaro), amico di famiglia, fondatore del famoso formificio omonimo, che diverrà leader nazionale

nel settore calzaturiero, è segno che la famiglia Guenna apparteneva all’alta borghesia, quella che contava. A sua volta, Francesco Guenna

(10B), massone pure lui (iniziato in Alessandria), fu testimone alle nozze tra Attilio Dellepiane (cugino primo dell’”industriale e filantropo”

Mariano Dellepiane, “l’amico dei poveri” com’era conosciuto in città, cui è stata dedicata la piazza più bella di Novi) ed Amalia Pernigotti, sorella

dell’industriale Francesco Pernigotti (zia di Paolo Pernigotti, cugina in 2° grado di Francesco Guenna-10B e di Antonio Guenna-10A), il giorno 8

febbraio 1898. Fu così che i Guenna della decima generazione s’imparentarono con i Pernigotti tramite i Rivaro, in seguito al matrimonio del 21

febbraio 1877 fra Francesco Pernigotti di 34 anni (di Stefano e Rosa Capurro) e Rosa Protto di 21 anni (di Antonio ed Antonia Rivaro), nipote di

Giuseppe Guenna (9A). E divennero lontani parenti anche con i Dellepiane, per il matrimonio tra Attilio Dellepiane ed Amalia Pernigotti.

SCHEMI RIEPILOGATIVI SUI GRADI DI PARENTELA DELLA FAMIGLIA GUENNA

CON LE FAMIGLIE

DELLEPIANE, GARDINO, PASQUALI, PATRI, PERNIGOTTI

____________________________________

GUENNA-DELLEPIANE

8 febbraio 1898: matrimonio fra MARIANO ATTILIO DELLE PIANE di Luigi e Anna Cassissa ed AMALIA PERNIGOTTI (cugina prima di Francesco

Pernigotti* marito di Rosa Protto, cugini affini in secondo grado dei Guenna della 10° generazione) di Tommaso e Gerolama Ghiglione.

STEFANO PERNIGOTTI-FRANCESCO PERNIGOTTI*

PAOLO

ROSA PROTTO PERNIGOTTI

ANDREA PERNIGOTTI

TOMMASO PERNIGOTTI-AMALIA PERNIGOTTI———-

ramo

collaterale

MARIANO ATTILIO Dellepiane

DELLEPIANE

_________________________________

GUENNA-GARDINO

LUIGIA TRAVERSO

(GIUSEPPE GUENNA-9A)

DOMENICO TRAVERSO

MADDALENA TRAVERSO

(LUIGI GIARDINO)

_________________________________

GUENNA-PASQUALI

20 settembre 1896: ANGELO PASQUALI 23 anni di Torino, figlio di Gaetano e Anna Ratto sposa ANNA SPINSO 21 anni di Andrea e Grossi Luigia.

MARGHERITA SPINSO

(ANTONIO GUENNA-10A)

ANDREA SPINSO

(LUIGIA GROSSI)

ANNA SPINSO

(ANGELO PASQUALI)

_________________________________

GUENNA-PATRI

29 febbraio 1889: matrimonio fra ELIA PATRI di Gavi, figlio di Giovanni Battista e Maria Fossati e GIUSEPPINA SPINSO di Andrea e Grossi Luigia.

MARGHERITA SPINSO

(ANTONIO GUENNA-10A)

ANDREA SPINSO

GIUSEPPE SPINSO

(ELIA PATRI)

_________________________________

GUENNA-PERNIGOTTI

21 febbraio 1877: matrimonio fra FRANCESCO PERNIGOTTI 34 anni di Stefano e di Rosa Capurro e ROSA PROTTO 21 anni (madre di Paolo

Pernigotti, il grande capitano d’impresa), di Antonio Protto ed Antonia Rivaro (figlia di Gerolamo Rivaro, cognato di Andrea Guenna-8C).

GIUSTINA GUENNA

in GUIDI 11°

GEROLAMA RIVARO LINA GUENNA GENERAZIONE

ANDREA GIUS.GUENNA (9A) in BORGO BORGO/

GUENNA (8C) ANTONIO

ANTONIO RIVARO GUENNA (10A) GUENNA/

FRANCESCO GUIDI

GUENNA (10B)

1850-1897

GEROLAMO RIVARO—ANTONIA RIVARO—ROSA PROTTO

(in Protto) PAOLO

(FRANCESCO PERNIGOTTI

PERNIGOTTI*) (1889-1966)

4 – LA SOLUZIONE DEL GIALLO

Siamo giunti al punto in cui si deve sciogliere il nodo, all’epilogo, alla soluzione del giallo. Il tutto sembrava partorito dalla fantasia di Balzac, ma

stavolta era tutto vero.

Dopo la morte del vecchio Antonio Rivaro del 1864, i rapporti di lavoro tra la famiglia Guenna e la famiglia Rivaro non consentivano più lacomune gestione dell’azienda commerciale Guenna-Rivaro (da cui derivò la Pernigotti Coloniali di Novi). Era necessario pertanto operare una

divisione dei beni delle due famiglie e per fare ciò era opportuno vendere l’immobile in proprietà, a vantaggio di tutti gli effetti dell’ipoteca per

poi ripartire il ricavato.

Restavano però delle domande che attendevano risposta.

Come mai Gerolama preferì nascondere la sua identità (ibidem pagina 42)?

Cosa spinse Gerolamo, fratello minore di Gerolama Rivaro, a stare al gioco?

Quali timori indussero i Guenna a chiamare un notaio “fuori piazza” per rogare?

C’era qualcosa da nascondere? E se sì, cosa?

Era dovuto al caso il fatto che Gerolamo Rivaro, poco più di un anno dopo la vendita del palazzo di contrada Monache 12, vendette alla stessa

persona anche la parte di Palazzo Spinola di contrada della Misericordia di sua proprietà, o tutto faceva parte di un piano tendente a voler

rendere ancora più credibile le tesi di un’unica trattativa?

Nel contratto d’affitto del 1867 tra Gerolama Rivaro e la Società di Mutuo Soccorso degli operai di Novi Ligure, si fa cenno sempre ed

esclusivamente a Gerolama Rivaro, proprietaria del palazzo. Come mai allora nell’atto di vendita del 1871 sparisce Gerolama e spunta Gerolamo?

Probabilmente il notaio Bocca fu indotto a modificare quell’atto, ma non fece correggere la copertina, stampata e compilata in bella calligrafia. A

quel tempo non esisteva la videoscrittura e reimpaginare e riscrivere anche solo una copertina di un atto notarile comportava un’enorme perdita

di tempo e si evitava di farlo se non era proprio indispensabile. In fondo si trattava solo di una a al posto di una o, gli analfabeti erano ancora

molti in Italia e poi nessuno avrebbe mai fatto caso a quella gambetta finale che, invece di puntare in alto (o), puntava in basso (a),

l’importante era che nell’atto non vi fossero errori. L’anomalia nelle firme era però chiara, perché è chiaro che si tratta della firma di Gerolama e

non di suo fratello Gerolamo.

Iniziavano a delinearsi i contorni del falso. L’atto di vendita dell’immobile di via Marconi, quello abitato dalla famiglia Guenna, stipulato il 7

dicembre 1871, fu registrato solo il 23 febbraio 1873 insieme all’atto di vendita della parte di palazzo pertinente ai Rivaro, del 25 gennaio 1873.

I due atti così divennero uno solo, il venditore era lo stesso come pure l’acquirente. Quindi meno tasse di successione (un atto invece di due),

meno chiacchiere in giro per Novi e, forse, meno appigli per eventuali creditori di Giuseppe Guenna, commerciante di scarsa capacità. D’altronde

non riuscì difficile far credere che fosse stato Gerolamo e non già Gerolama/Geronima Rivaro, a vendere Palazzo Spinola e, a chi avesse avuto

qualche sospetto, si sarebbe prontamente obiettato che Gerolamo non aveva né omonimi né, tantomeno, omonime in famiglia (ecco perché,

negli atti, dal 1871 – data della vendita – in poi, Gerolama si trasformò definitivamente in Geronima, facendo così cadere ogni legittimo dubbio).

C’era la necessità di tenere la cosa sotto silenzio. D’altronde s’era nell’Ottocento, il cicaleccio dei salotti era all’ordine del giorno, i pettegolezzi

andavano spesso ben al di là della realtà delle cose. Figuriamoci quali commenti “al vetriolo” si sarebbero uditi in proposito, confidati con

mirabile solerzia e con la solita dovizia di particolari (inventati), da certe carampane ingioiellate, col cervello da gallina.

Per la vendita, sodale della vicenda per la controparte (ma, come vederemo, anche per conto di Gerolama Rivaro Guenna), fu un prete molto

influente, cerniera fra il mondo della borghesia e quello clericale, un certo padre Reginaldo dei marchesi Orengo, priore del convento dei

cappuccini, di famiglia nobile genovese.

Si mosse con grande abilità affinché la vendita avvenisse in maniera riservatissima e, facendo figurare un esborso di sole 30.000 lire il prete di

sangue blu mise certamente in salvo anche il resto del corrispettivo (la maggior parte) pagato dall’acquirente, che poteva essere di circa

270.000 lire (1.800.000.000 di lire odierne).

A questo punto è possibile tentare una ricostruzione dei fatti che, con ogni probabilità, andarono così: Andrea Guenna era divenuto proprietario

di metà del Palazzo Spinola di contrada Monache 12 dopo che la moglie Gerolama Rivaro lo aveva ereditato dal padre Antonio morto nel 1864

ma, per il Dotale del 1831, fu gravato subito da ipoteca legale.

Il debito ipotecario nei confronti degli altri soci dell’azienda Guenna-Rivaro (Gerolama ed i suoi fratelli), garantito da quell’ipoteca, era da

calcolarsi per metà del valore dell’immobile stesso.

L’azienda Guenna-Rivaro (antesignana della ditta “Pernigotti Coloniali” di Paolo Pernigotti, pronipote ed erede di Gerolamo Rivaro) vantava ormai

un fatturato medio annuo di 1.500.000 lire circa (10 miliardi di lire odierne), per un Margine Operativo Lordo di oltre 500.000 lire, pari a poco

meno di 3.500.000.000 di oggi. Il profitto di Gerolamo Rivaro ed Andrea Guenna era di 125.000 lire, pari al 25%, cioè quasi 900 milioni di lire

d’oggi, ciò sommato alle 180.000 lire rimaste dopo il saldo della quota d’azienda, consentiva alla famiglia Guenna di incamerare ben 188.404 lire

pari a circa 1.200.000.000 di oggi, ante fisco.

Padre Reginaldo, con ogni probabilità, riuscì a vendere ad un prezzo superiore a quello dichiarato a Gerolamo, mentre convinse Gerolamo (il

finto venditore) di aver piazzato l’immobile per 200.000 lire (1.350.000.000 di lire odierne) ma l’aveva forse venduto per 270.000 lire

(1.800.000.000 di lire attuali).

La provvigione per Reginaldo, con ogni probabilità, fu pari al canonico 10%, 27.000 lire (180.000.000 di lire odierne). Alla famiglia Guenna

restavano 116.404 lire (quasi 800 milioni), cui si aggiunse l’introito dovuto alla vendita delle quote che si suppone fosse di 125.000 lire (900

milioni odierne) per tirare avanti (per un periodo che si prevedeva abbastanza lungo e che superò in effetti i quattro lustri), mentre le restanti

156.404 lire (circa 1.200 milioni) servirono ad acquistare le Azioni Anonime della Banca di Novi che sarebbero passate in proprietà ai quattro figli

una volta divenuti maggiorenni (circa 39.000 lire a testa, poco più di 280 milioni d’oggi). Non era propriamente una fortuna, ma abbastanza per

ricominciare.

5 – GIUSEPPE GUENNA (9A), MUSICISTA DI NOVI

Giuseppe Guenna (9A) fu certamente un musicista molto stimato in città ed il Cavazza, nel suo libro “Novi Ligure città del Piemonte” a pagina

157 ebbe modo di ricordarlo: “A Novi trova la sua parte di applausi il maestro Giuseppe Guenna che sta riportando la Banda Musicale ai fastigi di

un tempo”.

Pare fosse un tipo stravagante, capace di gesti clamorosi: “ qualche volta manesco se provocato”, come ha avuto modo di scrivere Alberto

Guenna (11D) nel suo libretto sulla famiglia del 1954.

Ecco il profilo, inerente Giuseppe Guenna (9A), lasciatoci da Alberto Guenna (11D): “… aveva doti eccezionali di artista estroso e vivace. Oltre

che il pianoforte, conosceva alcuni strumenti ed in particolare la tromba in si bemolle che prediligeva. Pieno di fantasia, esecutore perfetto,

ottimo maestro, era divenuto capo e insegnante di ben tredici bande musicali di Novi e comuni viciniori. Durante i concerti in piazza, sapeva

dare spettacolo, oltre che musicalmente, anche coreograficamente. A volte – spiega ancora Alberto Guenna – organizzava delle botte e risposte

musicali fra alcuni suonatori di tromba disposti sul tetto dell’ex hotel Novi ed il resto del complesso. Omissis. La lapide marmorea che lo ricorda

al Cimitero di Novi (s’era nel 1954, ora, nel 1998, quella lapide è stata rimossa, n.d.a.), lo definisce “egregio maestro di musica, ottimo sposo e

padre esemplare”.

I vecchi novesi ricordano ancora i suoi funerali imponentissimi. Omissis. Le sue tredici bande – conclude Alberto Guenna – lo accompagnarono

all’ultima dimora, eseguendo per la prima volta, all’unisono, una marcia funebre composta da lui”.

Giuseppe aveva avuto certamente più successo per le sue indubbie qualità di musicista ed anche di coreografo che non per quelle di

commerciante. Aveva fama di essere un vero artista, innovativo, preparato.

“La brava musica cittadina diretta da quell’abile maestro che è il signor Guenna rallegrerà la piazza Maggiore coi suoi concerti, tra i quali ci

dicono avremo qualche cosa di nuovissimo appositamente scritto per la circostanza”. Così si leggeva nel numero 30 del settimanale novese

“L’Omnibus” di sabato 31 luglio 1875, in riferimento alla imminente festa patronale di Nostra Signora della Neve.

La fama di Giuseppe Guenna meritò gli “onori” d’una dedica di Francesco Lesca di Milano, un musicista dell’epoca, stampata sul frontespizio

dello spartito (“All’egregio Maestro Guenna Giuseppe”) della sua polka intitolata “La convalescenza del dottor Tanner”, pubblicata a Milano il 2

aprile 1874 dall’Editoria Musicale, diretta da Paolo De Giorgi.

Intanto (correva l’anno 1874) nella famiglia Guenna, alle due femmine, Giustina di otto anni e Carmelina di cinque, si erano aggiunti due

maschi: Antonio e Francesco, nati rispettivamente il 6 gennaio 1872 ed il 16 aprile 1874, mentre l’anziano Andrea iniziava ad essere cagionevole

di salute (sarebbe poi mancato nel 1879). Due figli erano già morti infanti e altri tre li avrebbero seguiti di lì a poco.

I sette componenti della famiglia, compresi i genitori e la nonna Gerolama Rivaro, erano sistemati all’ultimo piano di Palazzo Spinola ormai da

dieci anni (da quando cioè Gerolama lo vendette al Trucco nel 1871, che l’avrebbe a sua volta “girato” in proprietà alle Suore Pietrine nel 1872).

La restante parte, in affitto alla “Società Patriottica di Mutuo Soccorso degli Operai di Novi Ligure”, non era più abitata dai Patrioti novesi fin dal

1873 (data in cui si insediò l’Istituto Suore Pietrine) ma dalla famiglia Guenna, che l’avrebbe occupato, pagando l’affitto alle Religiose, fino al

1887, scadenza del contratto di locazione ventennale (ibidem pagina 46). Ciò fu possibile grazie agli aiuti della Società di Mutuo Soccorso

(emanazione palese della Loggia Massonica di Novi Ligure?), di cui Giuseppe Guenna era evidentemente socio, che rinunciò ai propri diritti sulla

parte di immobile a lei locato.

Gli è che le disgrazie non arrivano mai da sole ed anche dal punto di vista artistico-professionale Giuseppe avrebbe conosciuto umiliazioni e

subìto notevoli danni materiali dovuti, quasi certamente, più ad un violento contrasto (aveva un carattere piuttosto riottoso) con un autorevole

personaggio locale, che non a motivi artistici, per i quali, invece, Giuseppe Guenna era stimatissimo. In seguito ad una seduta del consiglio

comunale di Novi si decise di promuovere al suo posto un altro maestro di musica, garantendo al Guenna solo la qualifica di vice-maestro. In

questo modo, i suoi detrattori, conoscendone la fierezza (che è comune a tutti i Guenna), credettero, a ragione, di indurlo a rassegnare le

dimissioni, in quanto ferito nell’orgoglio. Ma successe un fatto clamoroso che li colse di sorpresa.

6 – ROMUALDO MARENCO, UN AMICO DI FAMIGLIA

In tutto questo marasma, vi fu un amico carissimo di Giuseppe che venne in suo aiuto: il musicista novese Romualdo Marenco che, proprio a

partire dal 1881, conobbe una fama travolgente. Il suo “ballo Excelsior” fu subito rappresentato a Milano, Torino, Parigi e New York e,addirittura, divenne una sorta di inno massonico, oscurando le melodie del Fratello Mozart nelle celebrazioni liberomuratorie italiane.

Molti pensano che il Marenco sia stato effettivamente massone, sebbene ciò non risulti nella matricola generale della Massoneria Italiana

(Grande Oriente d’Italia) e, fatto ben più significativo, il suo ricordo sia stato onorato a Novi nel 1957, a cinquant’anni dalla sua morte, dai

cattolici novesi con in testa il Vescovo della diocesi di Tortona. Resta da capire come mai, in occasione delle celebrazioni colombiane del 1892,

concomitanti il ventennale della morte di Mazzini, a Genova, Adriano Lemmi, il banchiere livornese divenuto l’anno prima Gran Maestro del

Grande Oriente d’Italia, si fosse profuso in uno sperticato elogio dell’opera del Marenco: “Excelsior è la nostra divisa (dei Massoni n.d.a.): le

utopie di oggi possono essere le verità di domani e queste i miraggi dell’avvenire. Excelsior dunque – continuava Lemmi – o fratelli; e sempre

più avanti, più in alto…

.

Mi sembra difficile, a questo punto, negare l’appartenenza al gruppo dei “Figli della Vedova” del musicista novese, nonostante le perplessità

dello storico Aldo Mola. Dando per scontato che Marenco sia stato un “Freemason”, se non lo fu anche Giuseppe Guenna, lo fu certamente

Gerolamo Rivaro, suo zio, visto che proprio nella sua casa, ovvero il Palazzo Spinola dalla parte dell’attuale via Gramsci, furono ricavati i locali

della Rispettabile Loggia “La Confiance” all’Oriente di Genova, divenuta nel corso del XX secolo, Rispettabile Loggia Figini all’Oriente di

Alessandria. A testimonianza di questa tesi, oltre a confidenze fattemi da molti vecchi novesi, tutte concordanti fra di loro, esiste ancora il

pavimento a scacchi del Tempio di Loggia, che è ora la sede dell’Associazione Centri Sportivi Italiani (ACSI) in via Gramsci 26. “Figlio della

Vedova” fu anche il figlio di Giuseppe Guenna, quel Francesco Guenna (10B), banchiere, di cui abbiamo fatto cenno prima e che acconsentì alle

nozze della figlia Linuccia con un altro Massone “di ferro”, il professor Franco Saia di Capriata d’Orba (AL), docente d’agraria all’Università di

Torino. Non lo fu Antonio (10B) che, anzi, fu sempre apertamente ostile alla Libera Muratoria.

Alla luce di queste considerazioni, era ormai chiara ai miei occhi la “cordata” di Fratelli per aiutare Giuseppe Guenna, caduto in disgrazia.

Romualdo Marenco gli scrisse subito per rinfrancarlo ed informarlo dell’intervento a suo favore. In una seconda lettera, indirizzata ai periodici

novesi, il musicista, nel contestare con toni vibranti la decisione della Giunta Municipale di congedare il Maestro Guenna, perorò con grande

passione la causa in favore dell’amico fraterno. Vista la foga del grande artista nel difendere Giuseppe Guenna, appare evidente che il legame di

stima che univa i due andava ben al di là della presunta comune disciplina dell’”Arte Reale” e ciò rende ancora più significativo il gesto, nobile,

spontaneo, fors’anche dovuto, del Marenco in favore del Guenna. Quest’ultima lettera fu pubblicata dal periodico “La Società” il 27 novembre

1881.

Ecco il testo della lettera scritta da Romualdo Marenco a Giuseppe Guenna.

“Milano, 16 novembre 1881.

Carissimo Guenna, sono dispiaciutissimo di quanto mi scrive la tua gentile signora. I signori di Novi non vogliono persuadersi che la loro smania

pei forestieri è dannosissima.

I maestri bravi che abbiano abboccato all’amo non furono che due: Bossola e Setrali; ma tanto è vero che non facevano per Novi che dopo un

anno se la svignarono.

D’allora in poi i maestri succedettero uno dietro all’altro come le acciughe senza quel vero merito che i novesi desiderano.

Nel presente caso poi commetterebbero lo sproposito più grave togliendoti il tuo posto. Buttano via del denaro e nulla più.

Scrissi una lunga lettera da inserirsi in uno dei giornali locali, e per mezzo di Capurro credo che verrà stampata. Non è un complimento che

faccio al consiglio comunale, certo; tento di rivendicare il tuo posto.

Sta attento e appena sorte mandamene una copia subito, che mi fai un gran piacere.

Capurro mi dice che la tua salute migliora: noi te l’auguriamo di acciaio con tutto il cuore.

Il giornale di cui ti parlo è “La Società”.

Addio, amico carissimo, e coraggio.

Saluta per noi la tua buona famiglia e conta sul tuo aff.mo amico R. Marenco.

Post scriptum. Mi dimenticavo di dirti che il giorno 24 del corr. parto per Napoli dove mi fermerò fino al quindici del venturo aprile. Siccome sono

curioso di vedere come finisce il tuo affare, ti prego scrivermi colà, indirizzando la lettera al Teatro San Carlo.

Ciao”.

Ecco il testo della lettera scritta da Romualdo Marenco ai periodici novesi.

“Egregio Signor Direttore,

quantunque lontano sempre dal mio paese, pure non manco di provare la mia parte di orgoglio all’idea del suo progresso. Trattandosi poi di

musica, confesso che quasi mi sembra ch’ei tocchi il suo più alto scopo.

Non è molto, trovandomi costà, ebbi la soddisfazione di udire un buon corpo di musica cittadina, intonatissimo, abbastanza delicato nella

esecuzione, superiore alla mia aspettativa.

Dico superiore con intenzione. Ella vorrà concedermi il diritto di poter fare dei confronti: il mio paese (tuttavia Novi contava allora 14.000

abitanti, quando Genova ne aveva 180.000. La proporzione era dunque di 1 a 13. Oggi è di 1 a 25 n.d.a.) dovrebbe vantarsi di possedere un

corpo di musica quale forse non hanno altre città di maggiore importanza.

Ma se allora ho provato una soddisfazione, oggi provo un disinganno sul modo di pensarla del Consiglio Comunale. Se non erro, questi ha preso

una deliberazione, la quale, oltreché danneggiare quella bella istituzione, lancia una frecciata di sprezzo, a chi l’ha creata, gli ha dato il soffio

della vita: non pensando che, coll’aumento delle cariche al maestro, d’istrumenti ad arco, si rischia per troppo lavoro, non avere in fine i

desiderati risultati, col di più dello spreco della somma aggiunta al vecchio stipendio.

Non intendo biasimare le deliberazioni del Consiglio, né tantomeno pretendo che si facciano le cose a modo mio: mi permetto solo di osservare.

Mi ricordo che, molti anni fa in pieno Consiglio si fecero lagnanze perché tutti i bravi artisti sono sempre costretti a cercare lo sfogo dei loro

meriti in lidi più propizi. È proprio questo il momento di sovvenirsi di ciò, oggi che il bravo Guenna, amante troppo innamorato del suo paese,

deve dolersi di non aver seguito l’istinto artistico come tutti i suoi colleghi.

Lei, egregio Direttore, dubiterà come me, che cioè, i signori Consiglieri mi ascoltino. Però io non manco di dire: lascino star da una parte chi non

ha per suo maggior merito che il saper presentarsi, il saper parlare.

Lo dico forte e col massimo disinteresse: Guenna non è di quelli a cui rimanga da imparare: il frutto del suo sapere è chiaro come il sole: tutte le

domenica della stagione estiva il corpo di musica è in piazza a divertire la cittadinanza. Che si vuole di più?

Il vero maestro, il quale oltre a le consuete cariche possa sostenere pur quella di capo-musica, a Novi non ci viene. Badino che ho detto, il vero

maestro, quello che sta fisso nella loro mente; locché vuol dire essere artista completo, considerare per conseguenza tali soddisfazioni d’amor

proprio che, sia detto senza far torto al mio paese nativo, Novi non può dare.

Novi è un piccolo centro: il vero, il completo artista non vive solo materialmente, facchinando tutto il santo giorno: vuole l’ammirazione, l’elogio

della stampa, magari la corona di alloro.

Novi non presenta tutti questi conforti morali, non fa per il vero artista, tanto più, se non vi è da contare sul cumulo di un bel peculio alla fine.

Ad occupare tante cariche in una sola volta si presenterà, v’è da scommettere, chi non ha potuto fare né caldo né freddo in centri più grandi, chi

per deficienza di talento non ha trovato ancora un buon posto da impancarsi.

Ebbene, questo maestro, audace solo per il lauto stipendio, fortificato di diplomi, di attestati avuti forse da mano larga, ha diritto, secondo lor

signori, di scalzare il Guenna? Io dico che sarebbe una ingiustizia.

Ridotto il Guenna a coadiutore, locché vuol dire sotto-capo, o meglio caporal musica, cosa ne verrà?

Che dopo un mese tutte le funzioni messe a carico del nuovo maestro, ritorneranno o per preghiera o per comando al Guenna stesso. La

cognizione perfetta delle capacità dei musicanti è tutta sua: egli conosce il loro lato debole, sa dove si può trarre gli effetti di sonorità e di

esecuzione, sa chi è bravo e chi non lo è, sa infine su cosa si può contare.

Al nuovo maestro occorreranno per lo meno sei mesi per essere in possesso di tutte queste qualità più che essenziali.

I sei mesi diventeranno sei anni con quel po’ po’ d’impegno che lo lega al contratto. Per di più qualche lezione particolare, il teatro, quale

funzione, insomma un complesso che rischia di volgere i sei anni in sei secoli se la vita li contemplasse tutti.

Per cui, rifiutando i meriti di un così buon caporal musica, dopo un mese di erculee fatiche egli ne approfitterà fino alla punta dei capelli. Ed

eccoci allora ritornati dove eravamo.

A Guenna sempre il vero posto di Maestro, di capo musica; a Lui la riduzione dei pezzi, le ripetizioni, l’anima per tutto; collà differenza che

all’altro resterà il quotidiano morale e materiale e la boria della divisa.

Questa è la fine e non altro.

Secondo me v’era ben altro da fare. Era meglio aumentare l’emolumento a Guenna, lasciandolo al suo posto, dove, incoraggiato così, avrebbe

fatto quei miracoli che indarno tenterà di fare un primo venuto qualunque con carte, diplomi e chiacchiere.Ed ora, egregio Direttore, mille grazie.

Suo devotissimo Romualdo Marenco”

7 – L’ULTIMO CONCERTO

Giuseppe Guenna, grazie all’autorevole intervento a suo favore del Marenco, fu subito riconfermato Maestro delle bande musicali del novese. Ma

questo fatto, di per sé positivo, paradossalmente gli fu fatale.

La festosa ancorché tardiva inaugurazione della tramvia Novi-Ovada, avvenuta l’ultimo giorno di carnevale, il martedì grasso 21 febbraio 1882,

tra il tripudio della cittadinanza, nonostante che la struttura fosse in funzione già dall’ottobre 1881, vide Giuseppe Guenna, riconfermato maestro

comunale di musica, dirigere entusiasticamente le sette bande del circondario di Novi (quelle di Capriata d’Orba, Castelletto d’Orba, Gavi Ligure,

Novi Ligure, Ovada, Rocchetta Ligure e Serravalle Scrivia), in presenza di una gran folla esultante ed al cospetto delle autorità.

Fu una giornata particolarmente fredda, ma ciò non impedì all’incurante maestro (reduce da una brutta polmonite) di continuare ostinatamente

l’esecuzione musicale da lui diretta dal terrazzo della stazione ferroviaria.

Il destino non gli risparmiò una bella ricaduta (se l’era proprio cercata) e il 7 giugno del 1882 Giuseppe Guenna moriva vinto dalla malattia a soli

50 anni, “… tra la costernazione di tutta la città e della foltissima schiera dei suoi ammiratori tra i quali lo stesso Romualdo Marenco…” (Cavazza,

Novi Ligure città del Piemonte, 1982, pagina 194 e seguenti).

Quella che si può definire una vera e propria “ecatombe dei patriarchi” determinò un crollo economico senza precedenti nella famiglia Guenna,

che fece sentire i suoi effetti per molti anni. Antonio Rivaro morì nel 1864, Gerolamo nel 1874, Andrea Guenna nel 1879 e Giuseppe nel 1882.

Restarono due donne sole, Gerolama e la nuora Luigia con cinque ragazzi di età compresa tra gli otto ed i diciotto anni. A quel tempo non c’era

l’INPS e bisognava lavorare per vivere oppure essere molto, molto ricchi per vivere senza lavorare. Pur essendo benestanti al punto da

permettersi una governante che viveva in casa e sette persone di servizio (fra le quali un giardiniere ed una cuoca), oltre ai molti dipendenti

compreso il vetturino (un lontanissimo parente, Andrea Guenna (8A), che si prendeva cura dei trasporti dell’azienda ma anche dello stallaggio

dei cavalli e del cocchio di famiglia), i Guenna non erano tanto facoltosi da far fronte ad una simile, improvvisa catastrofe.

Anche la ricchezza, se non alimentata da adeguati introiti, finisce prima o poi per esaurirsi. Così fu per la famiglia Guenna che in poco tempo

passò dal lusso all’indigenza. Erano passati i tempi dell’opulenza e, senza uomini in grado di assicurare un reddito, era necessario correre ai

ripari.

Il primo dei figli maschi, Antonio Pasquale (10A), all’età di otto anni iniziò a dare una mano, la sera, nell’albergo dei Rivaro, “L’Aquila Nera” di

Porta Cavanna (via del Fongino 2), mentre Giustina restò in casa ad aiutare la mamma nelle faccende domestiche.

Lina, invece, preferì iniziare, pur se precocemente, la sua attività di educatrice che la porterà, in futuro, ai massimi livelli. Ad appena 14 anni,

entrò come coadiuvante in un piccolo asilo di Novi. Anche Francesco, il più piccolo, continuò a studiare e, a sua volta arruolatosi volontario in

Artiglieria, poté conseguire il diploma di ragioniere a spese dello Stato. Lo “Zio Stringher”, com’era soprannominato dai nipoti che gli avevano

“appioppato” il cognome del primo governatore della neonata Banca d’Italia, diverrà un brillante banchiere, fondatore della Banca Novese

Agricola Cooperativa ed in seguito azionista della Banca Popolare di Novara, nonché Direttore della filiale di Novi e Presidente della commissione

di sconto.

I giovani Guenna, intelligenti com’erano, certi di potercela fare, reagirono subito e bene, imparando anche a “mostrare i denti”. Pertanto, quella

che era stata, sino a quel momento, una discendenza di persone raffinate e sensibili, per uno scherzo del destino (è proprio il caso di dirlo: non

è infatti molto frequente che in una famiglia, nell’arco di appena tre anni muoiano tutti i titolari di reddito), continuò con una decima

generazione simile ad una cucciolata di fieri “leoncini”, molto combattivi.

Ed ecco spiegato l’emergere d’un forte senso pratico nello stile di vita dei rampolli, d’un carattere forte e risoluto come quello della zia Giustina

che, vedova a soli 31 anni con un figlio di 5, seppe condurre una vita molto dignitosa; della zia Lina (Borgo) instancabile operatrice sociale; dello

zio Francesco “Stringher”, inflessibile datore di lavoro (“chiedetemi il sangue ma non l’aumento” era solito dire agli impiegati della sua

“Banchetta”); del nonno Antonio, continuatore della professione di famiglia, quella di mediatore, nonché patriarca severo. Con loro, come mi fu

riferito dai vecchi novesi che li avevano conosciuti, “non si scherzava”.

Ed erano anche diventati tirchi.

Per dirla col grande Balzac: “Dove cessa la povertà, lì comincia l’avarizia.” (“Le illusioni perdute”, parte prima, capitolo primo).

L’eredità fu incassata rispettivamente nel 1885 da Giustina, nel 1890 da Lina, nel 1893 da Antonio e nel 1895 da Francesco.

Sufficientemente ricca e maggiorenne (aveva appena ereditato) nel 1890 Lina Guenna divenne direttrice (e forse anche socia fondatrice, infatti

l’asilo diventerà pubblico qualche anno dopo) dell’asilo di Novi (il futuro asilo Garibaldi).

Non fu casuale il fatto che Antonio si sposasse proprio il giorno del suo 21° compleanno, il 6 gennaio 1893, potendo finalmente, raggiunta la

maggiore età, oltre ad impalmare l’amata Margherita, incassare l’agognata eredità.

Due anni dopo, congedato, diplomato e maggiorenne, il fratello Francesco sarebbe entrato come impiegato, quasi subito promosso funzionario,

guarda caso, proprio nella “Banca di Novi” dov’erano state acquistate quelle azioni, frutto della vendita di Palazzo Spinola.

SITUAZIONE PATRIMONIALE FAMIGLIA GUENNA NEL 1872

ATTIVITÀ PASSIVITÀ

* Ricavi vendita immobili

Palazzo Spinola 270.000

Casa Ponta 8.404

__________________________________________________________________________

* Estinzione delle ipoteche

50% 270.000 100.000

Provvigioni 27.000

__________________________________________________________________________

* Vendita quote azionarie 125.000

__________________________________________________________________________

* Sussistenza familiari

dal 1871 al 1891 85.000

__________________________________________________________________________

* Acquisto quote Banca di Novi 156.404 156.404

Eredità Lina

GWENN-PARTE TERZA

LA GENEALOGIA DELLA FAMIGLIA GUENNA

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CAPITOLO SETTIMO

LA GENEALOGIA

1 – IL METODO DEDUTTIVO

Registrerò 286 nominativi, suddividendoli in fasce generazionali ed in tavole fra loro collegate. Con l’asterisco indicherò gli appartenenti al ramo

dei Guenna di Novi, quello di Antonio Guenna (10A). Le date che compaiono in neretto sulle tavole che seguono, esclusa l’ultima (l’albero

genealogico) sono presunte. Il metodo presuntivo si applica in assenza di dati certi: per stabilire la data di nascita o di decesso o di matrimonio

ci si rifà alla “tecnica discriminante”, per cui si procede per esclusione. Ottenuta statisticamente l’età media dei Guenna maschi che hanno

continuato la stirpe (62 anni), l’età media in cui hanno contratto matrimonio in prime nozze (24 anni per i maschi e, si presume 22 per le

femmine) si procede così:

1) per ottenere la data di nascita si sottraggono 62 anni alla data di morte;

2) per ottenere la data di morte si aggiungono 62 anni alla data di nascita;

3) in assenza di entrambe le date, ma in presenza solo della data di matrimonio, si sottraggono 24 anni per stabilire la data di nascita dei

maschi, quindi si aggiungono alla stessa 62 anni per stabilire la data di morte;

4) i figli di cui si ha data di nascita certa ma non quella di morte, saranno considerati infanti deceduti se il successivo figlio (o successiva figlia)

porta lo stesso nome, in forza della consuetudine di battezzare il neonato con lo stesso nome del precedente morto infante;

5) disponendo solo della data di morte del figlio primogenito, si risale sia alla data di nascita che a quella di morte del padre con questo metodo:

a. si sottrae alla data di decesso del figlio il numero di anni di vita media dei Guenna che è di 62;

b. risaliti alla data ipotetica di nascita del figlio, si sottrae un anno perché si ritiene che il primogenito sia stato concepito (data l’epoca) nei primi

tre mesi dopo le nozze;

c. quindi, a questa data, si sottrae l’età media in cui i Guenna maschi si sposavano che è di 24;d. siamo infine giunti alla ipotetica data di nascita del padre e, se aggiungiamo la cifra corrispondente all’età media di vita dei Guenna maschi,

62, eccoci all’ipotetica data del decesso.

DETERMINAZIONE DELLA DATA DI NASCITA E DI MORTE DEL NONNO CONOSCENDO SOLO LA DATA DI NASCITA DEL NIPOTE PRIMOGENITO

– DATA DI NASCITA DEL NIPOTE: 1524

– DATA DI NASCITA DEL FIGLIO: 1524 – (nascita del nipote)

1 = (fecondazione e gravidanza)

1523 – (data delle nozze)

24 = (età media d. sposi maschi)

1499 (nascita del figlio)

– DATA DI NASCITA: 1499 – (nascita del figlio)

1 = (fecondazione e gravidanza)

1498 – (data delle nozze)

24 = (età media d. sposi maschi)

1474 (data di nascita)

6) per quanto riguarda le mogli, si tolgono due anni rispetto a quelli del marito in prime nozze;

7) per quanto riguarda invece le mogli in seconde nozze, in presenza solo della data di matrimonio, si possono sottrarre i 22 anni che

rappresentano l’età media cui andavano all’altare le spose dei Guenna e si stabilisce così l’ipotetica data di nascita.

2 – EMENDAMENTI

RETTIFICA GENEALOGICA RISPETTO AL VOLUME DEL 1954

VOLUME DEL 1954 ATTUALE VOLUME

– MARCO ANTONIO GUENNA NON RISULTA

– DOMENICO, 1514, 3° DI 9 NON RISULTA COME GUENNA

VINCENZO GUENNA, 1554 RISULTA “VINCENZA GOVERNA”, UNA FEMMINA. NEL LIBRO PARROCCHIALE N. 1, PAGINA 156, PARAGRAFO N.

1116, DOVE SI LEGGE: “Addì 5 di agosto 1554, una puta di Domenico Governa dal Frugarollo (Frugarolo n.d.a.) di nome Vincenza. Padrini

Arasmo Girardengo e Giovanni da Paderna. Madrine Maria Francesca Clavaria e Maria Angela Canavara”.

– GIOBATTA GUENNA, 1595 RISULTA COME GOVERNA E NON COME GUENNA, LADDOVE, LIBRO PARROCCHIALE N. 3, PAGINA 350,

PARAGRAFO N. 1306, SI LEGGE DELLA NASCITA DI GIOBATTA GOVERNA FIGLIO DI ALESSANDRO E DI BARBARA DELLA CONTRADA DEI

GIRARDENGHI.

– VINCENZO GUENNA, 1627 VINCENZO GUENNA 1624/2A

ANTONIO GUENNA, 1662 RISULTA ANCHE COME ANTONIO GOVERNA DAL LIBRO DEI BATTESIMI AL N. 5, PAGINA 428, PARAGRAFO N.

2291, 28 AGOSTO 1659, DOVE SI LEGGE, FRA L’ALTRO: “…Guenna o Governa che sia Antonio di Vincenzo et Cattarina…”. VINCENZO E

CATTARINA O CATTERINA, SONO POI RISULTATI ESSERE GUENNA. IL POVERO ANTONIO È MORTO APPENA NATO.

NICOLÒ GUENNA, 1693 IN QUELLA DATA, PROPRIO IN RIFERIMENTO A NICOLÒ GUENNA, MI RISULTA IL SUO MATRIMONIO AVVENUTO

IL 7 APRILE 1693 CON LUCREZIA MAZARDA (1672-1717) 3/B.

DOMENICO GIUSEPPE GUENNA, 1731 MI RISULTA COME GIUSEPPE MARIA NATO NEL 1733, 5/C.

NICOLÒ GUENNA, 1763, 2° DI SEI ININFLUENTE. NON RIENTRA NELLA SUCCESSIONE DINASTICA. MI RISULTA, MA SOLO COME

FRATELLO DI GIACOMO ANDREA (6E), CHE È IL VERO DISCENDENTE E PROSECUTORE DELLA STIRPE.

________________________________________

Passiamo ora alla stesura della genealogia riconciliata al 31 dicembre 1997, che attribuisce la discendenza diretta sempre al primogenito

prosecutore con figli maschi, già residente a Novi. In mancanza di prosecuzione dinastica novese (se il discendente novese con moglie non più

feconda non ha figli maschi) si risale al maschio più anziano, residente per ultimo a Novi. Solo se ha figli maschi, cittadini italiani, anche non

residenti a Novi.

FAMIGLIA GUENNA DI NOVI – GENEALOGIA RICONCILIATA

ANTONIO 1568-1630

BARTOLOMEO 1593-1655 (1A)

VINCENZO 1624-1686 (2A)

NICOLÒ 1669-1730 (3B)

(GIACOMO) ANDREA 1700-1768 (4B) RAMO GENOVESE

GIUSEPPE (MARIA) 1733-1795 (5C) NICOLA BENEDETTO 1724-1795 (5B)

(GIACOMO) ANDREA 1761-1813 (6E) FRANCESCO SAVERIO 1760-1822 (6C)

(DOMENICO) GIUSEPPE 1785-1864 (7D) DOMENICO 1805-1844 (7C)

(DOMENICO) ANDREA 1806-1879 (8C) TOMMASO FRANCESCO 1830-1892 (8B)

(DOMENICO) GIUSEPPE 1832-1882 (9B) GIUSEPPE BARTOLOMEO 1868-1950

ANTONIO (PASQUALE) 1872-1938 (10A) ARTURO 1903-1982

(ARTURO) ETTORE 1900-1980 (11B) MARCO 1939 – vivente

GIULIO 1931 – vivente (12B) LUCA – 1965 vivente

GIOVANNI MAURO 1963 – vivente (13D) MOSÈ 1993 – vivente

N.B.: esiste ancora un ramo conosciuto novese che è quello femminile di Rosa Cassinelli Cabria, via Carducci n. 8 Novi Ligure (AL), figlia di

Emilia Guenna, nipote di Giuseppe Bartolomeo Guenna (lo zio, fratello della mamma) 1868-1950 del ramo genovese, cugina prima di Arturo

Guenna (figlio di Giuseppe Bartolomeo) 1903-1982 sempre del ramo genovese.

3

TAVOLE GENEALOGICHE GENERAZIONALI

GENEALOGIA SCHEMATIZZATA FINALE

CON L’ASTERISCO* I PROSECUTORI DELLA STIRPE NOVESE

______________________________________________________

1

PRIMA GENERAZIONE NOVESE – FIGLI DI ANTONIO

ANTONIO GUENNA* 1568-1630

?

FIGLI UNO

RAMI UNO

N.B. SI DEDUCE L’ESISTENZA DI ANTONIO GUENNA DAL LIBRO 5°, PAGINA 176 DEI DECESSI IN SAN NICOLÒ, CARTA 1652, DOVE SI LEGGE,

A PROPOSITO DEL DECESSO DI BARTOLOMEO GUENNA (1A): “BARTOLOMEO FIGLIO DI ANTONIO”, NULLA DIMOSTRA PERALTRO CHE

BARTOLOMEO FOSSE FIGLIO UNICO DI ANTONIO, EVENTUALI FRATELLI POTREBBERO ESSERE RIMASTI A CAMOGLI, LA CITTÀ DI

PROVENIENZA DELLA FAMIGLIA GUENNA.

1) BARTOLOMEO DETTO ??.??.1593-17.06.1655 RAMO 1A

IL CAMOGGINO*

______________________________________________________

2/1A

SECONDA GENERAZIONE – FIGLI DI BARTOLOMEO (1A)

BARTOLOMEO * 1593-1655

GIACOMINA MODENINA 1595-1650

SPOSATI IL 18.04.1620

FIGLI OTTO

RAMI TRE

1) VINCENZO* 02.03.1624-??.??1686 RAMO 2A

2) ANTONIO 21.11.1627-??.??.1686 RAMO 2B

3) NICOLÒ 15.03.1632-28.07.1635 finisce

4) NICOLÒ II 05.10.1635-??.??.???? finisce

5) MARIA MARGHERITA 12.06.1639-??.??.1659 finisce

6) VENTURA ??.??.1640-??.??.1702 RAMO 2C

7) GIOVANNI 13.02.1643-??.??.1643 finisce

8) HIPPOLITA 18.09.1653-??.??.???? finisce______________________________________________________

3/2A

TERZA GENERAZIONE – FIGLI DI VINCENZO* (2A)

PRIME NOZZE 03.06.1648

VINCENZO* 1624-1686

BIANCA MARIA ROSSI 1626-1649

FIGLI ZERO

RAMI ZERO

__________________________________________

SECONDE NOZZE 1658

VINCENZO* 1624-1686

CATTERINA 1640-1694

FIGLI OTTO

RAMI DUE

1) ANTONIO 27.08.1659-17.10.1659 finisce

2) ANTONIA 08.09.1660-??.??.???? finisce

3) GIACOBINA 16.11.1662-??.??.???? finisce

4) ANTONIO II 11.03.1667-??.??.1729 RAMO 3A

5) NICOLÒ* 06.07.1669-16.08.1730 RAMO 3B

6) MARIA GIOVANNA 03.09.1671-17.05.1672 finisce

7) GIACOMINA 09.08.1674-??.??.???? finisce

8) BARTOLOMEO 15.03.1678-14.07.1678 finisce

______________________________________________________

3/2B

TERZA GENERAZIONE – FIGLI DI ANTONIO (2B)

ANTONIO 1627-1689

ANNA 1634 – ?

SPOSATI NEL 1652

FIGLI DUE

RAMI UNO

1) GIACOBINA 08.01.1656-??.??.???? finisce

2) GIUSEPPE 17.03.1670-??.??.1732 RAMO 3C

______________________________________________________

3/2C

TERZA GENERAZIONE – FIGLI DI VENTURA (2C)

VENTURA 1640-1702

ANTONIETTA DE MICHELI 1642 – ?

SPOSATI IL 22 GENNAIO 1663

FIGLI SEI

RAMI DUE

1) GIACOMINA 13.01.1664-20.08.1665 finisce

2) GIACOMINA II 16.09.1665-15.03.1691 finisce

3) BARTOLOMEO 26.08.1667-24.10.1684 finisce

4) ANDREA 29.11.1672-20.11.1742 RAMO 3D

5) GIOVANNI BATTISTA 20.08.1676-??.??.1747 RAMO 3E

6) MARIA CATHERINA 26.02.1680-??.??.1747 finisce

______________________________________________________

4/3A

QUARTA GENERAZIONE – FIGLI DI ANTONIO (3A)

ANTONIO 1667-1729

ANTONIETTA BIANCA ? – ?

SPOSATI L’11 APRILE 1689

FIGLI SEI

RAMI UNO

1) GIUSEPPE 15.07.1689-23.08.1689 finisce

2) GIUSEPPE II 15.05.1690-??.??.???? finisce?

3) GIOVANNI 07.07.1691-07.07.1691 finisce

4) ANNA MARIA 06.10.1693-??.??.???? finisce

(In sposa ad un Borghero)

5) MARIA CATTERINA 10.07.1695-??.??.???? finisce

6) GIACOMO 26.10.1697-22.11.1738 RAMO 4A

______________________________________________________

4/3B

QUARTA GENERAZIONE – FIGLI DI NICOLÒ* (3B)

NICOLÒ* 1669-1730

LUCREZIA MAZARDA 1672-1717

SPOSATI IL 7 APRILE 1693

FIGLI SETTE

RAMI DUE

1) MARIA CATTERINA 23.08.1694-??.??.???? finisce

2) ANTONIO MARIA 30.08.1697-28.01.1724 finisce?

3) GIACOMO ANDREA* 09.11.1700-06.04.1768 RAMO 4B

4) MARIA ROSA 27.07.1703-17.12.1719 finisce

5) MARIA ANTONIA 02.09.1708-07.08.1716 finisce

6) GIOVANNI BATTISTA 27.01.1706-01.01.1742 RAMO 4C

7) ANNA FRANCESCA 20.11.1713-??.??.???? finisce

______________________________________________________

4/3C

QUARTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIUSEPPE (3C)

GIUSEPPE 1670 – ?

ISABELLA PERCIVARA ? – ?

SPOSATI IL 24 GENNAIO 1701

FIGLI UNO

RAMI ESTINTO

1) GIUSEPPE ??.??.1702-??.??.1706 finisce

______________________________________________________

4/3D

QUARTA GENERAZIONE – FIGLI DI ANDREA (3D)

ANDREA 1672-1742

MARIA VERONICA BARBARA BIDONA 1674-1743

SPOSATI L’8 AGOSTO 1694

FIGLI TRE

RAMI DUE

1) BARTOLOMEO 15.05.1695-02.01.1752 RAMO 4D

2) MARIA ANTONIA 25.03.1699-?6.??.???? finisce

3) GIOVANNI BATTISTA 20.10.1705-15.04.1768 RAMO 4E

______________________________________________________4/3E

QUARTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIOVANNI BATTISTA (3E)

PRIME NOZZE

DATA IGNOTA

MOGLIE IGNOTA

FIGLI ZERO

RAMI ZERO

__________________________________________

SECONDE NOZZE 1728

GIOVANNI BATTISTA 1676-1734

MARIA CATTARINA GIACOMINA GRECHA 1706-1739

FIGLI CINQUE

RAMI UNO

1) GIUSEPPE MARIA 19.12.1728-25.12.1728 finisce

2) MARIA FRANCESCA ??.??.????-21.11.1769 finisce

3) GIOVANNA ANTONIA 24.06.1730-??.??.???? finisce

4) VENTURA 21.04.1732-??.??.1794 RAMO 4F

5) MARIA BARBARA 05.08.1733-??.??.???? finisce

______________________________________________________

5/4A

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIACOMO (4A)

GIACOMO 1697-1738

MARIA BARBARA BASSO 1699-1740

SPOSATI IL 24 FEBBRAIO 1716

FIGLI DUE

RAMI UNO

1) ANNA MARIA 09.06.1718-07.01.1748 finisce

(nubile)

2) ANTONIO BATTISTA 30.07.1722-??.??.1784 RAMO 5A

______________________________________________________

5/4B

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIACOMO ANDREA* (4B)

GIACOMO ANDREA* 1700-1768

BARTOLOMEA CAVANNA1702-1770

SPOSATI IL 30 GENNAIO 1723

FIGLI DODICI

RAMI DUE

1) NICOLA BENEDETTO 20.12.1724-22.12.1767 RAMO 5B

2) BARTOLOMEA 02.01.1726-04.01.1726 finisce

3) PAOLO DOMENICO 14.01.1727-??.??.???? finisce?

4) GIACOMO FILIPPO 10.12.1727-20.03.1728 finisce

5) MARIA LUCREZIA 17.01.1728-22.01.1729 finisce

6) MARIA GIACOBINA 31.01.1730-26.07.1734 finisce

7) PASQUALE 26.04.1732-02.05.1732 finisce

8) GIUSEPPE MARIA* 24.09.1733-??.??.1795 RAMO 5C

9) MARIA GIOVANNA

GIACOBINA 01.02.1736-??.??.???? finisce

10) GIOV. BATTISTA 17.09.1738-02.07.1739 finisce

11) STEFANO 27.03.1740-??.??.???? finisce?

12) MARIA ANTONIA 17.01.1744-??.??.1789 finisce

______________________________________________________

5/4C

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIOVANNI BATTISTA (4C)

GIOVANNI BATTISTA 1706-1742

MARIA MADDALENA FASCIOLO ? – ?

SPOSATI IL 22 GENNAIO 1736

FIGLI DUE

RAMI ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) GIOVANNI BERNARDO 20.08.1738-??.??.???? finisce?

2) GIOVANNI BATTISTA ??.??.1740-??.??.1740 finisce

3) VALENTINO 14.02.1741-??.??.???? finisce?

4) MARIA GIOVANNA 06.06.1742-??.??.???? finisce

______________________________________________________

5/4D

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI BARTOLOMEO (4D)

BARTOLOMEO 1692-1754

MARIA VERONICA ARDENTE ? – ?

SPOSATI IL 27 FEBBRAIO 1713

FIGLI SEI

RAMI DUE

1) GIACOMO ANDREA 19.11.1713-26.07.1715 finisce

2) VINCENZO ANDREA 26.08.1715-01.07.1775 RAMO 5D

3) ANNA MARIA 26.08.1717-??.??.???? finisce

4) ANTONIO 10.01.1720-??.??.???? finisce?

5) MARIA CATTARINA 21.03.1725-14.01.1726 finisce

6) FRANCESCO SAVERIO 03.12.1729-06.08.1778 RAMO 5E

7) MARIA ANGELICA 02.08.1731-22.02.1735 finisce

8) MARIA ROSA 24.09.1733-15.09.1734 finisce

9) AGOSTINO 14.08.1735-21.05.1764 finisce?

______________________________________________________

5/4E

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIOVANNI BATTISTA (4E)

GIOVANNI BATTISTA 1705-1767

CATTARINA MAZZA 1710-1770

SPOSATI IL 5 AGOSTO 1728

FIGLI QUATTRO

RAMI ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) MARIA NICOLETTA 08.05.1741-??.??.???? finisce

2) GIUSEPPE ANDREA 15.03.1744-??.??.???? finisce?

3) ANNA MARIA 08.03.1748-??.??.???? finisce

4) BONAVENTURA ??.??.????-30.06.1770 finisce?

(cascina Carbonara)

______________________________________________________

5/4F

QUINTA GENERAZIONE – FIGLI DI VENTURA (4F)VENTURA 1732 – ?

MARIA IPPOLITA SCOTTO ? – ?

SPOSATI NEL 1755

FIGLI OTTO

RAMI ESTINTO

1) GIOV. BATTISTA 02.01.1759-02.10.1768 finisce

2) MARIA DOMENICA 23.03.1760-05.08.1783 finisce

(in sposa a Giuseppe Canoti o Caroti che fosse)

3) MARIA BARBARA 28.08.1762-02.09.1763 finisce

4) MARIA ROSA 24.10.1762-??.??.???? finisce

5) MARIA GIOVANNA 27.02.1764-??.??.1812 finisce

(in sposa a Giuseppe Gambarotta)

6) GIOVANNI BATTISTA 03.07.1766-02.10.1768 finisce

7) GIUSEPPE MARIA 20.09.1768-02.02.1770 finisce

8) MARIA MARGHERITA 01.12.1770-??.??.???? finisce

______________________________________________________

6/5A

SESTA GENERAZIONE – FIGLI DI ANTONIO BATTISTA (5A)

ANTONIO BATTISTA 1722 – ?

MARGHERITA FOSSATA 1724 -?

SPOSATI IL 24 NOVEMBRE 1740

FIGLI DUE

RAMI ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) JACOPO ANDREA

FRANCESCO ??.??.1743-??.??.???? finisce?

2) GIOVANNI BLASO ??.??.1744-??.??.???? finisce?

3) BARBARA ??.??.????-??.??.1795 finisce

______________________________________________________

6/5B

SESTA GENERAZIONE – FIGLI DI NICOLA BENEDETTO (5B)

PRIME NOZZE 1743

NICOLA BENEDETTO 1724-1767

CATTARINA NORESA ? – ?

FIGLI UNO

RAMI UNO

1) GIUSEPPE ANDREA 15.03.1744-??.??.1806 RAMO 6A

__________________________________________

SECONDE NOZZE 1749

NICOLA BENEDETTO 1724-1767

ISABELLA SONSINO ? – ?

FIGLI QUATTRO

RAMI TRE

1/2) DOMENICO 17.03.1754- ??.??.1816 RAMO 6B

2/3) FRANCESCO SAV. 18.07.1760-??.??.1822 RAMO 6C

3/4) MARIA TERESA 22.10.1762-??.??.???? finisce

4/5) GIOVANNI ANTONIO 29.04.1764-17.08.1834 RAMO 6D

______________________________________________________

6/5C

SESTA GENERAZIONE – FIGLI DI GIUSEPPE MARIA* (5C)

PRIME NOZZE 1760

GIUSEPPE MARIA* 1733-1795

ANNA MARIA VARESE 1739-1776

FIGLI SEI

RAMI DUE

1) GIACOMO ANDREA* 24.03.1761-??.??.1813 RAMO 6E

2) NICOLÒ 08.08.1763-23.09.1821 RAMO 6F

3) MARIA DOMENICA ??.??.1765-??.??.???? finisce

4) MARIA MADDALENA 20.12.1768-02.02.1830 finisce

(in sposa a Francesco Gambarotta)

5) GIOVANNI FRANCESCO 20.12.1771-??.??.???? finisce?

6) PIETRO 26.02.1776-??.??.1793 finisce

__________________________________________

SECONDE NOZZE 20.04.1780

GIUSEPPE MARIA* 1733-1795

MADDALENA ANFOSSO ? – ?

FIGLI ZERO

RAMI ZERO

______________________________________________________

6/5D

SESTA GENERAZIONE – FIGLI DI VINCENZO (5D)

PRIME NOZZE 20.11.1759

VINCENZO ANDREA 1715-1775

BARBARA CAVANNA VEDOVA DE MICHELI ? – 1766

FIGLI ZERO

RAMI ZERO

__________________________________________

SECONDE NOZZE 14.09.1766

VINCENZO ANDREA 1715-1775

ROSA ARMANA DI ANDREA 1745 – ?

FIGLI SEI

RAMO ESTINTO

1) NICOLÒ ??.??.1767-??.??.1767 finisce

2) GIOVAN. CRISTOFOMO 27.01.1768-14.03.1769 finisce

3) GIOVANNI BATTISTA ??.11.1768-??.??.1768 finisce

4) NICOLA ??.??.1769-??.??.1769 finisce

5) VINCENZO ??.??.1770-???.??.1774 finisce

6) GIOV. BATTISTA ??.??.????-??.??.1775 finisce

______________________________________________________

6/5E

SESTA GENERAZIONE – FIGLI DI FRANCESCO SAVERIO (5E)

PRIME NOZZE 1754

FRANCESCO SAVERIO 1729-1778

TERESA MORELLA (O MERELLA CHE SIA – PROVENIENTE, FORSE DALL’OMONIMA FRAZIONE DI NOVI) 1736-1767

FIGLI TRE

RAMI ZERO

1) MARIA MAGDALA 10.08.1757-??.??.1815 finisce

(in sposa ad Antonio Bottaro)2) BARTOLOMEO 28.02.1764-16.02.1767 finisce

3) GERONIMA ??.??.1767-??.??.1767 finisce

__________________________________________

SECONDE NOZZE 27.04.1767

FRANCESCO SAVERIO 1729-1778

ANNA MARIA DI PIETRO PAOLO 1746 – 1803

FIGLI CINQUE

RAMO ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1/4) MARIA CATERINA ??.??.1768-??.??.1768 finisce

2/5) ANDREA 01.12.1771-09.08.1819 RAMO 6G

3/6) GAETANO 07.08.1774-??.??.???? finisce

4/7) MARIA VERONICA 28.06.1776-??.??.???? finisce

5/8) FRANCESCA SAV. 14.10.1778-??.??.1780 finisce

______________________________________________________

7/6A

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI ANDREA (6A)

PRIME NOZZE 10.11.1765

ANDREA 1744-1802

MARGHERITA PONTA DI FRANCESCO 1745 – ?

FIGLI NOVE

RAMI UNO

1) MARIA CATERINA 25.08.1766-11.09.1768 finisce

2) NICOLÒ 09.10.1768-06.10.1769 finisce

3) MARIA MADDALENA 26.01.1770-23.07.1779 finisce

4) NICOLA 03.05.1771-??.??.1833 RAMO 7A

5) CARLO VINCENZO 02.12.1773-03.08.1774 finisce

6) GIOVANNI BATTISTA 17.01.1775-18.01.1775 finisce

7) GIACOMO ANTONIO 18.01.1776-28.08.1777 finisce

8) GIUSEPPE MARIA 24.02.1779-25.06.1780 finisce

9) GIUS. MARIA II 08.11.1781-23.08.1785 finisce

__________________________________________

SECONDE NOZZE 19.06.1784

ANDREA 1744-1802

GIOVANNA GUSMANA DI DOMENICO 1760 – ?

(SORELLA DI ANNA MARIA SPOSA DI ANDREA DI GIUSEPPE IN DATA 20.02.1783)

FIGLI DUE

RAMI ZERO

1/10) ANNA MARIA ??.??.1803-??.??.1803 finisce

2/11) MARIA GERMANA ??.??.1805-??.??.1806 finisce

______________________________________________________

7/6B

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI DOMENICO (6B)

DOMENICO 1754-1816

ANGELA DELLACHÀ ? – ? VEDOVA DI PAOLO PARODI

SPOSATI IL 27 MAGGIO 1777

FIGLI TRE

RAMO ESTINTO

1) GIACOMO AGOSTINO 04.10.1778-14.07.1781 finisce

2) GIOVANNI VINCENZO 11.08.1783-20.08.1783 finisce

3) PAOLO SANTINO 06.12.1786-20.07.1789 finisce

______________________________________________________

7/6C

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI FRANCESCO SAVERIO (6C)

FRANCESCO SAVERIO 1760-1822

FRANCESCA MARIA RIGALZA DI GIOVANNI BATTISTA ? – ?

SPOSATI IL 14 APRILE 1790

FIGLI SETTE

RAMI DUE

1) ANDREA NICOLÒ 08.10.1791-??.??.1853 RAMO 7B

2) MARCO GIUSEPPE 06.06.1795-11.11.1797 finisce

3) MARCO GIUSEPPE II 20.06.1799-??.??.???? finisce?

4) MARIA GIULIA 04.11.1802-??.??.???? finisce

ISABELLA

5) DOMENICO 19.03.1805-??.??.1844 RAMO 7C

6) FRANCESCO 18.07.1807-??.??.???? finisce?

______________________________________________________

7/6D

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI GIOVANNI ANTONIO (6D)

GIOVANNI ANTONIO GUENNA 1764-1834

ANNA MARIA RIZZO 1772 – ?

SPOSATI NEL 1795

FIGLI SETTE

RAMO ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) MARIA TERESA 26.12.1795-06.01.1796 finisce

2) MARIA TERESA II 21.12.1796-??.??.1796 finisce

3) MARIA ROSA 15.12.1802-??.??.???? finisce

4) GIUSEPPE ANTONIO 19.01.1806-???.??.???? finisce?

TIMOTEO

5) MARIA TERESA III 27.12.1810-??.??.???? finisce

6) NATALE 25.12.1812-??.??.???? finisce?

7) GIUSEPPE ANDREA 19.01.1814-??.??.???? finisce?

______________________________________________________

7/6E

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI GIACOMO ANDREA* (6E)

GIACOMO ANDREA* 1761-1813

ANNA MARIA GUSMANA DI DOMENICO ? – ?

(SORELLA DI GIOVANNA GUSMANA MOGLIE DI ANDREA DI NICOLÒ-6A)

SPOSATI IL 20 FEBBRAIO 1783

FIGLI DUE

RAMI UNO

1) DOMENICO GIUSEPPE* 28.08.1785-28.03.1864 RAMO 7D

(REGISTRATO NEI LIBRI COME MEDIATORE)2) ANGELA MARIA 19.09.1790-20.02.1835 finisce

(in sposa ad Augusto Sansebastiano)

______________________________________________________

7/6F

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI NICOLÒ (6F)

NICOLÒ 1763-1821

MARIA ANTONIA “BABULANA”

(DELLA ZONA BABULANA TRA LA FRAZIONE MERELLA E CASSANO S.)

DI PIETRO PAOLO

VEDOVA DI FRANCESCO SAVERIO GUENNA – 5E

1746-1803

SPOSATI IL PRIMO NOVEMBRE 1786

FIGLI UNO

RAMI ESTINTO

1) PIETRO PAOLO 14.02.1788-18.02.1788 finisce

______________________________________________________

7/6G

SETTIMA GENERAZIONE – FIGLI DI ANDREA (6G)

ANDREA 1771-1819

TERESA SANSEBASTIANO ? – ?

FIGLI UNO

RAMO ESTINTO?

1) SAVERIO ??.??.1804-??.??.???? finisce?

______________________________________________________

8/7A

OTTAVA GENERAZIONE – FIGLI DI NICOLA (7A)

NICOLA 1771-1833

FRANCESCA (ANNA MARIA) PARODI 1773 -?

SPOSATI IL 20 FEBBRAIO 1792

FIGLI SETTE

RAMI UNO

1) MARIA MARGHERITA 08.10.1793-09.10.1795 finisce

2) MARIA ANTONIA 21.01.1796-??.??.1878 finisce

(vedova di Andrea Fossati a 48 anni, in sposa a Lazzaro Buffa da Tassarolo)

3) ANDREA ANTONIO 05.11.1797-30.11.1843 RAMO 8A

Vetturino nell’azienda commerciale Guenna-Rivaro di Palazzo Spinola di Andrea (8C). Collaterale di 8° grado, la parentela è finita al 6° grado).

4) GIO.BATT.BONIFACIO 15.02.1800-26.02.1800 finisce

5) GIOVANNI ANTONIO 28.08.1801-??.??.1801 finisce

6) GIOVANNI MATTEO 21.09.1803-??.??.1803 finisce

7) GIOVANNI BATTISTA 09.07.1805-??.??.???? finisce?

______________________________________________________

8/7B

OTTAVA GENERAZIONE – FIGLI DI ANDREA NICOLÒ ANTONIO (7B)

PRIME NOZZE 1814

ANDREA NICOLÒ ANTONIO 1797-1843

MARIA GAMBAROTTA 1798-1815

FIGLI UNO

RAMI ZERO

1) MADDALENA ??.??.1815-03.10.1888 finisce

(sposa Andrea Corte il 17 giugno 1838)

__________________________________________

SECONDE NOZZE 09.08.1831

ANDREA NICOLÒ ANTONIO 1797-1843

MARIA RISSO DI GIOVANNI DA SERRAVALLE 1812 – ? (CUCITRICE)

FIGLI QUATTRO

RAMO ESTINTO

2) FRANCESCO 14.07.1833-10.02.1834 finisce

3) M. MADD. ASSUNTA 08.08.1838-10.02.1834 finisce

4) GIUSEPPE 01.06.1841-24.01.1842 finisce

5) GIUSEPPINA 19.01.1842-??.??.???? finisce

______________________________________________________

8/7C

OTTAVA GENERAZIONE – FIGLI DI DOMENICO (7C)

DOMENICO 1805-1844

ROSA GUALCO ? – ?

SPOSATI 9 APRILE 1826

FIGLI DUE

RAMI UNO

1) TOMMASO FRANCESCO ??.??.1830-??.??.1892 RAMO 8B

2) BARTOLOMEO 11.10.1835-17.11.1839 finisce

______________________________________________________

8/7D

OTTAVA GENERAZIONE – FIGLI DI DOMENICO GIUSEPPE* (7D)

DOMENICO GIUSEPPE* 1785-1864 (MEDIATORE)

MARIA FELICITA GUGLIELMINA GIANNELLI DI GUGLIELMO ? – ?

SPOSATI IL 17 NOVEMBRE 1805

FIGLI TRE

RAMI CERTI: UNO

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA DI DUE RAMI

1) DOMENICO ANDREA* 19.10.1806-28.05.1879 RAMO 8C

2) NICOLÒ ??.??.1808-30.11.1874 RAMO ?

3) DOMENICO MARTINO ??.??.1810-03.08.1844 RAMO ?

4) MARIA ??.??.????-09.12.1874 finisce

N.B.: DEFINITI TUTTI “BENESTANTI”

______________________________________________________

8/7E

OTTAVA GENERAZIONE – FIGLI DI SAVERIO (7E)

SAVERIO 1804-????

BENEDETTA GAZZO DI GIOVANNI

SPOSATI IL 07.01.1827EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

______________________________________________________

9/8A

NONA GENERAZIONE – FIGLI DI ANDREA ANTONIO (8A)

ANDREA ANTONIO 1797-1843

LUDOVICA PESSO 1799-01.05.1833

SPOSATI IL 27.12.1817

FIGLI SETTE

RAMO ESTINTO?

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) CATTARINA FRANC. 02.10.1818-??.??.1818 finisce

2) FRANCESCA 21.07.1820-??.??.???? finisce

3) CATTERINA VINCENZA 24.11.1824-??.??.???? finisce

(in sposa a Luigi De Micheli di Giovanni in data 8 gennaio 1848)

4) FRANCESCO 16.09.1826-??.??.???? finisce?

5) ROSA MARIA 18.08.1829-25.04.1879 finisce

(in sposa a Gianni Masino il 9 novembre 1847)

6) PIETRO 05.05.1831-??.??.???? finisce?

7) EMILIA MARCELLA 25.04.1833-27.01.1852 finisce

(DOMESTICA)

______________________________________________________

9/8B

NONA GENERAZIONE – FIGLI DI TOMMASO FRANCESCO (8B)

PRIME NOZZE 15.11.1851

TOMMASO FRANCESCO 1830-1892

GIOVANNA LISSINI DI FORTUNATO 1830 – ?

FIGLI TRE

RAMI ZERO

EVENTUALE PROSECUZIONE SCONOSCIUTA

1) TOMMASO 04.10.1854-??.??.???? finisce?

2) MARIA MADD.LUIGIA 07.08.1857-??.??.???? finisce

3) BERNARDINO 10.05.1863-??.??.???? finisce?

__________________________________________

SECONDE NOZZE 20.10.1867

TOMMASO FRANCESCO 1830-1892

ANTONIA SEMINO 1845 – ? (DI BARTOLOMEO E ANGELA BAGNASCO)

FIGLI SEI

RAMO GENOVESE

1/4) GIUSEPPE 26.04.1868-??.??.1950 R. GENOVESE

2/5) MARIA ANGELA 14.08.1870-29.12.1871 finisce

3/6) ROSA 21.09.1872-24.07.1873 finisce

4/7) ANGELO 27.04.1874-??.??.1878 finisce

5/8) DOMENICO 20.03.1876-22.12.1877 finisce

6/9) ANGELA ROSA 10.10.1879-??.??.???? finisce

______________________________________________________

9/8C

NONA GENERAZIONE – FIGLI DI DOMENICO ANDREA* (8C)

DOMENICIO ANDREA* 1806-1879

GEROLAMA RIVARO 1815-1891

SPOSATI IL 07.08.1831

FIGLI UNO

RAMI UNO

1) DOMENICO GIUSEPPE* 12.05.1832-07.06.1882 RAMO 9A

______________________________________________________

10/9A

DECIMA GENERAZIONE – FIGLI DI DOMENICO GIUSEPPE* (9A)

Nel Registro Parrocchiale si legge: “DOMENICO GIUSEPPE GUENNA* (1832-1882 n.d.a.) DI ANDREA E GEROLAMA RIVARO E LUIGIA

TRAVERSO, 27 ANNI (1835-1897 n.d.a.), DI DOMENICO E GIUSTINA CIPOLLINA SPOSATI IL 29 APRILE 1862 TESTIMONI: PIETRO ZAVAGLIA

DI NOVI 34 ANNI, LUIGI GARDINO DI ALESSANDRIA 32 ANNI”*

FIGLI NOVE – RAMI DUE

1) GEROLAMA GIULIA 27.02.1863-09.11.1882 finisce

N.B.: Nel foglio 9°, al paragrafo n. 16 del libro 18° (1863) nella Parrocchia di San Nicolò si legge: “Gerolama Giulia Marina di Giuseppe

(proprietario) di Andrea (proprietario) e Luigia Traverso di Domenico (direttrice di casa)”.

2) GIUSTINA 12.05.1864-28.06.1932 finisce

N.B.: Nell’atto di nascita in San Nicolò si legge che Giustina è figlia di Giuseppe di Andrea (mediatore) e Luigia Traverso (direttrice di casa).

Sposerà Francesco Guidi.

3) GIACOMO ANDREA 05.05.1866-??.??.1890 finisce

4) MARIA CARMELA 01.06.1869-11.01.1932 finisce

(LINA BORGO) N.B.: Sposerà il giornalista Enrico Borgo di Alessandria.

5) ANTONIO PASQUALE* 06.01.1872-09.11.1938 RAMO 10A

6) FRANCESCO GIUSEPPE 16.04.1874-29.11.1954 RAMO 10B

7) GIUSEPPE ANTONIO ??.??.1877-24.02.1878 finisce

8) MARIA ANNA ??.??.1879-27.03.1879 finisce

9) GIOVANNI ??.??.1881-04.05.1881 finisce

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11/10A

UNDICESIMA GENERAZIONE – FIGLI DI ANTONIO PASQUALE* (10A)

ANTONIO PASQUALE* 1872-1938

MARGHERITA SPINSO 20.02.1873-24.08.1938

SPOSATI IL 9 GENNAIO 1893

TESTIMONE ELIA PATRI DI NOVI

FIGLI UNDICI

RAMI QUATTRO

1) GIUSEPPE “JOSÈ” 02.10.1893-25.03.1966 RAMO 11A

(NINI)

2) LUIGI ANDREA 08.10.1895-19.08.1896 finisce

3) CESARE 05.05.1897-22.02.1917 finisce

4) ARTURO ETTORE* 17.09.1900-19.01.1980 RAMO 11B

5) MARIA 27.09.1903-18.10.1904 finisce

6) ELENA (Suor Maria) 22.05.1902-19.07.1953 finisce

7) CARMELINA 01.11.1904-16.07.1984 finisce

(CARMEN)

8) FRANCESCO MARIO 10.07.1908-19.12.1987 RAMO 11C

9) ADELINA 09.02.1911-05.11.1986 finisce10) ALBERTO 12.02.1914-22.06.1995 RAMO 11 D

11) VITTORIA (RINA) 17.11.1916-VIVENTE finisce

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11/10B

UNDICESIMA GENERAZIONE – FIGLI DI FRANCESCO GIUSEPPE (11B)

FRANCESCO GIUSEPPE 1874-1954

MADDALENA CRAVENNA 1878-1925

FIGLI CINQUE

RAMO ESTINTO

1) LUIGI 18.04.1898-05.05.1909 finisce

2) ROMUALDO 10.03.1899-08.09.1920 finisce

3) NATALINA 16.10.1900-20.10.1905 finisce

4) CARLO 31.01.1905-31.01.1905 finisce

5) EVELINA 13.07.1906-04.10.1967 finisce

(LINUCCIA) (in sposa a Franco Saia di Capriata)

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12/11A

DODICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE – FIGLI DI GIUSEPPE JOSÈ (NINI) (11A)

PRIME NOZZE

GIUSEPPE GUENNA 1893-1963

MARIA SACCHI

FIGLI UNO

RAMI UNO

1) RICCARDO ??.??.1914-VIVENTE RAMO 12A

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SECONDE NOZZE (DOPO DIVORZIO)

GIUSEPPE GUENNA 1893-1963

ELVIRA BASSO

FIGLI DUE

RAMI ZERO

1/2) MARGHERITA ??.??.1916-VIVENTE finisce

2/3) OLGA ??.??.1918-VIVENTE finisce

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12/11B

DODICESIMA GENERAZIONE– FIGLI DI ARTURO ETTORE* (11B)

ARTURO ETTORE* 1900-1980

ANNA DI RE 1908

SPOSATI NEL 1929

FIGLI TRE

RAMI UNO

1) GIUSEPPINA 14.08.1930-VIVENTE finisce

(PINUCCIA)

2) GIULIO ANTONIO* 13.10.1931-VIVENTE RAMO 12B*

3) GRAZIA MARIA PIA 11.04.1943-VIVENTE finisce

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12/11C

DODICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE – FIGLI DI FRANCESCO MARIO (11C)

FRANCESCO MARIO 1908-1987

LUISA MARCHI

SPOSATI NEL 1935

FIGLI UNO

RAMI UNO

1) ANTONIO 19.02.1936-VIVENTE RAMO 12 C

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RAMO MANTELLI

FRANCESCO MARIO GUENNA 1908-1987

RITA MANTELLI

FIGLI DUE

1) ALBERTO MANTELLI 1951

2) ROSANGELA MANTELLI 1955

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12/11D

DODICESIMA GENERAZIONE– FIGLI DI ALBERTO* (11D)

ALBERTO* 1914-1995

OLGA SARPERI 11.01.1911

SPOSATI NEL 1939

FIGLI QUATTRO

RAMI UNO

1) MARGHERITA SANTINA 12.06.1940-VIVENTE finisce

NORMA (GHIRY) (in sposa a Luigi Romano Pasquale di Novi)

2) FRANCESCO MARIO 14.07.1942-16.07.1942 finisce

NELLO

3) ALESSANDRA 01.04.1947-VIVENTE finisce

CARMEN MARIA (in sposa a Ercole Patrone di Genova)

(SANDRA)

4) ANDREA MASSIMO 10.06.1953-VIVENTE RAMO 12D

CORRADO

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13/12A

TREDICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE – FIGLI DI RICCARDO (12A)

RICCARDO 1914

AMELIA

FIGLI QUATTRO

RAMI TRE1) EDUARDO ??.??.1939-VIVENTE RAMO 13A

2) ALICIA ??.??.1940-VIVENTE finisce

3) RICCARDO ??.??.1949-VIVENTE RAMO 13B

4) DANIELE ??.??.1953-VIVENTE RAMO 13C

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13/12B

TREDICESIMA GENERAZIONE– FIGLI DI GIULIO (12B)

GIULIO 1931

INES TINELLO 1930

SPOSATI IL 7 LUGLIO 1962

FIGLI DUE

RAMI DUE

1) GIOVANNI MAURO 19.12.1963-VIVENTE RAMO 13D

2) FRANCESCO 30.10.1965-VIVENTE RAMO 13E

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13/12C

TREDICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE – FIGLI DI ANTONIO (12C)

ANTONIO 1936

MARIA JOSÈ TABACCO 1938

FIGLI DUE

RAMI DUE

1) MAURO 20.08.1961-VIVENTE RAMO 13F

2) MATTEO DARIO 06.04.1970-VIVENTE RAMO 13G

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RAMO MANTELLI

TREDICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE

FIGLI DI

ALBERTO ROCCO MANTELLI

1) FEDERICO 1978

2) DAVIDE 1983

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14/13F

QUATTORDICESIMA GENERAZIONE NON NOVESE – FIGLI DI MAURO (13F)

MAURO 1961

MADDALENA TERESA LUCIA DIOLI 1963

SPOSATI NEL 1990

1) JACOPO ALESSANDRO 25.01.1991-VIVENTE RAMO 14A

ANTONIO

2) NICOLÒ MATTIA 03.04.1995-VIVENTE RAMO 14B

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4 – FAMIGLIA GUENNA, QUADRO GENEALOGICO SCHEMATIZZATO

ANTONIO GUENNA 1568-1630

1 A

____________________

1593-1655

2 A 2B ___2C____ 1624-1702

3 A 3 B 3C 3D 3E 1667-1747

4 A 4 B 4C __4D__ 4E 4F 1695-1794

5 A 5B 5 C 5D 5E 1715-1795

6A 6B 6C 6D 6 E 6F 6G 1744-1822

7A 7B 7C 7 D 7E 1771-1864

8A 8B 8 C 1797-1892

R. GENOVESE 9 A ________________________ 1832-1882

GIUSEP. 1868-1950 10 A 10B 1872-1954

ARTURO 1903-1982 11A 11 B 11C 11D 1893-1995

MARCO 1939-VIV. 12A

___

12 B 12C 12D 1914-VIVE

LUCA 1965-VIV. 13A 13B 13C 13 D 13E 13F 13G 1940-VIVE

MOSE’ 1993-VIV. 14A 14B 1995-VIVE

GWENN-PARTE QUARTA

SCHEDE

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CAPITOLO OTTAVO

BORGO ENZO

Sestogenito di Enrico e Lina Guenna. Alessandria 20 dicembre 1903, l’Avana (Cuba) 29 ottobre 1941.

1925-22 ANNI: dopo la maturità, parte per l’America Latina e sbarca a Cuba dove fa l’assicuratore.

1927-24 ANNI: sposa Anita Bustamante che gli darà un figlio maschio, Enrico, che conoscerà una splendida carriera diplomatica: avvocato, è

attualmente deputato al Parlamento Salvadoregno e siede nei banchi del governo con la carica di Vicepresidente della Repubblica del San

Salvador.

1940-37 ANNI: dopo il divorzio ottenuto nel 1933, si risposa con Rosabianca Majorca.

BORGO GINO

Secondogenito di Enrico e di Lina Guenna. Alessandria 18.10.1897, Roma 25.04.1947.

1915-18 ANNI: appena conseguito il diploma di maturità, parte volontario come Sottotenente di Complemento degli Arditi, nel reparto dei

Bombardieri a Mano. Ferito gravemente, meriterà la medaglia d’argento al Valor Militare.

1921-24 ANNI: sposa Tina Colombo di Torino.

1923-26 ANNI: reduce dalla Grande Guerra, ha modo di terminare gli studi conseguendo la laurea in giurisprudenza all’Università di Torino.

1924-27 ANNI: inizia l’attività di procuratore legale in un avviato studio legale di Torino.

1925-28 ANNI: è Seniore della Milizia Fascista.

1927-30 ANNI: supera l’esame di Stato e diventa avvocato. Amico di Galeazzo Ciano, il futuro quanto sfortunato genero del Duce, è eletto

Consultore Nazionale alla Camera dei Fasci (Deputato) nel collegio di Catanzaro.

1930-33 ANNI: è insignito giovanissimo dell’onorificenza di Grande Ufficiale e Commendatore della Corona d’Italia.

1931-34 ANNI: è vittima d’un attentato da parte di un anarchico, nel corso dell’inaugurazione del Fascio di Filadelfia della comunità italiana negli

Stati Uniti, di cui è fondatore.1932-35 ANNI: sempre negli Stati Uniti, ottiene il divorzio da Tina Colombo.

1933-36 ANNI: tornato in Italia, è protagonista di una schermaglia verbale con il ministro Achille Starace, in merito alla politica estera del Duce,

fatto che gli costerà le “dimissioni” dalla carica in Parlamento.

1934-37 ANNI: si dedica totalmente alla professione di avvocato, aprendo uno studio anche a Roma. Inizia un’intensa collaborazione

professionale con il Ministero degli Esteri grazie alle molte ed influenti amicizie nell’ambiente. Evidentemente, nelle alte sfere del Regime, i

plenipotenziari avevano tratto la conclusione che, in fatto di politica estera, tra Gino Borgo ed Achille Starace, aveva ragione il primo. Comunque,

l’appoggio del suo amico Galeazzo Ciano e della cerchia di amici del compianto Luigi Amedeo d’Aosta Duca degli Abruzzi, morto l’anno prima,

furono determinanti per rientrare nel “giro”.

1937-40 ANNI: si risposa con Lucia Gianni di Siena, da cui avrà due maschi: Manlio e Ludovico.

BORGO ITALA IN BRAMBILLA

Terzogenita di Enrico e Lina Guenna. Alessandria il 15 luglio 1900, 12 dicembre 1981.

1910-10 ANNI: inizia gli studi in pianoforte dal professor Vitale di Alessandria.

1911-11 ANNI: dopo il trasferimento in Asti con la famiglia, prosegue a studiare il pianoforte con la maestra Gazzone. Arriverà al 5° anno. Molti

l’hanno descritta come una sensibile ed appassionata interprete di Chopin.

1918-18 ANNI: consegue a pieni voti il diploma in ragioneria.

1931-31 ANNI: sposa il dottor Giancarlo Brambilla di Asti, funzionario di banca, direttore del Credito Italiano di Biella e, successivamente,

ispettore dello stesso istituto, nella sede di Milano.

BORGO RENATA

Quartogenita di Enrico e di Lina Guenna, gemella di Anita, morta poco dopo la nascita. Alessandria 16 novembre 1901, Asti 1978.

1920-19 ANNI: si diploma maestra d’asilo per il “Metodo Montessori”.

1932-31 ANNI: alla morte della madre, continua l’opera di educatrice con dedizione e competenza.

BORGO VALENTINO

Primogenito di Enrico e Lina Guenna. Alessandria 24 luglio 1896, Torino 14 ottobre 1954.

1914-18 ANNI: diplomato ragioniere è impiegato del Credito Italiano.

1915-19ANNI: sottotenente di fanteria nella Grande Guerra.

1919-21 ANNI: legionario a Fiume con d’Annunzio.

1924-28 ANNI: promosso funzionario del Credito Italiano di Torino.

1940-44 ANNI: maggiore di fanteria nella Seconda Guerra Mondiale.

1943-47 ANNI: ferito gravemente a Palermo dagli Alleati, è ricoverato all’Ospedale Militare di Napoli.

1954-58 ANNI: muore dopo undici anni di calvario per le complicanze dovute alle gravi ferite riportate in guerra: perforazione di un polmone e di

un rene.

Lascia la moglie Eugenia Gay ed un figlio maschio.

GUENNA ADELINA IN MARINI

Nona di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 9 febbraio 1911, Camogli 5 novembre 1986.

1924-13 ANNI: consegue il diploma di terza tecnica. Prosegue intanto gli studi in pianoforte.

1925-14 ANNI: inizia un corso per ricamatrici a Novi Ligure.

1938-27 ANNI: sposa a Genova Aristide Marini, commerciante in stoffe.

1939-28 ANNI: dà alla luce la sua unica figlia, Simonetta.

GUENNA ALBERTO (11D)

Decimo di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 12 febbraio 1914, Novi Ligure 22 giugno 1995.

1927-13 ANNI: terminata la terza tecnica, entra come fattorino alla ditta Pernigotti Coloniali. Passa impiegato dopo qualche mese.

1928-14 ANNI: termina gli studi in violino (iniziati tre anni prima col maestro Remersaro) sotto la guida del maestro Chiaia. Si esibisce nei primi

saggi in duetti con la sorella Vittoria (la zia Rina) violinista e pianista.

1935-21 ANNI: supera gli esami paramilitari ed ottiene il grado di sottotenente della Milizia Fascista. Il 23 settembre è chiamato alle armi nel

Genio Minatori (matricola 29000).

1938-24 ANNI: consegue il diploma di Geometra sostenendo l’esame di Maturità come privatista.

1939-25 ANNI: il 30 aprile sposa a Genova Olga Sàrperi, maestra elementare, da cui avrà quattro figli, due maschi e due femmine.

1940-26 ANNI: già padre di Margherita, è richiamato alle armi ed è assegnato al reparto Fanteria di Novi Ligure.

1943-29 ANNI: dal 1° gennaio al 30 aprile è all’Istituto Geografico Militare di Firenze in qualità di topografo e cartografo. Dall’otto agosto è

furiere alla Caserma Passalacqua di Tortona, soldato del 38° Reggimento fanteria. La sera dell’otto settembre, appena giunta la notizia

dell’armistizio, prevedendo la belluina reazione dei tedeschi, d’accordo con l’Ufficiale di Picchetto, suo buon amico, firma centinaia di licenze per

le giovani reclute che fa uscire subito dalla caserma, mentre predispone delle pattuglie per il presidio di molti quartieri cittadini. Ecco, a

proposito, uno stralcio della prima pagina tratta dallo spontaneo diario di papà, scritto in periodo di prigionia.

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“Alle 19 dell’otto settembre 1943 sto passeggiando con il camerata Breventani per corso Emilia in Tortona. Come un improvviso incendio, così il

popolo si accende di un grande entusiasmo, preso da incontenibile gioia. La guerra è finita! Io non partecipo a questa gioia perché la guerra è

stata perduta e poi perché in Italia abbiamo ancora gli alleati germanici. I miei pronostici comunicati a Breventani sono i più neri. Omissis.

Mi urta la gioia sfrenata di tutti, non ho comprensione per loro, urlo a qualcuno il loro errore. Nostri Ufficiali in giro per la città ci ordinano di

rientrare in caserma immediatamente. Omissis.

Nel cortile della caserma si fa adunata generale. Qualche discorso fatto con una voce velata e chiusa ci dimostra che i nostri superiori sono

addolorati. E ce lo dicono! Hanno ragione. La pensano come me. Io lavoro fino all’una dopo mezzanotte con il mio comandante di compagnia,

Tenente Riva, per ordinare pattuglioni armati per la città, per l’occupazione dei luoghi importanti, ecc. ecc. Vado a riposare. Sono molto stanco e

mi addormento immediatamente. Il mattino alle 5.30 vengo svegliato da raffiche di mitragliatrici, da colpi di pistola e di moschetto. Sento

piangere disperatamente: è un mio amico sottotenente che è stato disarmato dai Tedeschi. I nostri ex-alleati hanno già disarmato quasi tutti gli

uomini della mia compagnia.

Mi vesto affrettatamente e anch’io consegno i miei armamenti. Prendo quello che posso delle mie cose personali e scendo con gli altri in cortile.

Tre carri armati sono in cortile con i cannoni puntati in tre posti diversi.

Incomincia appena a fare chiaro.

Sappiamo che c’è stato qualche morto dei nostri in caserma, omissis.

Siamo tutti prigionieri. Diverse mitragliatrici sparse tutto intorno al cortile sono con la canna rivolta verso di noi. Ogni tanto una raffica appena

sopra le nostre teste ci fa allungare a terra e ci immobilizza. Molti piangono e hanno paura. Spunta il sole che ben presto diventa tropicale.

Siamo obbligati a stare in cortile a terra sotto il sole. In questo cortile, sotto il sole il giorno e sotto le stelle e la rugiada la notte, stiamo giovedì

9 settembre, venerdì 10 settembre e sabato 11 settembre.”

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Il 16 settembre la tradotta dei deportati, mio padre Alberto compreso, giunge in Germania a Luckenwalde, nella regione di Brandeburgo, a 25

chilometri a sud di Berlino. Internato Militare Italiano (I.M.I.), matricola 119856 assegnato al Lager III A, è operaio in una fabbrica di cartone

ondulato di Luckenwalde.

1944-30 ANNI: è direttore del teatro del campo di concentramento, componente l’orchestra del Teatro Italiano, primo violino e presentatore. “Il

violino mi ha salvato la vita – ripeterà spesso Alberto Guenna -, per merito suo i tedeschi hanno avuto un occhio di riguardo per me”. Buon

musicista, non tanto per le sue doti virtuosistiche, obiettivamente mediocri, ma per l’intonazione, il tempismo e la “cavata” veramente

apprezzabili, che gli consentivano esecuzioni di grande intensità. Nella notte di Natale del 1944 suonerà, in un assolo trasmesso dalla radio

tedesca, “Stille Nachte”, la toccante melodia di Natale di tradizione germanica.

1945-31 ANNI: il 29 agosto alle 11 circa, scende dalla tradotta giunta a Novi dopo un viaggio di oltre 1400 chilometri, che lo riporta a casa dal

campo di Luckenwalde. Nel diario di prigionia, Alberto Guenna sottolinea una coincidenza curiosa.

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“Voglio precisare che la partenza da Luckenwalde è avvenuta il 24 agosto 1945 e che la tradotta si è mossa alle ore 17 esatte. Non a caso, ma

per una forza superiore a cui io credo fortemente, era il giorno e l’ora esatta della morte di mia mamma avvenuta nel 1938”.

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Riprende il lavoro in Pernigotti con la qualifica di capo servizio amministrativo, 1° livello.

1948-34 ANNI: fonda e dirige la società di calcio Crimea Novi, con la quale partecipa al Campionato Italiano di serie D. il Crimea Novi terminerà

quarto in classifica mentre l’Ilva Novi vincerà il girone.

1949-35 ANNI: con l’amico Professor Virando, primario chirurgo dell’ospedale di Novi e Presidente del Crimea Novi (Alberto è Vice-Presidente),

fonda insieme al Commendator Beretta ed altri sportivi la “Unione Sportiva Novese”, che diverrà presto “Novese Velluti Dellepiane”, grazie alla

fusione del Crimea Calcio e dell’Ilva Novi ma, soprattutto, grazie alla sponsorizzazione dell’imprenditore novese Mariano Dellepiane. La rinascita

della gloriosa Novese Campione d’Italia nel 1921-1922 è quindi una realtà.

1951-37 ANNI: presidente del Moto Club Novi, successo al Commendator Mariano Dellepiane (lo sponsor della Novese di cui sopra), conquista

con altri 32 motociclisti del Moto Club Novi, sulle vette della Val Borbera e, per la precisione, sul Monte Chiappo, con il validissimo aiuto del

dilettissimo nipote Giulio Guenna (12C), insieme a bordo di una Ariel 350, il 1° brevetto Italiano di Motoalpinismo. Tutti i giornali specializzati(dalla Gazzetta dello Sport, a Stadio, al Corriere dello Sport ed altri) parlano dell’impresa. È in quell’epoca che Alberto stringe amicizie con alcuni

giornalisti sportivi, fra cui Franco Rota di Milano. Inizia a scrivere, in qualità di corrispondente sportivo, sul quotidiano “Stadio” di Bologna. La

motocicletta sarà croce e delizia di Alberto Guenna. A causa di un colpo d’aria preso proprio andando in moto la sera prima, il 4 agosto il giorno

della Madonna della Neve, è ricoverato d’urgenza all’ospedale di Novi per un ascesso peritonsillare che, impedendo la respirazione, divenuta

pressoché impossibile data l’occlusione della trachea, lo sta uccidendo. Ormai cianotico e completamente privo di sensi, dopo inutili tentativi dei

medici di guardia, è salvato, ironia della sorte, proprio dall’amico motociclista e socio del Moto Club dottor Benso che, dopo avergli inserito

l’apribocca riesce ad introdurre una sonda che, all’ultimo minuto, gli consentirà il primo completo respiro dopo una mattina di agonia. Come ex

voto, Alberto Guenna, ogni anno, il 4 agosto, festa della Madonna della Neve, alla prima Messa delle cinque della mattina, suonerà il violino

nella cappella dell’ospedale di Novi.

1954-40 ANNI è assistente di topografia al collegio San Giorgio di Novi, chiedendo permessi sul lavoro. Le ore perse saranno recuperate

lavorando nei giorni festivi e durante le ferie.

1955-41 ANNI: il 14 aprile è insignito dell’onoreficenza militare della Croce al Merito di Guerra, dal Generale di Corpo d’Armata Emilio Magliano,

comandante militare territoriale di Genova (numero d’ordine del registro delle concessioni, 1637).

1958-44 ANNI: gli viene diagnosticata un’ulcera duodenale. Supererà due emorragie nel 1958 e nel 1962.

1964-50 ANNI: può riabbracciare dopo 19 anni, Giovannino Guareschi, l’indimenticato autore dei romanzi di Peppone e Don Camillo, fondatore

del settimanale “Candido”, collaboratore de “Il Bertoldo”, suo compagno di internamento a Luckenwalde. Io sono presente come pure la mia

famiglia, e sono piacevolmente colpito dalla commozione dell’incontro che culminerà con un pranzo offerto dal grande scrittore nel ristorante di

Roncole di Busseto Verdi in provincia di Parma (il paese natale del grande “Peppino”, antagonista italiano – nei sentimenti e nel tifo dei

melomani europei di fine ottocento – del teutonico Wagner) di sua proprietà e gestito dal figlio e dalla figlia.

1966-52 ANNI: fonda l’”Orchestra d’Archi Novese” che, nell’arco di quindici anni, terrà concerti in tutt’Italia, eseguendo melodie di musica

barocca. Membro fondatore della rinata associazione “Amici della Musica” di Novi.

1968-54 ANNI: di sua iniziativa, dopo avere mosso le pedine giuste, ottiene l’insediamento del liceo scientifico a Novi Ligure, prima come

sezione staccata del “Galilei” di Alessandria e, dopo tre anni, come entità didattica autonoma (l’attuale e frequentatissimo Liceo Amaldi). Ciò

grazie anche all’interessamento del signor Stefano Pernigotti ed alla fattiva collaborazione di alcune famiglie novesi tra cui, la principale, quella

del dottor Franco Ghiglione il papà del mio amico oltreché compagno di Liceo, Dottor Giorgio Ghiglione, titolare della Farmacia Giara in Via

Girardengo a Novi Ligure ed all’intervento della Giunta Municipale di Novi Ligure capeggiata dall’allora sindaco Armando Pagella.

1972-58 ANNI: potendo beneficiare della “legge dei sette anni” che consente di anticipare la pensione a coloro che erano stati richiamati alle

armi, con oltre 44 di servizio, Alberto Guenna da le dimissioni. Consigliato dal direttore del Sanpaolo di Novi, geometra Carbonara, investe tutta

la liquidazione nelle famigerate “cartelle del Sanpaolo” che erano certificati di deposito al tasso fisso del 6%, quando solo un anno dopo,

l’inflazione in Italia andrà oltre il 20% annuo. Carbonara non mette in guardia Alberto Guenna consigliandolo di correre ai ripari (vendere i

certificati di deposito ed acquistare dei BOT) ed Alberto Guenna vede il suo capitale consumarsi rapidamente, nella fiduciosa attesa della

“manna” dell’estrazione promessa dal Sanpaolo, che non si verificherà, fino a giungere alla vendita delle cartelle stesse, avvenuta, comunque,

troppo tardi. Il potere d’acquisto del capitale investito, circa 20 milioni di lire (200 di oggi), perderà circa il 70% in vent’anni.

1978-64 ANNI: è colpito dal primo di una lunga serie di ictus cerebrali. Ricoverato all’ospedale di Novi, dalle analisi risulta che Alberto Guenna è

affetto da ulcera duodenale, aneurisma all’aorta, tumore alla prostata ed ha una cisti grossa come una prugna nel fegato, probabili retaggi di

quel “gradevole soggiorno” a Luckenwalde di sette lustri prima.

1995-81 ANNI: sono le ore 12.45 del 22 giugno 1995. Ricoverato al San Giacomo di Novi per un aggravamento del quadro patologico generale,

ha modo di pronunciare le ultime, serene parole dette in un orecchio alla figlia Margherita, giunta al suo capezzale insieme alla sorella Sandra,

stringendole forte la mano. Sono: “Stavolta non ce la faccio”. Si spegnerà dopo trenta secondi.

GUENNA ANTONIO (10A)

Continuatore della generazione novese. Nato il 6 gennaio 1872, sposò Margherita Spinso il 6 gennaio 1893, al compimento del 21° anno, ovvero

la maggiore età. Per questo motivo, oltre ad impalmare l’amata Margherita, poteva contemporaneamente e finalmente disporre dell’eredità. Novi

6 gennaio 1872, Novi Ligure 9 novembre 1938.

1882-10 ANNI: morto il padre, va a lavorare la sera nell’albergo dei Rivaro in via del Fungino.

1885-13 ANNI: terminata la terza tecnica con ottimo profitto, si impiega alla ditta di trasporti Zaccheo allo scalo ferroviario novese.

1890-18 ANNI: vince il concorso per il posto da tecnico catastale al Comune di Novi, per cui non occorre il diploma di geometra.

1892-20 ANNI: è uno dei 63 soci fondatori della Società Ginnastica Forza e Virtù di Novi.

1893-21 ANNI: il 6 gennaio sposa Margherita Spinso. I coniugi Guenna prendono in affitto il “Camurein”, una casetta a due piani in via

Casteldragone (ristrutturata ed ampliata, è l’attuale “Villa Orengo”).

1897-25 ANNI: è uno dei promotori del comitato per l’edificazione del Politeama. Inizia così la proficua collaborazione con il Geometra Cima,

mirabile gentiluomo novese, appartenente ad un’antichissima famiglia, che realizzerà il progetto. Il Politeama diverrà poi la sede della ditta

Pernigotti Coloniali e l’abitazione della famiglia di Agostino Mascarello, marito di Carmen Guenna.

1898-26 ANNI: dopo la morte della madre Luigia Traverso avvenuta nel 1897, Antonio, già padre di due figli, si trasferisce con la famiglia in via

Valgelata, in casa degli amici Bellocchio (influenti massoni novesi).

1906-34 ANNI: acquista, da una famiglia genovese, parte di un rustico risalente al 1828, composto da casa coloniale (oggi villino Rita) in via

Alessandria (oggi via Mazzini n. 62) e da un cascinotto con fienile in via Carducci (oggi villino Ricordo). Opera una ristrutturazione ed un

ampliamento ed ecco i villini “Rita” (in omaggio alla moglie Margherita) e “Ricordo” (così chiamato nel 1918 in onore del figlio Cesare deceduto

durante il conflitto mondiale 1915-1918). Dona il villino Rita alla moglie, senza che lei ne sappia nulla. Un’autentica sorpresa. La prole annovera

già cinque figli: il Nini 13 anni, Cesare 9 anni, Ettore 6 anni, Elena 4 anni, Carmen 2 anni.

1920-48 ANNI: lascia l’impiego di tecnico al Comune di Novi per dedicarsi totalmente alla libera professione di geometra regolarmente iscritto

all’albo della provincia di Alessandria (evidentemente, nel frattempo, aveva conseguito il diploma). Nel corso della sua attività, avvierà alla

professione molti geometri novesi, freschi di studi, suoi collaboratori.

1923-51 ANNI: antifascista, delegato provinciale al congresso di Roma del Partito Liberal-Democratico Italiano, rischia il linciaggio da parte di

squadristi romani, in seguito ad un alterco, in una trattoria del centro.

1938-66 ANNI: muore il 9 novembre, a 76 giorni di distanza dal decesso dell’adorata moglie Margherita. Lascerà un patrimonio di 300.000 lire in

contanti, la casa di famiglia in via Mazzini, la casa adiacente di via Carducci, tre appartamenti a Camogli, un condominio a Novi Ligure, un

appartamento ed un negozio in via Roma a Novi Ligure, per un ammontare complessivo, al valore odierno, intorno ai 5 miliardi di lire.

GUENNA CARMEN IN MASCARELLO

Settima di Antonio e Margherita Spinso. Novi 1° novembre 1904, Santa Maria di La Morra 16 luglio 1984.

1917-13 ANNI: dopo aver conseguito la licenza tecnica, interrompe gli studi per aiutare il padre nell’attività immobiliare come segretaria

amministrativa.

1924-20 ANNI: impiegata della ditta Pernigotti Coloniali.

1926-22 ANNI: sposa Agostino Mascarello direttore e procuratore della ditta Pernigotti Coloniali.

1947-43 ANNI: è direttrice della Pia Associazione delle “Figlie della Carità” (Dame di San Vincenzo de Paoli) di Novi.

GUENNA CESARE

Terzogenito di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 5 maggio 1897, Novi Ligure 22 febbraio 1917.

1912-15 ANNI: inizia ad aiutare il padre nella misurazione dei terreni, mentre segue con profitto gli studi da geometra.

1915-18 ANNI: proprio nell’anno del diploma di maturità da geometra, è arruolato in artiglieria da campagna, per lo scoppio della Grande

Guerra.

A giugno parte per il fronte.

1917-20 ANNI: ammalatosi in trincea, trasferito all’ospedale militare di Novi, muore il 22 febbraio.

GUENNA ELENA (SUOR MARIA)

Sestogenita di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 22 maggio 1902, Vicenza 19 luglio 1953.

1914-13 ANNI: abbandona gli studi, nonostante gli ottimi profitti, per dedicarsi alle faccende domestiche.

1921-19 ANNI: inizia tardi gli studi in pianoforte dal maestro Berruti, un bel giovane novese che si innamora di lei e che, dopo due anni di

frequentazioni decide di chiederla in isposa ottenendone un secco diniego. Elena decide così di interrompere gli studi di pianoforte.

1926-25 ANNI: si fa suora Dorotea con il nome di Maria Rina.

1930-29 ANNI: insegnante di pianoforte nel convento di Vicenza, accompagnatrice all’organo delle Sante Messe, si dedica alla cura dei vecchi

ospiti dell’Istituto.

1953-51 ANNI: muore di angina pectoris il 19 luglio.GUENNA ETTORE (11B)

Quartogenito di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 17 settembre al 900, Alba 19 gennaio 1980.

1915-15 ANNI: nonostante l’eccellente profitto (lo zio Ettore, a scuola, fu sempre il primo della classe), incomprensibilmente, interrompe gli

studi ginnasiali e si impiega nella ferriera di Bonelli e Cavanna.

1917-17 ANNI: allo scoppio della 1° Guerra Mondiale, parte volontario per il fronte ed è uno dei rari “ragazzi del novecento” e non già “del

novantanove” quali si ritenevano essere i più giovani arruolati.

È assegnato all’ambito corpo degli Artiglieri a Cavallo, del Reggimento di Milano.

1918-18 ANNI: torna nel suo ufficio della Ferriera di Novi.

1921-21 ANNI: è direttore e socio dell’”Azienda Trasporti di Città” e delegato dell’”Istituto Nazionale Trasporti”.

1925-25 ANNI: agente procuratore per Novi e circondario dell’”Istituto Nazionale Assicurazioni”. Appassionatissimo di auto e motori, diventa

invidiato proprietario di una delle rare automobili circolanti in città, una superba Ansaldo 4 CS torpedo spider.

Con l’aiuto del padre Antonio rileva da Ettore Gardino di Voghera (cugino primo di suo padre Antonio Guenna e suo cugino in 2° grado – ibidem

pagina 44), il 50% delle quote dell’azienda novese di trasporti “Gardino & Lavagetti” che diventa “Guenna & Lavagetti”.

1926-26 ANNI: è membro del Direttivo dell’”Accademia Filarmonica Artistico-Letteraria” di Novi Ligure, di cui, in seguito, ricoprirà la carica di

Vice Presidente.

1929-29 ANNI: sposa Anna Di Re di Mede Lomellina, ma residente ad Acqui Terme, da cui avrà tre figli, due femmine ed un maschio.

1939-39 ANNI: rileva anche l’agenzia di Novi della “Reale Mutua Assicurazioni”; è nominato Cavaliere dell’Ordine Civile Savoia.

1948-48 ANNI: segretario di sezione del movimento di Giannini, “l’Uomo Qualunque”.

1949-49 ANNI: trascinato sui tappeti verdi di mezza Europa, è vittima della passione per il gioco d’azzardo, per cui si riempie di debiti e si riduce

sul lastrico.

1953-53 ANNI: ormai separato dalla famiglia riprende, a Tortona (AL), la professione di assicuratore.

1963-63 ANNI: ad Alba si impiega come contabile nella ditta Gobino.

1966-66 ANNI: passa alla ditta Rivetto sempre di Alba dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni.

1980-80 ANNI: in seguito ad una brutta caduta scendendo dal treno alla stazione di Alba, si frattura il femore. Nonostante le cure, non riuscirà

più a guarire completamente e si spegne il 19 gennaio per arresto cardiaco nella sua abitazione nel centro di Alba.

GUENNA EVELINA IN SALA, “LINUCCIA”

Quintogenita di Francesco e Maddalena Cravenna, Novi Ligure 13 luglio 1906, Novi Ligure 4 ottobre 1967.

1925-19 ANNI: consegue la maturità classica.

1926-20 ANNI: dopo alcuni anni di lezioni private con il maestro De Luigi, fervente musicista, si iscrive agli ultimi tre anni di pianoforte alla Regia

Accademica Filarmonica di Bologna.

1931-25 ANNI: si diploma in pianoforte.

Musicista di vaglia, buona interprete di Albeniz e di Liszt e già discreta virtuosa, non continuerà nell’attività di concertista come desidera il padre

Francesco. Molto schiva, umile ed inconsapevole, forse, delle sue doti, Linuccia abbandona la musica.

1932-26 ANNI: sposa il professor Franco Saia di Capriata d’Orba (maestro massone del Grande Oriente d’Italia), docente d’agraria all’Università

di Torino, che morrà dopo di lei ereditando ogni bene in quanto coniuge senza figli.

1967-61 ANNI: muore a Novi il 4 ottobre. I parenti di sangue non possono ereditare, in quanto non si riesce a trovare il testamento dello zio

Francesco per cui, alla prima successione, hanno beneficiato solo Linuccia e suo marito. Tuttavia Alberto Guenna (11D), mio padre, fa un ultimo

disperato tentativo, affinché almeno le case di “Zio Stringher” non vadano perse. Ecco, a questo proposito, un manoscritto di Papà dell’inverno

1967, che ripropongo.

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“Su richiesta dell’ufficio sanitario di Novi, per perfezionare la successione della tomba intestata ai fratelli Antonio e Francesco Guenna fu

Giuseppe, occorreva il testamento di Francesco Guenna. Richiesto al dottor Franco Saia, questi rispondeva che il testamento non esisteva (Papà

mi disse a più riprese che lo zio Stringher gli aveva confidato – anche in punto di morte – di aver stilato un testamento olografo. Adesso, la

richiesta a Franco Saia non appare peregrina, in quanto Francesco Guenna era sì morto da oltre cinque anni – tempo massimo consentito per

un’eventuale impugnazione, riferita alla quota legittima – ma non erano ancora passati vent’anni, che costituiscono il tempo in cui è consentita

invece l’impugnazione per ottenere l’eredità testata; quindi, Alberto Guenna ha pieno titolo di impugnare il testamento, a patto che venga fuori,

e Franco Saia, che è tutt’altro che un cretino, lo sa benissimo n.d.a.). il Signor Bottazzi della segreteria del Comune di Novi, mi consigliava di

vedere all’ufficio ipoteche.

Risulta che Guenna Francesco non abbia lasciato testamento e che la figlia Evelina (Linuccia n.d.a.) è ancora vivente. Un funzionario presente mi

disse che, così come stavano le cose, i nipoti avrebbero dovuto ereditare un quarto dei beni di Francesco Guenna.

I nipoti sono nove. È bene avvertirli e chiedere loro il beneplacito?

E, se eventualmente ci fossero veramente dei diritti, la tassa di successione potrebbe anche essere così forte da dover rinunciare?

I nipoti sono figli di fratelli di Francesco: Guenna Arturo (Ettore n.d.a.), Guenna Carmelina, (Carmen n.d.a.), Guenna Francesco (Mario n.d.a.),

Guenna Adelina, Guenna Alberto, Guenna Vittoria, Borgo Itala, Borgo Renata, Borgo Enrica (poi ci sono i figli dei nipoti deceduti)”:

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Non si riesce a cavare un ragno dal buco e resta il rammarico di vedere le due villette e lo chalet di viale Rimembranze demoliti per far posto a

tre case in cemento armato. Pazienza.

GUENNA FRANCESCO “ZIO STRINGHER” (10B)

Sestogenito di Giuseppe e Luigia Traverso. Novi Ligure 16 aprile 1874, Novi Ligure 29 novembre 1954.

1882- 8 ANNI: dietro piccoli compensi, svolge, oltre ai suoi, anche i compiti a casa dei compagni di scuola svogliati. Inizia anche a lavorare nella

tipografia degli Isola, famiglia amica dei Guenna, ed a rilegare libri.

1884-10 ANNI: è lavorante nella pasticceria Como.

1885-11 ANNI: è fattorino nello studio del notaio Foglia Jr. di Novi Ligure.

1891-17 ANNI: ancora studente del quarto anno dell’istituto per ragionieri, si arruola volontario nell’arma del Genio Militare, ottenendo i gradi di

sergente. Contemporaneamente, beneficiando di particolari permessi riesce a diplomarsi in ragioneria.

1895-21 ANNI: dopo il congedo, si impiega come ragioniere alla Banca di Novi della quale diventa presto funzionario e socio grazie alle Azioni

Anonime che ora, maggiorenne, può intestarsi e che sono il frutto della vendita di Palazzo Spinola, nella misura di un quarto.

1897-23 ANNI: sposa Maddalena Cravenna di Novi, maestra elementare. Acquista una graziosa casetta di campagna in frazione Merella, a Nord

Est di villa Romagnano (la Gerola), in piena campagna, che, in ottimo stato, si chiama ancora oggi “Cascina Guenna” giunta in proprietà alla

famiglia del Geometra Repetto di Novi.

1898-24 ANNI: è iniziato massone nella rispettabile loggia Santorre di Santarosa in Alessandria.

1901-27 ANNI: funzionario della Associazione Bancaria Italiana.

1907-33 ANNI: è nominato membro della Commissione imposte del comune di Novi e conserverà l’incarico fino al 1929.

1908-34 ANNI: dopo la vendita di cascina Guenna si trasferisce nella casa appena ristrutturata di via Carducci (quella che suo fratello Antonio

chiamerà nel 1918 “villino Ricordo” in onore del defunto figlio Cesare). Con alcuni esponenti delle famiglie più facoltose di Novi, tra cui i Peloso

ed i Demicheli (gli allora proprietari di villa Pomela) e con la consulenza del giovane avvocato Pier Giuseppe Grossi di Borghetto Borbera (il

futuro presidente del consiglio di amministrazione) fonda la Banca Novese Agricola Cooperativa di cui è Socio e Direttore.

1909-35 ANNI: è nominato Cavaliere della Corona, all’Ordine Civile di Casa Savoia.

1910-36 ANNI: acquista un appezzamento di terreno in zona residenziale, attuale viale Rimembranze (a fianco dell’odierna villa Coppi) e vi

costruisce due villette ed uno chalet. È membro del Direttivo dell’Associazione Impiegati Civili e terrà l’incarico fino al 1915.

1914-40 ANNI: sindaco della Croce Rossa e della Croce Verde fino al 1929.

1915-41 ANNI: nel mese di giugno entra a fare parte del comitato promotore della sezione novese del corpo di protezione civile dei “Giovani

Esploratori Italiani”. È anche membro del comitato “Reduci di Guerra” per tutta la durata del conflitto ’15-’18.

1917-43 ANNI: è nominato amministratore dell’Asilo Garibaldi e manterrà la carica fino al 1924.

1919-45 ANNI: è nominato revisore dei conti della Società Ginnastica Forza e Virtù di Novi Ligure e manterrà la carica ininterrottamente fino al

1952.

1920-46 ANNI: direttore dell’Associazione Commercianti di Novi.

1923-49 ANNI: membro del direttivo del “Patronato Scolastico” di Novi, carica che manterrà ininterrottamente fino al 1943.

1924-50 ANNI: “Console del Mare” per la città di Novi. Organo di coordinamento commerciale con il porto di Genova.

1930-56 ANNI: sindaco della società “Amici della Musica” di Novi.

1938-64 ANNI: presidente del consiglio di amministrazione dell’Orfanotrofio Femminile, carica ricoperta per due anni.1948-74 ANNI: cede il pacchetto azionario complessivo della Banca Novese Agricola Cooperativa alla Banca Popolare di Novara, di cui è subito

Presidente della Commissione di Sconto e Direttore della Filiale di Novi Ligure. Molti periodici hanno avuto modo di scrivere diffusamente su “Zio

Stringher”, fra cui: “Il Messaggero di Novi”, “Collana di guide delle Province Italiane”, volume “Stirpe Italica”. La “Banchetta” come era chiamata

a Novi, risulterà l’unica banca novese (ve n’erano quattro in quel periodo) a resistere ai colpi della crisi del 1929 ed a quella conseguente alla

seconda guerra mondiale. Mentre le altre banche novesi fallirono nel periodo tra le due guerre, la “Banchetta” dello zio “Stringher” resistette

talmente bene da superare indenne perfino il secondo conflitto mondiale. A causa dell’età molto avanzata dei componenti del Consiglio di

Amministrazione che ne erano stati anche i fondatori, Zio “Stringher” compreso, ormai ultrasettantenne, la “Banchetta” fu ceduta alla Banca

Popolare di Novara nel 1948, con la massima garanzia per i clienti ed i dipendenti. L’inossidabile Francesco Guenna fu pregato di rimanere

ancora qualche anno per il passaggio di consegne al nuovo direttore. Ma Stringher rimase direttore della ormai “Banca Popolare di Novara”,

filiale di Novi Ligure, fino alla morte, avvenuta nel 1954. La “Banchetta” costituì un mirabile esempio di iniziativa finanziaria popolare. Il merito

fu in gran parte dello zio Francesco e ciò gli fu ampiamente riconosciuto, come si può dedurre leggendo gli stralci di alcuni articoli resi noti da

Alberto Guenna (11D) nel sul suo libretto del 1954, anno della morte dello zio Francesco.

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Da “la famiglia Guenna, dal 1350 al 1954”, Alberto Guenna, agosto-dicembre 1954, pagine 41 e seguenti.

* DAL LIBRO STIRPE ITALICA – pag. 345 – .

“Nell’ambiente bancario ligure non esiste forse figura più popolare di quella del Cav. Francesco Guenna, direttore della “Banca Novese Agricola

cooperativa. Nato a Novi come la sua Banca, ha cominciato la carriera bancaria alla Banca di Novi, è stato funzionario della Bancaria Italiana ed

è poi passato alla Banca Novese Agricola Cooperativa a cui, con altri volenterosi, nei primi anni del ‘900, ha dato vita e che ha diretto fin

dall’inizio. Egli è il principale artefice: l’ha tenuta a battesimo e l’ha portata gradualmente alla attuale potenza superando agevolmente le bufere

e le crisi generali e sapendo mantenere sempre, attorno alla “Banchetta” come viene simpaticamente chiamata a Novi, un alone di simpatia e

anzi di affetto, ben difficile a riscontrare nell’arduo campo degli affari”.

* DALLA COLLANA DELLE GUIDE DELLE PROVINCE ITALIANE

“… La fiducia guadagnatasi col sano sistema di lavoro prettamente popolare, l’essere amministrata da persone il cui nome è garanzia di onestà e

di correttezza, diretta da un fedele precursore e sostenitore del credito popolare quale il Signor Guenna Francesco, fece sì che la crisi borsistica

di quegli anni, né lo scoppio della guerra libica, né di quella mondiale, né di altre calamità sociali di carattere vario, poterono menomare e

fermare la sua ascesa…”

.

* DAL MESSAGGERO DI NOVI

“… Un ometto alto quanto è necessario per essere normale, asciutto, tutto nervi, con due occhietti vivi, sfavillanti, limpidi come quelli di un

fanciullo. Fede, volontà, salute dell’anima e del corpo, sono impresse chiaramente sul suo volto, che non lascia dubitare minimamente della sua

vitalità.

Ragiona con la semplicità di un bimbo senza arie, senza disquisizioni sottili, ma …ragiona. Non si può resistergli, bisogna muoversi, bisogna

agire perché corre e agisce anche lui”.

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GUENNA GIUSEPPE (9A)

Figlio unico di Andrea e Gerolama Rivaro. Novi 12 maggio 1832, Novi Ligure 7 giugno 1882.

1850-18 ANNI: entra come allievo nella “Scuola Comunale di Musica”, rifondata dal sindaco Castiglione dopo 12 anni di silenzio. Giuseppe è

affidato al maestro Cavallo.

1862-30 ANNI: il 29 aprile sposa Luigia Traverso.

1864-32 ANNI: entrato a fare parte della “Banda della Guardia Nazionale”, confluita nelle file della “Banda Municipale”, è “Prima Tromba” sotto il

Maestro Corradi. I componenti la banda percepiscono uno stipendio mensile di Lire 68, pari circa a Lire 380.000 di oggi.

1870-38 ANNI: diviene maestro del settore fiati della “Scuola Comunale di Musica”.

1871-39 ANNI: la sua famiglia cede la quota aziendale della ditta Guenna-Rivaro e vende Palazzo Spinola alle Suore Pietrine.

1872-40 ANNI: la sezione della “Scuola Comunale di Musica” curata dal Maestro Guenna è la più frequentata con quattro classi e 38 dei 59

allievi totali.

1873-41 ANNI: è nominato Direttore della “Banda Municipale”, con uno stipendio che si suppone fosse di Lire 350 mensili (circa 2 milioni di

oggi). Cura in particolare la preparazione dei fiati: quello che colpisce è, oltre la buona capacità nella direzione d’orchestra, anche la maestria

con cui realizza le coreografie.

1874-42 ANNI: sfiora la nomina a Direttore della Scuola Comunale di Musica: la palma tocca però al Maestro Annibale Mandelli di Oleggio

(Novara).

1879-47 ANNI: il 28 maggio muore il padre Domenico Andrea.

1881-49 ANNI: si ammala di polmonite durante l’inverno.

1882-50 ANNI: organizza la grande manifestazione del “Carnevalone Novese” del 21 febbraio, occasione propizia per la celebrazione della

tramvia Novi-Ovada già in funzione dall’ottobre 1881 e per la quale non fu mai fatta inaugurazione. A causa del freddo preso durante la

cerimonia, subisce una ricaduta della malattìa e si ammala in modo irreversibile. Muore il 7 giugno, dopo quattro mesi di sofferenze: lascia la

moglie Luigia Traverso, la madre Gerolama Rivaro e sei figli.

GUENNA GIUSTINA IN GUIDI

Secondogenita di Giuseppe e Luigia Traverso. Novi 12 maggio 1864, Torino 28 giugno 1932; casalinga, titolo di studio: terza media.

1881-17 ANNI: sposa Francesco Guidi di Francavilla Bisio (AL), impiegato comunale a Novi Ligure.

1895-31 ANNI: a settembre resta vedova, con il figlioletto Giuseppe di un anno.

1896-32 ANNI: apre un negozio in via Pietro Isola, ma lo chiude dopo un anno.

1897-33 ANNI: inizia la collaborazione con la sorella Lina che, impegnata sempre di più nell’attività di educatrice, richiede il suo aiuto.

1908-44 ANNI: si trasferisce a Torino dove il figlio ha trovato lavoro; di tanto in tanto, dopo il trasferimento di Lina Borgo in Asti, avvenuto nel

1911, continua la collaborazione con la sorella.

1932-68 ANNI: muore il 28 giugno a Torino.

GUENNA JOSÈ “NINI” (11A)

Primogenito di Antonio e Margherita Spinso. Novi Ligure 2 ottobre 1893, Rosario 25 marzo 1963. Già buon pianista, ancora adolescente, si

esibiva di nascosto dai genitori e scappando dalla finestra la notte, mentre erano tutti a letto, correva al Politeama di Novi, per eseguire al

pianoforte l’accompagnamento musicale dei primissimi film muti. A sedici anni si imbarcava come mozzo in una nave mercantile al comando

d’un amico di famiglia, per iniziare la vita di mare. Ma lo zio Nini al primo sbarco, in Argentina, si fermò. Sarebbe ritornato a Novi solo nel 1954

per una breve visita ai parenti.

1909-16 ANNI: giunge in Argentina dove sbarca il lunario facendo mille mestieri: dal lavapiatti, all’operaio, dal venditore al cameriere. La sera

strimpella il piano nei locali pubblici. Intanto studia al conservatorio di Rosario.

1912-19 ANNI: diplomato per l’insegnamento musicale e recitazione.

1913-20 ANNI: sposa Maria Sacchi.

1914-21 ANNI: compositore ed autore di testi didattici musicali. È nominato direttore d’orchestra lirico-sinfonica al “Social Theatre” di Rosario,

per il commento dei film muti.

1915-22 ANNI: dopo il divorzio sposa Elvira Basso.

1936-43 ANNI: compositore per la casa Ricordi.

1937-44 ANNI: insegnante di contrappunto, armonia, composizione e canto al conservatorio Fracassi di Rosario.

1939-46 ANNI: direttore del conservatorio Fracassi di Rosario. Discreto concertista di pianoforte, direttore d’orchestra e cori.

1940-47 ANNI: ispettore e membro della commissione esami musicali per l’Argentina, la Bolivia ed il Paraguay.

1942-49 ANNI: insegnante di armonia, composizione, canto e storia della musica nell’Istituto Superiore Musicale Statale dell’Argentina.

1963-70 ANNI: muore a Rosario (Argentina) il 25 marzo.

GUENNA LINA IN BORGO

È stata una poderosa edificatrice del “Tempio della Virtù”, educatrice ispirata ai dettami pedagogici delle sorelle Carolina e Rosa Agazzi di

Brescia. Quartogenita di Giuseppe e Luigia Traverso, nata a Novi il 1° giugno 1869, è molto probabile che avesse sofferto più dei fratelli per la

tragedia familiare di fine-ottocento, forse perché all’epoca dei fatti, Lina era in piena adolescenza, l’età più critica e formativa. Questi

avvenimenti la fecero crescere in fretta e determinarono il prevalere, in lei, dello spirito di servizio, facendola una splendida benefattrice:

sensibile, intelligente, colta e totalmente dedita all’assistenza dei meno fortunati. Grazie alla grande forza di volontà unita ad una vivace

intelligenza, studentessa e lavoratrice, già inserviente all’asilo comunale di Novi, di cui poi sarebbe divenuta direttrice, terminò gli studi alla

scuola normale di Alessandria.

1890-21 ANNI: incassa la parte di eredità. È direttrice dell’asilo comunale di Novi, poi asilo Garibaldi.

1893-24 ANNI: è collaboratrice attivissima del periodico socialista alessandrino “Il Fuoco”.

1896-27 ANNI: sposa il giornalista Enrico Borgo, uomo affascinante, già capitano di Cavalleria ed ora funzionario dirigente del Comune di

Alessandria, direttore del periodico alessandrino “Il Fuoco”, cui dà sei figli, a lui unita anche dagli ideali ispirati ai più alti valori di libertà e di

fratellanza universali.

1897-28 ANNI: è nominata direttrice del Convitto Normale di Alessandria.

1899-30 ANNI: è membro della Commissione delle Scuole elementari di Alessandria.1906-37 ANNI: è nominata Direttrice Onoraria dell’Asilo Infantile Giuseppe Garibaldi di Novi Ligure.

1911-42 ANNI: dopo la perdita del marito, avvenuta il 14 novembre del 1910, si trasferisce in Asti, dove contribuisce alla nascita d’un modesto

asilo d’infanzia voluto e finanziato dai vetrai e dai metallurgici del rione industriale (i dipendenti della Way Assauto), che diverrà poi l’educatorio

infantile Francesco Ferrer ed oggi Scuola Materna Statale Lina Borgo. Due semplici stanze in via Lamarmora.

1912-43 ANNI: in seguito ad una crisi economica dovuta alla minire efficienza delle industrie locali che finanziavano l’asilo, la zia Lina resiste

stoicamente per la sopravvivenza dell’istituzione, contribuendo al suo sostentamento rinunciando a percepire lo stipendio e, a volte,

contribuendo personalmente (ed aiutata anche dai fratelli Antonio e Francesco Guenna) alle spese di gestione. Nonostante le difficoltà, fonda

l’Orfanotrofio per i figli dei caduti sul lavoro, primo esempio italiano di orfanotrofio laico.

1913-44 ANNI: allestisce uno spettacolo teatrale dal titolo “Ramo d’Ulivo”, inneggiante all’unione europea. Il fatto è straordinario per la geniale

intuizione della grande educatrice, vera europeista “ante litteram”.

1914-45 ANNI: autentica precorritrice, la zia Lina realizza, fonda e dirige anche il primo asilo nido per lattanti d’Italia. Nello stesso periodo, l’asilo

assume la denominazione di educatorio infantile, nel pieno rispetto della funzione altamente formativa della scuola. Per capire meglio, ritengo

opportuno riportare ciò che di Lei ha avuto modo di scrivere, fra i tanti, Laurana Lajolo, coautrice de “La strana fabbrica”, Edizioni “L’Arciere”,

Asti 1988.

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Pagine 99 e seguenti.

“Il metodo pedagogico seguito da Lina Borgo fu quello delle sorelle Carolina e Rosa Agazzi che, circa quindici anni prima, nell’asilo da loro

diretto a Mompiano, in provincia di Brescia, avevano ideato il cosiddetto “metodo italiano” per le scuole infantili. Le Agazzi si erano basate, per

la definizione del loro metodo, più che su una consistente preparazione teorica, sulla loro pratica educativa e sulla loro sensibilità, rifacendosi a

un metodo di tipo moderno. Era infatti loro convinzione che per una crescita felice del bambino si dovesse prefigurare nell’asilo un ambiente il

più possibile familiare, ponendo particolare attenzione all’affettività e alla socialità. I materiali didattici usati provenivano dalla vita pratica e dal

gioco con l’intento di promuovere l’apprendimento della lingua, l’educazione sensoriale e la capacità di osservazione dei bambini attraverso

l’esperienza. E a quei criteri pedagogici Lina Borgo si attenne per la sua opera di direttrice dell’asilo “Ferrer”, preoccupandosi comunque in modo

prioritario del funzionamento economico-amministrativo dell’asilo, della disciplina e dell’organizzazione della comunità. Tutto il programma

dell’istituzione poteva riassumersi in tre parole: “dovere, rispetto e progresso”. La signora Borgo dimostrò, dunque, indubbie doti organizzative,

esercitando un notevole ascendente sul personale insegnante e godette sempre di un’ottima considerazione da parte degli amministratori

dell’asilo e delle autorità locali. Si occupò sempre direttamente della direzione complessiva dell’asilo (e successivamente delle altre istituzioni

educativo-assistenziali che si costituirono negli anni di guerra e in quelli seguenti per rispondere a nuove esigenze sociali emergenti),

dimostrando un attivismo instancabile e una grande dedizione al lavoro, fino alla morte avvenuta nel 1932. Il programma pedagogico dell’asilo,

basato su principi laici, mirava al raggiungimento di un’atmosfera di tolleranza e di serenità nella scuola, prescindendo da qualsiasi forma di

contrapposizione ideologica, politica, confessionale. Gli obiettivi educativi erano finalizzati a far acquisire ai fanciulli le abitudini fondamentali

della vita morale e del comportamento civile e sociale, insieme alle norme di igiene personale, così da formare un elevato spirito civico ed etico

e di conseguenza di consentire il progresso delle masse operaie.

Era infatti convincimento pedagogico diffuso nella cultura operaia dell’inizio del secolo che, attraverso una educazione aperta e progressista dei

bambini, fosse possibile favorire l’evoluzione positiva della società verso ideali di giustizia e di progresso. E tali principi pedagogici vennero

ufficialmente ribaditi al primo Congresso internazionale per il fanciullo, che si tenne a Ginevra nel 1925 e a cui partecipò anche Lina Borgo.

Convinta assertrice di quei principi, la Borgo espresse in più occasioni l’aspirazione a poter dare seguito all’opera educativa dell’asilo in una

scuola elementare, che continuasse lo stesso metodo pedagogico, così da formare integralmente il fanciullo lungo tutto l’itinerario scolastico

obbligatorio.

Ma non riuscì mai ad attuare quel progetto. Sostanzialmente fu la signora Borgo l’animatrice insostituibile della vita dell’educatorio (e questo

merito le fu ampiamente riconosciuto) e la garante dello spirito laico dell’istituzione. Le sue collaboratrici la descrissero come una donna di

grandi doti personali, fiduciosa e risoluta, capace di prendere decisioni e risolvere i molti problemi educativi e gestionali dell’asilo, con un grande

senso di responsabilità. Attraverso il contatto diretto e continuo con le famiglie, con gli operai e con direzioni aziendali, la Borgo seppe impartire

alle maestre disposizioni chiare ed efficaci per rispondere alle esigenze delle famiglie e dei bambini. A due anni dall’apertura, nel 1913, la crisi

della società cooperativa della Vetreria e qualche difficoltà economica della stessa Way Assauto misero in crisi la gestione dell’asilo e la direttrice

si adattò a prestare la sua opera senza retribuzione, pur di consentire la prosecuzione dell’attività educativa, impegnandosi nel contempo a

sensibilizzare le autorità riguardo alle esigenze dell’asilo. Infine nel luglio 1914 l’imprenditore astigiano Gianni Penna mise a disposizione una

rendita annua di Lire 175 (pari a Lire 985.000 odierne n.d.a.) come primo fondo patrimoniale dell’asilo e raccolse altre venti azioni di Lire 50 (per

un totale odierno di Lire 5.400.000 n.d.a.), tra cui anche quella dell’onorevole Vigna, che vennero ad aggiungersi al sussidio della Cassa di

Risparmio e del Comune (4.500 Lire, pari a Lire 24.150.000 circa di oggi, n.d.a.) per un ammontare di Lire 5.675 (Lire 30.500.000 circa di oggi,

n.d.a.), cifra che consentì di mantenere aperta l’istituzione.”

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1915-46 ANNI: il 23 ottobre al teatro Alfieri di Asti, prende il via una lunga serie di manifestazioni patriottiche organizzate da Lina Borgo.

1916-47 ANNI: nel mese di settembre Lina Borgo tiene una splendida conferenza pro Croce Rossa sul tema patriottico, dal titolo “Saluto al

Valore”.

1918-49 ANNI: verso la fine dell’anno da vita, in forza della collaborazione del Commendator Penna e di molti contributi economici ed operativi,

l’orfanotrofio “Vittorio Alfieri” di Asti.

1921-52 ANNI: fonda e dirige il Dopolavoro di Asti che raccoglierà, la sera, i giovani operai del rione, evitando loro di frequentare ambienti di

sbandati, numerosi in quegli anni del primo dopoguerra (questo fenomeno sarà una delle cause scatenanti dell’avvento del Fascismo,

movimento di reazione ai disordini sociali).

1922-53 ANNI: è dato alle stampe un opuscolo sull’Educatorio di Asti a cura del Personale e del Consiglio di Amministrazione.

Per completare il profilo della zia Lina, ritengo opportuno riportare la prefazione al fascicoletto intitolato: “”Educatorio infantile”, Asti 1922,

pagine 5 e 6, redatta dalle insegnanti e dalle assistenti, ancorché retorica ed ingenuamente lusinghiera, ma sinceramente fedele nel delineare la

sua personalità: “Nel presente opuscolo che racchiude le gesta dei piccoli poveri figli dei nostri soldati, non figura, per quanto virtualmente vi

domini, il nome della Donna elettissima che all’alto ideale di Patria diede tutta se stessa facendo assurgere l’opera magnifica fiorita sotto la sua

guida illuminata, vero esempio di italiana educazione. Tutti ormai conoscono attraverso la Sua opera la Signora Lina Borgo; ma nessuno forse

che, come noi, ha avuto la ventura di viverle accanto nelle ore tragiche e sublimi, indimenticabili, della nostra epoca, quando i numerosissimi

bimbi raccolti nell’Educatorio da Lei diretto Le chiedevano assistenza ed amore, nessuno può dire la Sua instancabile, vigile attività, la costante

serenità nel Suo sguardo dolcissimo e fiducioso, il fascino della Sua bontà e della Sua parola capace di operare, anche sui più discoli, veri

miracoli di trasformazione morale; il Suo pensiero per tutto e per tutti, dritto, senza incertezze, verso la meta radiosa.

Noi vorremmo saperlo dire tutto il bene che questa Creatura d’elezione sa profondere a piene mani attorno a sé; vorremmo saper dire del Suo

continuo studio delle anime e dei caratteri a Lei affidati e della vastità della Sua cultura, e della fecondità della Sua mente ideatrice di tanti nuovi

mezzi di educazione, di tutti i veri poemi creati per i bambini, dal più semplice, toccante saluto al Babbo lontano e alla Mamma al lavoro, al

grande dialogo recitato in teatro. Dal momento in cui, per opera Sua, l’Educatorio ebbe vita, mai Essa volle prendersi un minuto di riposo: ma

quando, sfinita dall’improbo lavoro, dalla continua tensione di nervi, dall’enorme responsabilità Essa era forzata a mancare qualche ora

dall’Educatorio, allora sembrava venir meno la nostra luce. Un bimbo lo disse semplicemente, una volta, così: “pare che manchi tutto!”. Era vero:

Essa era la nostra fiamma, era la nostra vita, era la nostra forza: la Sua presenza era magica: ovunque essa apparisse era un acquetarsi degli

animi, era il sorriso e la bontà. Poi la guerra finì: ma non è finita pertanto l’opera Sua di abnegazione e di sacrifizio: Essa dice che la piaga della

guerra non è ancora chiusa e che ancora bisogna continuare fino alla pace vera, alla pace del lavoro e dell’amore. Ed eccola ancora sulla

breccia, calma e fiera, ad assistere maternamente i poveri orfani di guerra che hanno trovato in Lei il vero angelo tutelare, la guida rettissima

della loro vita infelice. E noi signorine che abbiamo avuto da Lei il bene inestimabile della parola e dell’esempio, che abbiamo avuto sempre il

Suo preziosissimo consiglio ed il Suo fraterno conforto, che abbiamo da Lei imparato a conoscere la vera bellezza della vita attraverso il dolore

lenito e il pianto rasciugato, vogliamo dirle pubblicamente il nostro grazie commosso ed entusiasta, la nostra umile ammirazione, la nostra

riconoscenza infinita. Possano le benedizioni di tutti quanti furono da Essa beneficiati, renderla felice e darle quella intima e profonda

soddisfazione che è il più gran premio per le anime nobili.

LE SIGNORINE DELL’EDUCATORIO”

1923-54ANNI: il 24 maggio inaugura la “casa del Balilla” di Asti.

1925-56 ANNI: ottiene, grazie all’interessamento del Commendator Penna, la concessione delle “Case Operaie”.

1929-60 ANNI: assume la direzione dell’asilo nido O.N.M.I. di Asti.

1931-62ANNI: nei tre principali istituti da lei fondati (il nido, l’educatorio e l’orfanotrofio) l’affluenza totale conta ormai 1200 bambini.

1932-63 ANNI: dopo un’attività massacrante, svolta incessantemente ai massimi livelli ed al servizio dei più bisognosi, si spegne l’undici gennaio.

La città di Asti le rende onore spontaneamente con una colossale partecipazione di folla ed ufficialmente con la presenza delle massime autorità

civili e militari ai suoi funerali. Il 21 febbraio, il professor Edmondo Pietrosi tiene un’affollata e partecipata commemorazione della Zia Lina.GUENNA MARIO (11C)

Ottavo di Antonio e Margherita Spinso. Novi 10 luglio 1908, Novara 22 dicembre 1987.

1930-22 ANNI: smette gli studi al 4° anno dell’istituto per geometri e, dopo il servizio militare, ottiene un impiego all’Ufficio statistiche della

società Gaslini di Genova.

1935-27 ANNI: sposa a Genova Luisa Marchi da cui avrà un figlio l’anno successivo.

1940-32 ANNI: si arruola volontario con il grado di sergente nella Divisione “Monte Rosa”, nell’arma dei Bersaglieri.

1943-35 ANNI: già internato in Germania, accetta di arruolarsi volontario nella Repubblica Sociale Italiana di Salò, rientrando nelle camicie nere

della ricostituita “Monte Rosa”.

1944-36 ANNI: a Borlasca (GE), al confine tra Piemonte e Liguria, sulle alture della valle Scrivia, tra Rigoroso (AL) e Pietrabissara (GE), è vittima

di un agguato notturno compiuto dai partigiani che scaricano i loro mitra su una compagnia di camicie nere sorpresa nel sonno in un fienile. È

una carneficina, ma lo zio Mario porta a casa la pelle, anche se a causa delle gravissime ferite che lo hanno segnato in tutto il corpo, resterà

zoppo.

1945-37 ANNI: fa rientro a casa e riprende il lavoro all’oleificio Gaslini di Genova.

1949-41 ANNI: è trasferito a Brescia sempre per la ditta Gaslini di Genova. Si deve dimettere per un contrasto con un dirigente (pare per

questioni di politica) e si impiega al margarinificio di Travagliate.

1950-42 ANNI: si separa dalla moglie Luisa Marchi e si rifà una famiglia con la nuova compagna, Rita Mantelli che gli darà due figli, un maschio

ed una femmina che, tuttavia, non potranno mai assumere il cognome Guenna per il rifiuto della Signora Marchi di concedere il divorzio al

marito, che morrà prima di lei.

1952-44 ANNI: impiegato al calzificio Buizza di Condino (TN).

GUENNA OLGA IN LOWDEN

Nacque a Rosario l’11 settembre 1920 e morì in un incidente d’auto il 9 dicembre 1961. Figlia di José “Nini” Guenna ed Elvira Basso.

1926-6 ANNI entra al conservatorio Fracassi di Rosario ed inizia gli studi in pianoforte.

1936-16 ANNI: si diploma in pianoforte a pieni voti ed inizia l’attività artistica.

1937-17 ANNI: entra come insegnante al conservatorio Fracassi di Rosario diretto da suo papà.

GUIDI GIUSEPPE

Figlio unico di Francesco e Giustina Guenna. Novi Ligure 13 novembre 1890, Torino 21 aprile 1953.

1908-18 ANNI: dopo il trasferimento a Torino, inizia a lavorare come operaio in un’officina metallurgica.

1912-22 ANNI: dopo varie esperienze lavorative (falegname, elettricista, meccanico), è assunto dalla società tramviaria come elettromeccanico.

Nello stesso anno sposa Virginia Spinelli di Alessandria, da cui avrà una figlia.

1953-63 ANNI: divenuto funzionario della direzione tecnica dell’azienda, dopo una brillantissima carriera, non riuscirà a raggiungere l’età della

pensione. Morirà il 21 aprile.

MASCARELLO GIOVANNI (GIANNINO)

Primogenito di Agostino e Carmen Guenna, Novi Ligure 6 novembre 1927, Bra 25 ottobre 1995.

1946-19 ANNI: consegue la maturità classica al liceo Andrea Doria di Novi.

1951-25 ANNI: si laurea in medicina e chirurgia all’Università di Genova.

1952-26 ANNI: è Ufficiale di complemento nel servizio sanità nell’arma degli Alpini.

1958-31 ANNI: termina i corsi di specializzazione in pediatria ed in pneumologia. Inizia la professione medica.

1962-35 ANNI: prende in moglie Maddalena Canavero.

1963-36 ANNI: è medico condotto a Sala Monferrato (AL):

1964-37 ANNI: è medico condotto a Montaldo Bormida (AL):

1967-40 ANNI: si trasferisce a Castagnito d’Alba (CN) e poi a Cervasca (CN).

1980-53 ANNI: è medico specialista a Bra. Si impegna in politica ed è membro del direttivo del Partito Liberale Italiano della sezione provinciale

di Cuneo.

MASCARELLO MARGHERITA (RITA)

Terzogenita di Agostino e Carmen Guenna, Novi Ligure 9 ottobre 1934, Milano 9 agosto 1991.

1953-19 ANNI: consegue la maturità classica al liceo Andrea Doria di Novi.

1960-27 ANNI: si laurea in medicina e chirurgia all’Università di Genova. Inizia la professione al Mauriziano di Torino.

1963-30 ANNI: prende la specializzazione in cardiologia.

1974-41 ANNI: è viceprimario cardiologo al Niguarda di Milano.

LE FONTI

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1 commento

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